A proposito di fine vita
Intervento di Carlo Borghetti in Consiglio Regionale.
La Sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale dice che non è reato accompagnare una persona al suicidio medicalmente assistito se per quella persona sono verificati contemporaneamente quattro specifici requisiti: 1) è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la stessa reputa intollerabili; 2) è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale; 3) è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; 4) esprime un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco.
In Commissione Sanità del Consiglio regionale della Lombardia, congiunta con la Commissione Affari Istituzionali, è stata incardinata nei mesi scorsi la proposta di legge popolare promossa dalla associazione Luca Coscioni che -in mancanza di una legge nazionale, su cui il Parlamento è da anni latitante- intende definire una procedura regionale di accompagnamento al suicidio medicalmente assistito ai sensi della Sentenza della Corte Costituzionale.
Su quella proposta il gruppo consiliare regionale del Partito Democratico ha presentato diversi emendamenti, che ho contribuito a scrivere, volti ad aggiungere alcuni elementi migliorativi, come la limitazione della procedura ai pazienti maggiorenni, la definizione della modalità per i medici di esercitare l’obiezione di coscienza, la dilazione dei tempi della procedura, ivi compresa la proposta al paziente della possibilità delle cure palliative, e l’allargamento della commissione che deve verificare la sussistenza delle condizioni definite dalla Sentenza ad altri soggetti competenti, come un palliativista ed eventualmente il medico di medicina generale che ha in carico la persona.
Oggi sono intervenuto in Commissione nella discussione della proposta di legge popolare dopo che la maggioranza di destracentro ha annunciato che, finito il passaggio in Commissione, fermerà in seduta di Consiglio l’iter di approvazione della proposta di legge, ritenendola di competenza statale e non regionale, nonostante il servizio sanitario in Italia sia organizzato dalle Regioni ai sensi della Costituzione. Questo il mio intervento:
“Colleghe, colleghi, io mi chiedo, e vi chiedo: che civiltà esprime una comunità che attraverso le sue istituzioni sancisce il diritto ad essere legalmente accompagnati nell’atto del suicidio medicalmente assistito, ma poi lascia agli interessati che presentano i necessari requisiti la libertà, e la possibilità, di accedere all’atto finale senza alcun controllo, a pagamento, attraverso una auto somministrazione di farmaci non definiti? È civiltà o è Far West?
Noi qui ora non stiamo consentendo, con le procedure descritte dai nostri emendamenti e dalla proposta di legge, di accedere, oppure no, al suicidio medicalmente assistito, perché questo È GIÀ POSSIBILE ai sensi della Sentenza costituzionale. Noi stiamo puntando ad accompagnare meglio, e di più, la persona fino eventualmente a un gesto che questa persona può comunque fare, ma mentre la accompagniamo e diamo certezza di tempi alla presa in carico della sua richiesta -come tra l’altro è già successo in 10 casi in Lombardia- non lasciamo sola la persona, e gli diamo anche la possibilità di ripensarci: infatti in tre casi presi in carico dai Comitati etici regionali in assenza di procedura, le persone hanno rinunciato al gesto finale durante l’istruttoria, mentre altri tre casi presi in carico, e ritenuti conformi alla Sentenza, hanno avuto un destino che non ci è dato di sapere, perché le persone sono state lasciate andare “da sole” verso l’atto finale, e prese in mano chissà da chi… e personalmente io sento forte la responsabilità, e il dovere, di impedire che in assenza di procedure pubbliche ufficiali, e definite, possano nascere luoghi della morte privati, incontrollati e a pagamento.
E poi, scusate: i gruppi politici che oggi qui respingono la necessità di una procedura regionale appellandosi alla necessità di una legge nazionale, sono gli stessi che a Roma, in Parlamento, bloccano la approvazione di una legge nazionale: ma che coerenza è? Che senso di responsabilità è? Siamo eletti per garantire il servizio al bene comune possibile, non per ostacolarlo. Attenzione, non sto dicendo che il suicidio medicalmente assistito è bene comune, ma mi chiedo: è bene comune il Far West della morte medicalmente assistita oggi in atto?
E a chi si nasconde dietro la presunta incostituzionalità di una legge regionale -ben sapendo che per il Titolo V della Costituzione la sanità è materia concorrente tra Stato e Regioni-, vorrei ricordare che questo Consiglio col voto di questa maggioranza ha più volte consapevolmente approvato leggi sicuramente incostituzionali, che si sapeva sarebbero state impugnate (è successo in materia di caccia e di sanità)...
Allora io vi dico: ripensateci, siamo ancora in tempo. Garantite il numero legale in Aula, restino in Aula 10 di voi (sui 49 di maggioranza) che pure non votino la legge, ma lasciatela così approvare a chi la vuole votare, e poi sarà eventualmente un organismo superiore al nostro a valutare il profilo di costituzionalità della legge. È in gioco la civiltà che le istituzioni devono garantire, e la responsabilità che dobbiamo esercitare nel nostro ruolo di eletti nelle istituzioni”.
