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La sfida delle riforme istituzionali

Scritto da Sara Valmaggi.

Sara Valmaggi Il tema della riforma federale dello Stato, in una prospettiva anche europea, mi pare sia rimasto sostanzialmente offuscato nella proposta politica del PD.
A determinare questa situazione ha influito sicuramente la pesante crisi economica, il consolidarsi di un'idea delle istituzioni – dalle Regioni allo Stato all'Europa – più intese come matrigne che non come strumento o fattore di sviluppo in senso federale e solidaristico.
Anche nel pensiero comune, magari non nell'elaborazione politica, abbiamo lasciato il campo agli slogan di Maroni, che dopo 100 giorni di governo regionale rimangono solo slogan.
La nostra proposta, che banalizzo con due parole: autonomia e solidarietà, è rimasta quindi sostanzialmente appannata.
In realtà ritengo che l'esigenza di avere più vicino il livello delle decisioni sia un'esigenza particolarmente sentita dai cittadini, per questo il federalismo non può essere concepito solo come tema da esperti innamorati di architetture istituzionali come potremmo essere noi, ma un esercizio che entra a tutto tondo nella vita di qualsiasi cittadino.
Ritengo che l'abbandono del progetto solidale e federalista si è accompagnato alle decisioni dei governi nazionali, stretti dalla crisi economica, che hanno stressato in maniera esponenziale i bilanci comunali, anche e forse soprattutto quelli virtuosi, rimandando nei fatti le riforme sulla spesa e la riorganizzazione dei servizi centrali.
Dalla mia visuale, quella di consigliera e vice presidente del Consiglio regionale, i ritardi nella costruzione dei nuovi livelli di governo vanno addebitati sia al Governo nazionale sia alle Regioni.
In Lombardia il nuovo Statuto regionale è stato adottato solo nel 2008, per la nuova legge elettorale abbiamo dovuto aspettare il 2012 appena prima che il Consiglio decretasse il suo auto scioglimento conseguente la crisi politica della gestione formigoniana e travolto dai fatti giudiziari che sapete hanno messo in discussione la legittimità stessa e la credibilità del livello di governo regionale.
Sull'altro fronte, quello centrale, solo nel 2009 il Parlamento ha votato la delega per l'attuazione del nuovo articolo 119 della Costituzione in materia di autonomia finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni e i successivi decreti attuativi hanno visto la luce solo nei due anni seguenti.
Si è trattato di un ritardo su cui hanno pesato le oscillazioni dei governi PDL-Lega.
Oggi dobbiamo essere consapevoli che se continuiamo a credere nella necessità di riconoscere autonomia ai diversi livelli di Governo, e io continuo a crederci, dobbiamo sapere che l'impianto della Riforma del 2001 lascia ancora ampi spazi che possono permettere una progressiva autonomia decisionale nella prospettiva di una ottimizzazione dei livelli di governo.
Ad esempio quelle "ulteriori forme e condizioni di autonomia" che rafforzano il ruolo e l’intervento regionali sono consentite e circoscritte dalle leggi dello Stato ed eventualmente consentite alle Regioni. Lo dico in merito al mantra della “macroregione” che attraversa il dibattito consiliare e non solo. Quella della Lega è una boutade elettoralistica ma noi crediamo alla possibilità di incrementare le competenze delle Regioni in sintonia con l'articolo 116 della Costituzione ,consentendo la possibilità di svolgere funzioni aggiuntive? Io personalmente credo sia un dovere di un partito realmente riformista e nazionale costruire una proposta il tal senso.
L'altro tema che dovrebbe veder coinvolte le Regioni riguarda l'applicazione dell'articolo 118 secondo il principio di sussidiarietà fra Regioni, Provincie e Comuni e Città metropolitane. Qui entra in campo il tema della risoluzione della Consulta e del progetto di Riforma Costituzionale presentato dal Governo. Non credo ci si possa limitare all'attesa del provvedimento di legge nazionale, auspico un lavoro parlamentare che porti a un vero coinvolgimento dei territori su questo tema a partire dalla questione che più a noi sta a cuore cioè la vera realizzazione della Città metropolitana.
In Regione Lombardia dentro questo dibattito ci stanno le rivendicazioni di storica rappresentanza dei territori (le spinte localistiche), l’identificazione del ruolo della città di Milano, la forma di governo ed elezione, le funzioni attribuite. Un dibattito che deve riuscire a generare una formula di democrazia territoriale e governo adeguati.
Appare ovvio che il centralismo regionale di Maroni, soffre dello stesso rapporto con la Città metropolitana e rischia di non modificare niente nel governo territoriale.
In ultimo: l’autonomia finanziaria avrebbe dovuto realizzarsi entro il 2016 secondo i dettami previsti dall'articolo 119 garantendo autonomia di entrata e di spesa. Il processo è stato bruscamente interrotto dalla decretazione d'urgenza dei governi Berlusconi e Monti e a seguito dell'incalzare della crisi mondiale.
I vincoli pareggio di bilancio e il patto stabilità interna hanno portato ad una riduzione della spesa 2009 2012 ad un livello tale di mettere a rischio i servizi essenziali (LEA – Livelli essenziali di assistenza) se non con una forte compartecipazione aggiuntiva.
L’auspicio quindi è quello della riapertura del Tavolo sul patto per la salute e i costi standard presso la Conferenza Stato Regioni tenendo in considerazione che il vero limite imposto alle finanze regionali è il divieto ad utilizzare l'indebitamento per gli investimenti, anche se questi svolgono una funzione essenziale per le politiche di sviluppo.
In sostanza i temi in sospeso sono moltissimi e il tempo del seminario non permettono di andare oltremodo in profondità. Per ricapitolare direi che la riforma del Titolo V rischia di rimanere una delle tante incompiute del nostro Paese. Ricordo che la riforma è stata fortemente voluta dal centro sinistra. Può essere corretta e migliorata ma assolutamente non abbandonata. Occorre lavorare nel processo di riforma senza operare stravolgimenti ma attraverso percorsi attuativi sul versante delle competenze esclusive e sulle materie concorrenti richiamate dall’art. 117, dando contenuto e statuto a quanto previsto dall’art. 118 sul riconoscimento di funzioni agli enti locali e, infine, sviluppando l’autonomia finanziaria definita nell’art. 119.
In questo modo potremo riconoscere più autonomia ai ruoli di decisione e più potere decisionale anche ai cittadini, nel solco di una costante attualizzazione dei concetti di democrazia e partecipazione.
Dico in ultimo che la nostra idea di profilo statuale non può rimanere estranea al dibattito congressuale che ci apprestiamo a fare. Io, personalmente, sceglierò anche in base a questo.
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