Città metropolitana: il PD sia protagonista
Fino a poco tempo fa sembrava un argomento misterioso, irrealizzabile, pensato solo sulla carta; ad un tratto, la “Città Metropolitana” non è più una sigla o un’entità immateriale. Nel breve periodo assumerà sembianze concrete. Questo almeno è l’auspicio, dato che ci sono ancora importanti aspetti da definire. Uno su tutti: perché la Città Metropolitana?
Trovare una risposta valida al “perchè?” è possibile: in Italia ci sono aree (in primis quella milanese) che hanno la necessità di fronteggiare alcune tematiche e problemi in modo condiviso e concreto, eliminando livelli decisionali e rendendo più veloce il processo esecutivo.
Se la Città Metropolitana riuscirà a “parlare” con una voce sola e credibile, rappresentando una unitarietà di posizioni, sarà un vero cambiamento. Costruendo stessi diritti ma anche stessi doveri dei soggetti che vi parteciperanno, scardinando gli antichi feudi che oggi non hanno più ragion d’essere, solo così si potrà trovare una formula efficace anche per costruire il nostro futuro con quelle realtà, la Regione e lo Stato, ma anche le imprese, che possono dare molto all’area metropolitana Milanese e che in cambio chiedono efficienza e certezze.
Sulla nascita di questa nuova forma territoriale il PD è indubbiamente stato un precursore. Per dare finalmente un esito conclusivo al percorso finora intrapreso ci sono però ancora nodi da sciogliere: tre quesiti tutti politici.
Elezione diretta e Riforma delle municipalità: sono i primi due. La Città Metropolitana deve nascere con una ossatura ben definita, altrimenti rischia di sostituirsi alla Provincia in maniera ancora più caotica e ridondante.
Far convivere una tripartizione di poteri e competenze (Hinterland-Milano-Provincia) rappresenta un’inefficiente sovrapposizione di ruoli.
Vogliamo essere riformisti e davvero coraggiosi? Eliminiamo un livello. Creiamo municipalità autonome su tutta l’area (Milano compresa) e un Governo Metropolitano eletto dai cittadini. Facciamo sì che vengano ridisegnate municipalità interne ed esterne al vecchio confine di Milano e un’unica grande Città Metropolitana con sede a Palazzo Marino, garantendo così solo due livelli decisionali: le municipalità, appunto, e la Città Metropolitana. Come Londra e Parigi. E come la immaginava chi ebbe l’ardire di inserirla in Costituzione. Una Grande Milano composta da: municipalità tutte elette, con diritti di autonomia e doveri di coordinamento. Un Consiglio e un Sindaco Metropolitano votati da tutta l’area, con potestà di indirizzo, legittimati dal basso e doveri di rappresentanza di tutto il perimetro metropolitano.
Vorrebbe dire pensare alla città di Milano in termini di “Metropoli d’Europa”: una riforma seria e coraggiosa, capace di dare una risposta virtuosa alla domanda “perché?”.
Quali servizi andrebbe a governare la Città Metropolitana, e come? E’ il terzo capitolo aperto. Su questo versante è imprescindibile un confronto politico con Milano. Il servizio idrico, dei trasporti, ma anche quello dell’energia, oltre ai settori quali le infrastrutture, l'ambiente, i rifiuti necessitano un assetto diverso da quello attuale.
La Città Metropolitana non deve essere una “scatola vuota” ma organo di indirizzo per le varie aziende di servizi. Ad essa devono essere delegate le funzioni di controllo ed indirizzo dei soggetti eroganti (leggasi “proprietà”) per poter fare davvero uno scatto in avanti e tutelare tutti (Milano e Hinterland) allo stesso modo.
Attenzione. Il vecchio antagonismo Milano/Comuni limitrofi va superato. Qui il tema non è più difendere posizioni, ma voler collocare la Grande Milano nell’alveo delle città europee ad alta competitività.