La Sentenza 242 del 2019 della Corte Costituzionale dice che non è reato accompagnare una persona al suicidio medicalmente assistito se per quella persona sono verificati contemporaneamente quattro specifici requisiti: 1) è affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la stessa reputa intollerabili; 2) è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale; 3) è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; 4) esprime un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco.
In Commissione Sanità del Consiglio regionale della Lombardia, congiunta con la Commissione Affari Istituzionali, è stata incardinata nei mesi scorsi la proposta di legge popolare promossa dalla associazione Luca Coscioni che -in mancanza di una legge nazionale, su cui il Parlamento è da anni latitante- intende definire una procedura regionale di accompagnamento al suicidio medicalmente assistito ai sensi della Sentenza della Corte Costituzionale.
Su quella proposta il gruppo consiliare regionale del Partito Democratico ha presentato diversi emendamenti, che ho contribuito a scrivere, volti ad aggiungere alcuni elementi migliorativi, come la limitazione della procedura ai pazienti maggiorenni, la definizione della modalità per i medici di esercitare l’obiezione di coscienza, la dilazione dei tempi della procedura, ivi compresa la proposta al paziente della possibilità delle cure palliative, e l’allargamento della commissione che deve verificare la sussistenza delle condizioni definite dalla Sentenza ad altri soggetti competenti, come un palliativista ed eventualmente il medico di medicina generale che ha in carico la persona.
Oggi sono intervenuto in Commissione nella discussione della proposta di legge popolare dopo che la maggioranza di destracentro ha annunciato che, finito il passaggio in Commissione, fermerà in seduta di Consiglio l’iter di approvazione della proposta di legge, ritenendola di competenza statale e non regionale, nonostante il servizio sanitario in Italia sia organizzato dalle Regioni ai sensi della Costituzione. Questo il mio intervento:
“Colleghe, colleghi, io mi chiedo, e vi chiedo: che civiltà esprime una comunità che attraverso le sue istituzioni sancisce il diritto ad essere legalmente accompagnati nell’atto del suicidio medicalmente assistito, ma poi lascia agli interessati che presentano i necessari requisiti la libertà, e la possibilità, di accedere all’atto finale senza alcun controllo, a pagamento, attraverso una auto somministrazione di farmaci non definiti? È civiltà o è Far West?
Noi qui ora non stiamo consentendo, con le procedure descritte dai nostri emendamenti e dalla proposta di legge, di accedere, oppure no, al suicidio medicalmente assistito, perché questo È GIÀ POSSIBILE ai sensi della Sentenza costituzionale. Noi stiamo puntando ad accompagnare meglio, e di più, la persona fino eventualmente a un gesto che questa persona può comunque fare, ma mentre la accompagniamo e diamo certezza di tempi alla presa in carico della sua richiesta -come tra l’altro è già successo in 10 casi in Lombardia- non lasciamo sola la persona, e gli diamo anche la possibilità di ripensarci: infatti in tre casi presi in carico dai Comitati etici regionali in assenza di procedura, le persone hanno rinunciato al gesto finale durante l’istruttoria, mentre altri tre casi presi in carico, e ritenuti conformi alla Sentenza, hanno avuto un destino che non ci è dato di sapere, perché le persone sono state lasciate andare “da sole” verso l’atto finale, e prese in mano chissà da chi… e personalmente io sento forte la responsabilità, e il dovere, di impedire che in assenza di procedure pubbliche ufficiali, e definite, possano nascere luoghi della morte privati, incontrollati e a pagamento.
E poi, scusate: i gruppi politici che oggi qui respingono la necessità di una procedura regionale appellandosi alla necessità di una legge nazionale, sono gli stessi che a Roma, in Parlamento, bloccano la approvazione di una legge nazionale: ma che coerenza è? Che senso di responsabilità è? Siamo eletti per garantire il servizio al bene comune possibile, non per ostacolarlo. Attenzione, non sto dicendo che il suicidio medicalmente assistito è bene comune, ma mi chiedo: è bene comune il Far West della morte medicalmente assistita oggi in atto?
E a chi si nasconde dietro la presunta incostituzionalità di una legge regionale -ben sapendo che per il Titolo V della Costituzione la sanità è materia concorrente tra Stato e Regioni-, vorrei ricordare che questo Consiglio col voto di questa maggioranza ha più volte consapevolmente approvato leggi sicuramente incostituzionali, che si sapeva sarebbero state impugnate (è successo in materia di caccia e di sanità)...
Allora io vi dico: ripensateci, siamo ancora in tempo. Garantite il numero legale in Aula, restino in Aula 10 di voi (sui 49 di maggioranza) che pure non votino la legge, ma lasciatela così approvare a chi la vuole votare, e poi sarà eventualmente un organismo superiore al nostro a valutare il profilo di costituzionalità della legge. È in gioco la civiltà che le istituzioni devono garantire, e la responsabilità che dobbiamo esercitare nel nostro ruolo di eletti nelle istituzioni”.
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