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Mondo del lavoro e Jobs Act

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco MirabelliVideo della trasmissione Filo Diretto dedicata al tema del lavoro e del Jobs Act a cui ha partecipato il senatore Franco Mirabelli»

La riforma del lavoro che abbiamo approvato in Senato e che ora è passata alla Camera dei Deputati è una legge importante di cui, nella confusione generata dalla polemica politica, rischiano di perdersi finalità e merito.
Prima di tutto credo sia giusto sgomberare il campo da alcuni luoghi comuni che nulla hanno a che vedere con le proposte contenute nel cosiddetto Jobs Act. Innanzi tutto va detto che non è vero che vengono tolte tutele (neppure l'articolo 18) a chi ha già un contratto a tempo indeterminato: non è scritto da nessuna parte ed è stato più volte chiarito da Matteo Renzi e dal Ministro del Lavoro.

In secondo luogo nessuno pensa che questa riforma sia sufficiente per creare nuovi posti di lavoro e rilanciare l'occupazione. Oltre alla riforma del mercato del lavoro, infatti, servono riforma della giustizia civile (in Parlamento stiamo discutendo in queste settimane un decreto del Governo), ridurre le tasse alle aziende e al lavoro (nella Legge di Stabilità sono previsti ancora gli 80 euro per chi li ha già ricevuti e per le patrie IVA ed è prevista la riduzione per 5 miliardi dell'Irap per le imprese) e investimenti per la crescita.
Il Jobs Act ha altri obbiettivi, guarda a chi oggi ha lavori con contratti precari, senza tutele e senza prospettive, a chi resta solo una volta che ha perso il lavoro perché non ha la cassa integrazione, a chi ha bisogno un lavoro stabile. Serve non a togliere tutele a qualcuno ma a darne a tutti i lavoratori; significa, quindi, promuovere equità e giustizia sociale.
Ci sono 9 milioni di lavoratori che vivono con contratti precari, CO.CO.CO, CO.CO.PRO, false partire IVA, contratti a termine usati dalle aziende perché più convenienti e non perché servono. La riforma serve a riconoscere opportunità e diritti a chi non ne ha. Si può riassumere in 4 punti:
1) Riformare gli ammortizzatori sociali per consentire a tutti i lavoratori di ricevere, nel momento in cui perdono l'impiego, un sostegno economico per un periodo che consenta loro, anche potendo accedere a percorsi formativi, di trovare una nuova occupazione.
2) Riformare l'Agenzia del Lavoro, eliminando la molteplicità di agenzie territoriali, che operano con modalità tra loro diverse e che sono spesso costose e inefficienti. L'obbiettivo e quello di una Agenzia nazionale che si occupi di far incontrare domanda e offerta di lavoro e che sia in grado di proporre a chi il lavoro non ce l'ha un impiego in tempi ragionevoli.
3) Ridurre il numero della selva di contratti precari, atipici, flessibili (oltre 40) che oggi esistono e vengono utilizzati dalle aziende per risparmiare sui costi e non perché le loro produzioni richiedono tipologie contrattuali particolari. La proposta è, quindi, di dividere i lavoratori in autonomi o dipendenti, cancellando una zona grigia che consente alle aziende di avere personale di fatto alle dipendenze senza riconoscergli diritti e prerogative conseguenti. Oltre a ciò si tratta di mantenere forme contrattuali stagionali o a termine solo per chi ne ha realmente bisogno, rendendo conveniente dal punto di vista economico solo il nuovo contratto a tempo determinato a tutele crescenti peraltro proposto anche dai sindacati.
Gli incentivi previsti dal Governo sono concreti e già definiti: nella Legge di Stabilità sono previsti 2 miliardi per consentire alle imprese che assumono con questo contratto di non pagare i contributi ai nuovi assunti per almeno tre anni.
4) La legge delega poi interviene per normare i contratti di solidarietà, i demansionamenti che spesso vengono inseriti negli accordi di ristrutturazione aziendale (stabilendo che i livelli salariali non possono comunque essere abbassati) e sulla estensione a tutte le lavoratrici dei diritti riconosciuti per la maternità.
5) Di articolo 18 la delega non parla, non toglie il diritto al reintegro a tutti i lavoratori per i licenziamenti discriminatori e lascia così come sono le tutele a chi ha già un contratto a tempo indeterminato. Si tratta di capire come tutelare dai licenziamenti nel nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. In questo senso l'articolo 18 va cambiato, anche perché già oggi, in questi ultimi tre anni sono stati poche centinaia i reintegri per licenziamenti senza giusta causa.
Di questo parla il Jobs Act, è una legge delega e può essere migliorata scrivendo i decreti attuativi, così come e stata migliorata dalle proposte fatte dalle minoranze in Senato. Ma non vedere come queste proposte possono diventare una opportunità grande per tanti giovani e tanti precari, per allargare tutele e diritti a chi non ne ha è un errore grave.

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