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Ora in Europa si pensi alla crescita

Scritto da Patrizia Toia.

Patrizia ToiaIntervista a Patrizia Toia di Tommaso Cinquemani per Affaritaliani.

“L’Italia ha le carte in regola per chiedere all’Europa più flessibilità rispetto al tetto del 3% al deficit. In questo modo avremo le risorse per investire nella crescita e nella creazione di posti di lavoro”. Patrizia Toia, eurodeputata del Pd e vicepresidente della Commissione Industria, non ha dubbi: "Adesso anche nel Ppe ammettono che senza una crescita comune l’Ue è destinata al declino".

E ad Affaritaliani.it spiega: “L’Europa perderà legittimazione politica se non riuscirà a dare le risposte che ci si attende da lei”. Il governo Letta ha però le carte in regola per invertire la rotta: “Il premier ha costruito una rete di relazioni con Francia, Spagna e Polonia per far pendere la bilancia verso la crescita. E’ un leader stimato in Europa”. Anche se dal suo osservatorio privilegiato Toia ammette: "L’Italia ha fatto preoccupare Bruxelles negli ultimi mesi".

Onorevole Toia, i conti dell’Italia sono sotto osservazione dell’Europa che ha aperto una procedura di infrazione per deficit eccessivo. Il Consiglio sta per decidere se chiudere il dossier e soprattutto, il mese prossimo, dovrà decidere se accordare all’Italia la possibilità di sforare il tetto del 3% al deficit. Abbiamo le carte in regola per superare l’esame di Bruxelles?
“L’Italia, come si dice, ha fatto i compiti a casa e sono certa che la procedura verrà chiusa. Questa vittoria potrà essere usata per ottenere qualcosa nei prossimi mesi. Nel Consiglio di giugno il premier Letta chiederà dei fondi per combattere la disoccupazione giovanile, una piaga che sta colpendo l’Europa intera. In secondo luogo punteremo ad ottenere una flessibilità al tetto del 3% per interventi virtuosi. Questo ci permetterebbe di destinare risorse per la crescita e per opere utili”.

Non quindi una maggiore spesa per pagare le pensioni, ma per creare crescita e lavoro?
“Esattamente. Punteremo su provvedimenti che diano una prospettiva di crescita, anche concordandoli con Bruxelles. E spero che si metta mano seriamente anche al tema dell’evasione e dei paradisi fiscali. Sia per un discorso di equità, sia per trovare risorse destinabili allo sviluppo e al lavoro”.

Negli ultimi mesi abbiamo visto una Europa che ha puntato tutto sul rigore, c’è un cambio di rotta?
“Si iniziano a vedere i primi segnali. Se il Ppe è sempre andato dietro alla Merkel ciecamente, puntando solo sull’austerity, oggi qualche apertura in più c’è anche nei Paesi a guida popolare. Ma chi ha sempre chiesto un cambiamento e ha fatto un lavoro costante è il gruppo dei socialisti e democratici, che ha gettato le basi per correggere questa politica sbagliata. A volte siamo stati etichettati come quelli della 'spesa facile', ma non è cosi: noi vogliamo rigore finalizzato alla crescita e non solo una cieca austerità. Adesso anche nel Ppe ammettono che senza una crescita comune l’Europa è destinata al declino e che la politica europea fin qui adottata ha aggravato la recessione e ha indebolito la coesione sociale. Certo non vedremo un vero cambiamento finché in Germania non si saranno tenute le elezioni. Tuttavia dobbiamo fare in fretta: l’Ue perde legittimazione politica se non riesce a dare le risposte che ci si attende da lei. E soprattutto un'Europa che ad un giovane su tre chiude le porte del futuro non può essere il luogo di una cittadinanza dignitosa. Per questo dobbiamo avere coraggio e voltare pagina”.

