Stampa

No a visioni di parte, collaborare tra istituzioni rafforza la democrazia

Scritto da Sergio Mattarella.

Intervento di Sergio Mattarella al Festival delle Regioni e delle Provincie Autonome (video).

Sono lieto di partecipare a una iniziativa che assume quest’anno una forma nuova e vede un ampio coinvolgimento di giovani.
Il Festival avrà ad oggetto temi impegnativi che vedranno l’intervento di rappresentanti delle amministrazioni e di esperti a vario titolo delle questioni affrontate.
Come poc’anzi ricordava il Presidente Fedriga, vanno trattati privilegiando la prospettiva, questi temi, e dando spazio, appunto, alla voce delle giovani generazioni.
Il primo Festival, due anni orsono, come è stato rammentato poc’anzi dal Presidente Emiliano, aveva al centro il riconoscimento della Conferenza, quale organo delle Regioni e delle Province autonome, sulla base di un’intesa ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione.
Si intendeva rafforzare la Conferenza quale foro di collaborazione e di dialogo tra queste istituzioni per il coordinamento delle scelte e per l’assunzione di posizioni comuni.
Tra le istituzioni e al loro interno la collaborazione, la ricerca di punti comuni, la condivisione delle scelte, sono essenziali per il loro buon funzionamento e per il servizio da rendere alla comunità.
Vi sono, in particolare, dei momenti nella vita di ogni istituzione in cui non è possibile limitarsi ad affermare la propria visione delle cose - approfondendo solchi e contrapposizioni - ma occorre saper esercitare capacità di mediazione e di sintesi. Questa attitudine è parte essenziale della vita democratica perché le istituzioni appartengono e rispondono all’intera collettività e tutti devono potersi riconoscere in esse.
Desidero ribadire, anche qui, l’apprezzamento per quell’intesa che pone in evidenza la centralità della cooperazione istituzionale per le Regioni e per le Province autonome e che consente loro di essere voce ancor più autorevole e ascoltata.
Consentitemi qualche considerazione sui temi che rappresentano, come sottolineava il Presidente della Conferenza poc’anzi, l’asse portante di questa iniziativa: la transizione ecologica e quella digitale. Due temi con molte interconnessioni e per i quali i giovani nutrono sensibilità particolare.
Sono, come è noto, agevolmente digitali e manifestano tutt’altro che a torto, un’intensa preoccupazione per lo stato dell’ambiente.
Vorrei dire che tutti dovremmo affrontare il tema della transizione ecologica con la determinazione che caratterizza l’approccio dei più giovani. A loro è chiaro come la natura non possa più essere considerata come una risorsa da utilizzare e da sfruttare, e come le risorse del pianeta non siano illimitate e non possono riprodursi costantemente all’infinito.
Da qui l’urgenza di intervenire attraverso politiche lungimiranti e responsabili che stabiliscano obiettivi e riescano a mobilitare le risorse economiche, a suscitare investimenti.
Politiche coerenti e stabili nel tempo che creino un clima di fiducia e che promuovano, con strumenti efficaci, quei cambiamenti dei comportamenti e degli stili di vita che vengono richiesti da un processo così impegnativo.
Contrastare il cambiamento climatico e proseguire con decisione sulla via della de-carbonizzazione sono obiettivi non rinunziabili.
Le politiche ambientali vanno integrate nelle politiche per la crescita. Non considerate un freno allo sviluppo. Lo sviluppo deve essere sostenibile, diversamente è vano e illusorio.
Per conseguire questi obiettivi, come del resto per guidare la transizione digitale, occorre far leva su una governance sovranazionale.
L’Unione europea, come noto, ha assunto tra le sue massime priorità le due transizioni ed è innanzitutto in quella sede che l’Italia deve fornire il suo contributo e far valere le sue posizioni.
Esiste anche il problema, attraverso l’Unione europea, naturalmente, particolarmente, di rendere efficace la governance internazionale di entrambi i processi. Questi rivestono una dimensione globale - come poc’anzi veniva ricordato - e richiedono di essere affrontati tenendo conto delle specificità culturali, economiche e sociali delle diverse aree del pianeta.
Come è stato ricordato nella relazione introduttiva, nell’ambito della transizione digitale l’attenzione tende a concentrarsi sull’Intelligenza Artificiale.
Ci si chiede, come è noto, se sia già avviata una nuova rivoluzione: così come quella industriale a suo tempo ha surrogato la forza fisica, sostituendo le macchine alle persone, così adesso l’Intelligenza Artificiale appare, secondo taluno, destinata a surrogare le capacità intellettive proprie degli esseri umani.
Si pongono, con evidenza, interrogativi rilevanti di natura etica.
