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I voucher erano diventati inutilizzabili

Scritto da Marco Leonardi.

Marco Leonardi
Intervista del Corriere della Sera.

Marco Leonardi, docente di Economia politica all’Università di Milano, consigliere economico del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, è fra i padri intellettuali del Jobs Act. Ma a maggior ragione tiene a sottolineare che, per lui, la cancellazione dello strumento dei voucher non intacca la struttura delle riforme del mercato del lavoro.
«Bisogna aver seguito la vicenda dall’interno per capire che la semplice modifica dello strumento dei voucher non avrebbe portato a risultati soddisfacenti. Ormai erano stati messi troppi vincoli di ogni tipo, sulle aziende e persino sulle famiglie. Il voucher era uscito inservibile dalle discussioni per cambiarne la portata.
Questo è il punto. A quel punto aveva ragione il presidente dell’Inps Tito Boeri: meglio cancellarlo e ripartire con una proposta nuova».
Non era meglio sfidare gli abolizionisti nel referendum?
«C’è stata la scelta politica di aprire un dialogo, ma con questa trattativa non siamo arrivati a nulla. Adesso proporremo con qualcosa di nuovo, ci sono strumenti alternativi».
A quando le nuove proposte?
«Non possiamo fare tutto in pochi giorni: la Cgil aspetterà la conferma del decreto del governo e la sentenza definitiva della corte di cassazione. Poi ripartiremo da un foglio bianco, proporremo qualcosa di nuovo».
Eppure la corsa ai voucher di queste ore dimostra che di questo strumento c’è grande bisogno.
«Sentiremo le parti sociali e coloro che hanno bisogno da subito di strumenti alternativi. È positivo che almeno sulle famiglie dovremmo essere tutti d’accordo nel riscrivere la disciplina del lavoro accessorio in senso europeo. Per esempio c’è un modello francese interessante che vale solo per le famiglie e gli enti no-profit accreditati. Potremmo aggiungere in legge di stabilità una detassazione per favorire le famiglie e l’occupazione nei lavori di cura: baby sitter, badanti, pulizia».
E per le aziende?
«È giusto che le aziende usino i contratti, non i voucher. E anche qui si può pensare a strumenti europei: in Germania ci sono i mini-jobs e il salario minimo federale. Teniamo conto poi che oggi le tecnologie ci mettono in grado di pagare il lavoro accessorio e intermittente tutto su piattaforme digitali. Orari e corrispettivi diventano più semplici da tracciare. Bisognerà ascoltare le piccole imprese, ci diranno loro di quali nuovi strumenti contrattuali hanno bisogno per assorbire quel lavoro».
Nel frattempo quanto gettito fiscale perdete perché chi usava voucher torna al lavoro nero?
«È vero che cancellare i voucher non cancella il problema del lavoro accessorio. Le famiglie che hanno utilizzato questo strumento nel 2016 sono circa 60 mila, i prestatori di lavoro sono stati 120 mila. Il gettito contributivo è stato di 350 milioni, ma almeno parte di esso non è perduto. Si sposterà su altre forme contrattuali».
Commenti dal resto d’Europa: l’Italia è irriformabile.
«Mi lasci dire che i voucher per le aziende come da noi non esistono in nessun Paese d’Europa. Quello strumento non fa parte del Jobs Act ed è quest’ultimo che l’Europa ha apprezzato».
Come finanzierete il taglio del cuneo fiscale?
«Alcune proposte di taglio del cuneo sono concentrate sui giovani, dunque hanno costi del tutto abbordabili per la finanza pubblica: meno di un miliardo di euro. Lo si può finanziare con strumenti come le fatture digitalizzate fra imprese e pubblica amministrazione o con una webtax. Non ci sarebbe certo bisogno di far salire la tassa sul valore aggiunto».
Così non riuscirete a ridurre i costi delle imprese in modo strutturale per renderle più competitive. Non è troppo poco?
«Le riforme non devono essere necessariamente costose per funzionare. A volte quelle che costano meno, hanno più successo: per esempio le norme sui premi di produttività e sul welfare aziendale. L’importante è dare il messaggio che c’è un taglio strutturale del costo del lavoro per i giovani. E che quello a tempo indeterminato costerà meno di quello dei contratti a termine in permanenza, non solo per un periodo transitorio come fino ad ora».
Farete la manovra di aggiustamento da 3,4 miliardi chiesta dalla Commissione Ue in aprile, come concordato? O aspettate le primarie del Pd rischiando una procedura europea?
«Ci sta lavorando il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan».
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