Pochi giorni fa il presidente francese Hollande ha fatto un discorso visionario sul futuro dell’Europa, richiamando anche l’idea di una ‘unione politica’. Il governo italiano può giocare di sponda con Parigi per cercare di far cambiare rotta all’Europa?
“Assolutamente sì. L'Italia può giocare un ruolo da protagonista e Letta lo ha dimostrato. Infatti dopo il voto di fiducia in Parlamento il premier ha fatto il giro delle capitali europee. Il fatto di aver iniziato dalla Germania non è stato un inchino alla Merkel, come qualcuno erroneamente ha commentato, ma semplicemente la prova della consapevolezza che era necessario iniziare ‘dall’osso più duro’, proprio per dimostrare la determinazione degli intenti. Poi Letta è andato in Francia, Paese un tempo partner privilegiato di Berlino e oggi interlocutore fondamentale di ogni asse europeista. Successivamente in Spagna, Paese governato da un leader del Ppe, per cercare in Rajoy un alleato che possa muoversi all’interno del Partito popolare europeo. E infine in Polonia, che tra i Paesi dell’est è quello più popoloso e con una economia sviluppata. Letta ha così costruito una rete di relazioni per cambiare la rotta dell’Europa”.

Di Monti si era detto che aveva ridato dignità internazionale all’Italia. Come viene percepito il premier Letta in Europa?
“Enrico Letta è molto apprezzato e stimato. In questo momento è il rappresentante ideale di un'Italia che con fermezza può partecipare ad un cambiamento di rotta. Il premier chiede cose concrete e subito, mentre Hollande ha posto un tema enorme come l’unione politica e il governo economico europeo. Ebbene, non sono due istanze contrastanti, bensì le facce di una stessa medaglia: i risultati concreti in Europa possono smuovere l’iniziativa politica comune”.

E la nostra grande coalizione, raccoglie giudizi positivi in Ue?
“L’Italia in questi mesi ha fatto molto preoccupare l’Europa. Ci sono state diverse fasi: inizialmente con Monti siamo usciti dal periodo poco dignitoso, per essere clemente, del governo Berlusconi. Poi la discesa del Professore nell’agone politico ha ricreato un'incertezza di prospettive. Dopo le elezioni si è temuto che l’Italia potesse vivere l’instabilità greca e fosse costretta a tornare a votare. Anche la mancata elezione di Romano Prodi alla Presidenza della Repubblica ha lasciato tutti increduli. Ma la formazione del governo Letta ha rasserenato il clima, rappresentando un punto di certezza e di stabilità. In Europa si è capito che la politica italiana sta tentando di dare una risposta a questo periodo di crisi. Inoltre Letta è ben visto anche per il suo profilo europeista e per la proclamata convinzione che la ripresa dell’Italia passi, inevitabilmente, dall’Europa. Ma è importante sottolineare che non lo ha fatto ‘con il cappello in mano’, ma ricordando che l’Italia è un contribuente netto dell’Ue (l'Italia ha versato alle casse comunitarie più di quanto abbia ricevuto sotto forma di aiuti, ndr)”.

Nella bozza di bilancio europeo in discussione, però, c’è stata una contrazione degli stanziamenti. Gli Stati membri hanno preferito ‘disinvestire’ dal progetto europeo?
“Ciascun Paese membro ha portato a casa qualche contentino e così in sede di Consiglio hanno dato l'ok alla proposta di bilancio, ma nell’insieme non sono stati capaci di far crescere l’Europa, di avere visione e di investire sull'Unione, nell'interesse degli stessi Stati membri. Anche il governo Monti, a mio avviso in modo rinunciatario, ha accettato un accordo al ribasso, ma l’Europarlamento ha detto no ad un bilancio con quelle cifre e ha detto di no all’assenza di flessibilità, necessaria per affrontare eventuali emergenze. E infine ha detto no alla mancanza di risorse proprie. Questo bilancio è una camicia di forza, mentre a noi serve una Europa motore della crescita”.

Pensa che il bilancio si potrà modificare?
“Non sono molto fiduciosa, perché in Consiglio la maggioranza non è cambiata ed è prevalente la posizione di quei Paesi che vogliono tagliare il bilancio europeo anche di più rispetto a quanto fatto con quelli nazionali”.  

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