Quali decisioni devono rimanere saldamente nelle mani delle persone e quali possono essere affidate o delegate a un supercalcolatore?
Pensiamo davvero che una macchina possa sostituire un medico nella cura dei malati o un giudice per redigere una sentenza?
Non si può fare a meno di riflettere sulla irripetibilità di ogni singola persona umana e sulla irripetibilità di ogni situazione di vita.
Quali rischi si corrono se il ritmo veloce di sviluppo e le sempre più ampie applicazioni della Intelligenza Artificiale rimangono appannaggio di un numero limitato di soggetti globali dotati di enormi risorse e che, nei fatti, si sottraggono a ogni forma di regolamentazione?
Possiamo consentire una sfrenata competizione tesa ad accaparrarsi i dati relativi alla vita delle persone con il fine di utilizzarli per vantaggi economici e anche per influenzarne le scelte? Ogni genere di scelta.
È tollerabile la manipolazione delle informazioni o addirittura la fabbricazione di false notizie, allo scopo di condizionare la pubblica opinione anche nell’espressione del voto?
La prima questione che si pone, allora, è: qual è il soggetto chiamato a dettare le regole che tutelino la libertà del cittadino? Una prima risposta è già intervenuta a livello dell’Unione europea con la “Dichiarazione sui diritti e i principi digitali per il prossimo decennio digitale”.
Diversamente, potremmo davvero pensare che basti affidarsi alle dichiarazioni unilaterali di buone intenzioni dei proprietari delle piattaforme digitali del mondo?
Occorre, globalmente, una disciplina che consenta lo sviluppo dei progressi e delle opportunità, ma che tuteli la dignità delle persone.
Non vi è dubbio, d’altronde, che l’Intelligenza Artificiale possa fornire un grande contributo allo sviluppo del benessere dell’umanità e recare un apporto di ampio beneficio per risolvere problemi globali, inclusi quelli di natura ambientale.
Pensiamo alle sue applicazioni nella gestione delle risorse idriche e nell’organizzazione del sistema dei trasporti.
Nella medicina - come lei ha poc’anzi ricordato - dove può aprire ampie prospettive di speranza. Pensiamo ai progressi nella telemedicina che accrescono le possibilità di cura delle persone anche nei Paesi più poveri.
In realtà, come sempre, nella storia, i risultati che la scienza consegna all’umanità aprono grandi prospettive di progresso e presentano insieme rischi di utilizzazione perversa. La scelta è affidata a noi, alle persone.
Emerge con forza, quindi, l’esigenza di un sistema adeguato di governance che favorisca lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale assicurando - ripeto- che venga utilizzata per affermare e non per violare la dignità umana.
Vorrei esprimere, in conclusione, una convinzione, che mi sembra del resto conforme alla impostazione di queste giornate di confronto e di riflessione, così come organizzate e predisposte.
Le transizioni, ecologica e digitale, potranno avere successo solo se verranno concepite e attuate coinvolgendo i cittadini, le associazioni, le società civili nel loro complesso.
Un numero sempre più alto di attori e di persone deve essere incluso nel governo delle transizioni e non soltanto per subirne gli effetti.
Questo è possibile se al centro dei processi di transizione sapremo porre, in modo condiviso, dei valori.
Il valore di riferimento di entrambe le transizioni, di cui discuterete in questi giorni, non può che essere, in primo luogo, quello dell’uguaglianza, della riduzione dei divari sociali ed economici.
I cambiamenti climatici sono sovente all’origine delle disuguaglianze e, in ogni caso, le accrescono: basti pensare alla carenza di acqua potabile che interessa interi Stati o al fenomeno della desertificazione, entrambi causa di conflitti e di grandi migrazioni di massa. Lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali va quasi sempre a vantaggio di pochi e contro gli interessi di intere popolazioni.
Le politiche ambientali devono salvaguardare, quindi, le condizioni personali e sociali più deboli.
In ambito digitale, lo sviluppo delle tecnologie può ridurre il divario digitale, ma anche accrescerlo, e questo dipende dalle scelte che sapremo compiere. Se accrescerà le differenze o le ridurrà.
Porre l’Intelligenza Artificiale a servizio di tutti e soprattutto dei più deboli e dei più fragili è la sfida che dobbiamo affrontare.
Da quanto detto nella sua relazione dal Presidente Fedriga, emerge quanto la Conferenza sia consapevole che l’approccio a questi temi deve essere al contempo pragmatico e ambizioso. Debba coinvolgere i giovani, chiedendo loro di avanzare proposte, rilievi, critiche. Mi sembra che si vada in questa direzione.
Auguri, quindi, per i vostri lavori, che si collocano in un quadro di ricerca, di collaborazione istituzionale, quella che rafforza la nostra democrazia.
Pin It