Nel corso del Convegno che si è svolto il 12 luglio in Provincia il Sindaco Pisapia ha portato un contributo che pareva sciogliere uno dei tre citati quesiti: la prospettiva che emerge è quella di una realtà di primo livello, in cui a decidere direttamente e ad eleggere gli organi saranno i cittadini. Nel frattempo sono giunti segnali di segno opposto da parte del Governo (intervista del Ministro degli Affari Regionali Graziano Delrio al “Sole 24Ore” del 14 luglio), che parla espressamente di secondo livello.
Rimangono inoltre aperte le due altre grandi questioni di cui la Politica si deve fare carico. Adesso. È evidente che le Istituzioni siano tutte d’accordo per “andare avanti”. Ma il punto è “come”.
Occorre trovare adesso la quadra politica partendo dal basso: cittadini, consiglieri eletti, sindaci, imprese, partiti, parti sociali, Parlamento. Altrimenti si rischia uno sterile susseguirsi di dichiarazioni.
Sono due temi irrisolti che pesano come macigni, perché evidentemente di portata “rivoluzionaria”. Ed è proprio in questa partita che il PD può e deve giocare un ruolo fondamentale di guida, affinché questa fase di elaborazione diventi utile per delineare un perimetro non ancora ben chiaro.
Si stabilisca ora la “Road Map”. L’abolizione delle Province e la contestuale nascita della Città Metropolitana non possono essere motivate da un non meglio precisato e presunto abbattimento dei costi, né realizzate in base alle opinioni di pochi soggetti istituzionali o da qualche lancio di agenzia.
I tempi ci sono: è un nonsenso parlare di “fattore tempo” in maniera critica. Decidiamo che Milano e Hinterland vengano ridisegnate in municipalità e che scompaia un livello. Non lo dobbiamo “fare” oggi; lo dobbiamo “decidere” oggi. Che è ben altra cosa. Decidiamo che dal 2016 avremo un solo Governo Metropolitano con un numero di Consiglieri adeguato e un solo Sindaco eletto: entro il prossimo anno possiamo rendere concreta questa volontà.
La Politica, e in particolare il PD, devono essere protagonisti per colmare questo vuoto di intraprendenza. Il Partito Democratico, in particolare, ha il dovere di governare il momento politico per poter costruire, con la Città Metropolitana, quella risposta di cambiamento attesa da decenni, stabilendone adesso i capisaldi e puntando al 2016 per la prima elezione del Governo Metropolitano coraggiosamente riformato, al fine di lanciare quella vera sfida che rappresenti il nostro “Comune” futuro Milanese.
Se la Città Metropolitana riuscirà a “parlare” con una voce sola e credibile, rappresentando una unitarietà di posizioni, sarà un vero cambiamento. Costruendo stessi diritti ma anche stessi doveri dei soggetti che vi parteciperanno, scardinando gli antichi feudi che oggi non hanno più ragion d’essere, solo così si potrà trovare una formula efficace anche per costruire il nostro futuro con quelle realtà, la Regione e lo Stato, ma anche le imprese, che possono dare molto all’area metropolitana Milanese e che in cambio chiedono efficienza e certezze.
Sulla nascita di questa nuova forma territoriale il PD è indubbiamente stato un precursore. Per dare finalmente un esito conclusivo al percorso finora intrapreso ci sono però ancora nodi da sciogliere: tre quesiti tutti politici.
Elezione diretta e Riforma delle municipalità: sono i primi due. La Città Metropolitana deve nascere con una ossatura ben definita, altrimenti rischia di sostituirsi alla Provincia in maniera ancora più caotica e ridondante.
Far convivere una tripartizione di poteri e competenze (Hinterland-Milano-Provincia) rappresenta un’inefficiente sovrapposizione di ruoli.
Vogliamo essere riformisti e davvero coraggiosi? Eliminiamo un livello. Creiamo municipalità autonome su tutta l’area (Milano compresa) e un Governo Metropolitano eletto dai cittadini. Facciamo sì che vengano ridisegnate municipalità interne ed esterne al vecchio confine di Milano e un’unica grande Città Metropolitana con sede a Palazzo Marino, garantendo così solo due livelli decisionali: le municipalità, appunto, e la Città Metropolitana. Come Londra e Parigi. E come la immaginava chi ebbe l’ardire di inserirla in Costituzione. Una Grande Milano composta da: municipalità tutte elette, con diritti di autonomia e doveri di coordinamento. Un Consiglio e un Sindaco Metropolitano votati da tutta l’area, con potestà di indirizzo, legittimati dal basso e doveri di rappresentanza di tutto il perimetro metropolitano.
