Difficoltà di M5S non siano scorciatoia per nascondere i problemi PD
La vicenda Muraro ha qualcosa di grottesco: mette infatti il Movimento 5 Stelle davanti alla follia di un regolamento interno, da loro voluto e da loro sottoscritto.
Ritenere che un assessore possa dimettersi o essere rimosso soltanto perché nei suoi confronti è in corso una indagine giudiziaria, è un atto, a mio parere, di barbarie anti-democratica.
Interesse di Roma e dei romani è che Raggi si scrolli di dosso le scorie dell'inesperienza e di regole inapplicabili che rendono i 5 Stelle più simili a una setta che a un partito non partito movimento o come lo si voglia chiamare; interesse di tutti è che questo sindaco cominci davvero a governare e lo faccia bene, dando seguito al clamoroso 68% di voti ottenuto alle elezioni.
Basta guerra sul referendum
Intervista a Giorgio Napolitano pubblicata da Repubblica
"Con quello che succede nel mondo e quello che ha sulle spalle l'Italia, è davvero surreale l'infuriare di una guerra sul referendum costituzionale". L'intervista è appena finita e Giorgio Napolitano che è venuto a trovarci a Repubblica si è già alzato per andare a casa, ma continua a scuotere la testa preoccupato: "Non c'è respiro, non c'è visione ampia, manca lo sguardo lungo e soprattutto scarseggia il senso di responsabilità".
La parola che ha ripetuto di più nell'ora e mezza di colloquio è "guerra", tale è la voglia di bollare come insana la china presa dallo scontro sulla riforma. "Credo si comprenda che mettere (alla cieca) a rischio la continuità e l'azione del governo oggi esponga il Paese a serie incognite in termini di convulsione politica e istituzionale. E la cosa è diventata più grave dopo il referendum britannico, perché molti, e non solo nell'Unione, aspettano di vedere, nonostante i due casi siano clamorosamente diversi, se ci sarà il bis di un rovesciamento di governo in Europa".
Bivio tra cambiamento e palude
Un discorso di poco più di un’ora, molto incentrato sul grande appuntamento del referendum costituzionale, vero “bivio tra cambiamento e palude”. Matteo Renzi ha chiuso oggi a Catania la Festa nazionale de l’Unità e non ha risparmiato dure stoccate a chi si oppone al Sì con argomenti giudicati falsi e pretestuosi, soprattutto dentro il Partito Democratico: “Questa riforma è iscritta nella storia del Pd, non riduce lo spazio di democrazia, riduce le poltrone e semplifica l’assetto legislativo. Non consentiremo che questo referendum venga trasformato in un congresso. Chi ha i voti si candidi al congresso e provi a vincerlo, io ci sarò”. L’attacco più diretto è rivolto a Massimo D’Alema, uno dei massimi oppositori della riforma. Renzi legge un passaggio del libro ‘Un Paese normale’, scritto anni fa proprio dall’ex premier, sottolineando che quello che scriveva D’Alema è proprio quanto contenuto nella riforma costituzionale. Poi promette: “Dovevo chiarire una volta per tutte questa questione, d’ora parlerò del referendum solo guardando al futuro”.
Un grande Salone libro unico Milano-Torino
"Due piccole fiere in un mercato del libro già fragile? Così rischiamo una colossale figuraccia internazionale. Il solo modo per uscirne è creare un unico grande Salone, da tenersi contemporaneamente a Milano e Torino. E chi dirà di no, senza avanzare proposte alternative, se ne assumerà la responsabilità".
La disfida libraria tra Torino e Milano, arrivata talvolta al paradosso, è arrivata al momento della mediazione e a tentare di portarla avanti ci pensa il ministro Dario Franceschini, che oggi incontra tutti insieme i protagonisti del pasticciaccio: l’associazione degli editori, l’Aie, che ha rotto con la Fondazione torinese per dare vita a una propria fiera a Milano. La Fondazione del Libro che è stata abbandonata dagli editori grandi, ma non dai piccoli e dai medi pronti a dare battaglia. I sindaci delle due città coinvolte, Sala e Appendino. I presidenti delle due Regioni. E naturalmente i titolari dei due ministeri coinvolti, il Mibact e il Miur.