I profughi a Milano
Un anno fa al largo di Lampedusa morivano annegate in mare 368 persone in fuga dalle coste africane. Dall'inizio del 2014 a oggi almeno 3000 persone sono morte nello stesso modo nel Mediterraneo.
Molte le parole spese in questi mesi: di indignazione perché nel terzo millennio non si dovrebbe ancora morire così, o di indignazione perché non si possono spendere soldi pubblici per "accogliere tutti i disperati"...
Ma intanto che in molti parlano e si cerca la soluzione più dignitosa e sostenibile possibile, invocando giustamente l'intervento dell'Europa, qualcuno per fortuna è passato anche ai fatti. Ne cito due. Uno: l'operazione Mare Nostrum, voluta dal Governo Letta, che ha salvato migliaia di vite. Due: gli enti locali e il volontariato sociale che ridanno speranza a vite disperate.
A quest'ultimo proposito ho visitato a Milano Casa Suraya. Suraya è stata la prima figlia dei profughi siriani che arrivavano a Milano a nascere in città: se la sua storia ha avuto un esito felice è stato per merito dei fatti che dicevo.
La Casa è un centro di accoglienza di 100 posti per nuclei famigliari, gestito in collaborazione tra il Comune di Milano e la Cooperativa Farsi Prossimo della Caritas Ambrosiana, inserita in un'ala della casa di proprietà delle Suore della Riparazione, ceduta in comodato d'uso. L'ambiente, sistemato a spese della Cooperativa, anche grazie all'opera di molti volontari, è tranquillo, sereno, ordinato. I profughi siriani ci restano al massimo per una settimana e poi partono per il nord Europa.
Finita l'emergenza resterà come centro d'accoglienza a servizio delle fasce deboli.
Sono d'accordo con quanti dicono che tutto questo non può andare avanti così... Ma intanto che facciamo? Comune di Milano, Caritas, associazioni e volontari seminano coi fatti solidarietà che non andrà persa e salvano vite. Peccato che altri, Regione Lombardia in testa, si fermino alle parole e alzino muri: è forse il modo per risolvere le cose?
È un bene che Il Giornale abbia sollevato il caso delle condizioni precarie e inadeguate in cui sono obbligati ad operare medici e infermieri volontari che prestano soccorso ai profughi siriani in transito dalla Stazione Centrale. Spero che i consiglieri regionali del centrodestra leggano con attenzione questo articolo, a partire dall’assessore Mantovani, e ricordino di aver bocciato il 9 settembre scorso una nostra mozione (la n. 282, sottoscritta dai consiglieri regionali del Pd e del Patto Civico, che fu respinta con i voti delle forze politiche di centrodestra) che chiedeva l’apertura di un ambulatorio medico in Centrale per la durata del periodo di emergenza. Una semplice tenda, in un ambiente non riscaldato, senza attrezzature adeguate né la possibilità di ricoverarle, è la manifestazione di una Regione che non vuole vedere il problema o, addirittura, non ritiene di doversene curare. Ma è un grave errore, anche ai danni di chi lavora per l’assistenza a queste persone che hanno la sola colpa di voler fuggire dalla guerra e da una zona in cui oggi domina il regime radicale e sanguinario dell’Isis. I valori occidentali e cristiani, a cui spesso molti, dal centrodestra, si appellano, non possono valere solo quando fa comodo.