Vorrebbe dire pensare alla città di Milano in termini di “Metropoli d’Europa”: una riforma seria e coraggiosa, capace di dare una risposta virtuosa alla domanda “perché?”.
Quali servizi andrebbe a governare la Città Metropolitana, e come? E’ il terzo capitolo aperto. Su questo versante è imprescindibile un confronto politico con Milano. Il servizio idrico, dei trasporti, ma anche quello dell’energia, oltre ai settori quali le infrastrutture, l'ambiente, i rifiuti necessitano un assetto diverso da quello attuale.
La Città Metropolitana non deve essere una “scatola vuota” ma organo di indirizzo per le varie aziende di servizi. Ad essa devono essere delegate le funzioni di controllo ed indirizzo dei soggetti eroganti (leggasi “proprietà”) per poter fare davvero uno scatto in avanti e tutelare tutti (Milano e Hinterland) allo stesso modo.
Attenzione. Il vecchio antagonismo Milano/Comuni limitrofi va superato. Qui il tema non è più difendere posizioni, ma voler collocare la Grande Milano nell’alveo delle città europee ad alta competitività.
Nel corso del Convegno che si è svolto il 12 luglio in Provincia il Sindaco Pisapia ha portato un contributo che pareva sciogliere uno dei tre citati quesiti: la prospettiva che emerge è quella di una realtà di primo livello, in cui a decidere direttamente e ad eleggere gli organi saranno i cittadini. Nel frattempo sono giunti segnali di segno opposto da parte del Governo (intervista del Ministro degli Affari Regionali Graziano Delrio al “Sole 24Ore” del 14 luglio), che parla espressamente di secondo livello.
Rimangono inoltre aperte le due altre grandi questioni di cui la Politica si deve fare carico. Adesso. È evidente che le Istituzioni siano tutte d’accordo per “andare avanti”. Ma il punto è “come”.
Occorre trovare adesso la quadra politica partendo dal basso: cittadini, consiglieri eletti, sindaci, imprese, partiti, parti sociali, Parlamento. Altrimenti si rischia uno sterile susseguirsi di dichiarazioni.
Sono due temi irrisolti che pesano come macigni, perché evidentemente di portata “rivoluzionaria”. Ed è proprio in questa partita che il PD può e deve giocare un ruolo fondamentale di guida, affinché questa fase di elaborazione diventi utile per delineare un perimetro non ancora ben chiaro.
Si stabilisca ora la “Road Map”. L’abolizione delle Province e la contestuale nascita della Città Metropolitana non possono essere motivate da un non meglio precisato e presunto abbattimento dei costi, né realizzate in base alle opinioni di pochi soggetti istituzionali o da qualche lancio di agenzia.
I tempi ci sono: è un nonsenso parlare di “fattore tempo” in maniera critica. Decidiamo che Milano e Hinterland vengano ridisegnate in municipalità e che scompaia un livello. Non lo dobbiamo “fare” oggi; lo dobbiamo “decidere” oggi. Che è ben altra cosa. Decidiamo che dal 2016 avremo un solo Governo Metropolitano con un numero di Consiglieri adeguato e un solo Sindaco eletto: entro il prossimo anno possiamo rendere concreta questa volontà.
La Politica, e in particolare il PD, devono essere protagonisti per colmare questo vuoto di intraprendenza. Il Partito Democratico, in particolare, ha il dovere di governare il momento politico per poter costruire, con la Città Metropolitana, quella risposta di cambiamento attesa da decenni, stabilendone adesso i capisaldi e puntando al 2016 per la prima elezione del Governo Metropolitano coraggiosamente riformato, al fine di lanciare quella vera sfida che rappresenti il nostro “Comune” futuro Milanese.