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La cultura non può essere obiettivo di guerra

Scritto da Dario Franceschini.

Intervista di Confprofessioni a Dario Franceschini.

Nel 2016 il ministro della Cultura, Dario Franceschini, presentò al Palazzo di Vetro a New York la task force Unite4Heritage, specializzata nella tutela del patrimonio culturale per far fronte alle minacce nelle aree di crisi. E il G20 della Cultura di Roma del luglio scorso ha riconosciuto anche sul piano internazionale il ruolo fondamentale della cultura come elemento di peace-keeping.
Che cosa ha spinto l’Italia ad essere in prima linea per proteggere il patrimonio artistico e culturale nel mondo?
Numerosi appelli per la salvaguardia del patrimonio culturale in aree di crisi internazionale hanno spinto il nostro Governo a farsi promotore dell’istituzione dei “caschi blu della cultura”, nell’ambito dell’iniziativa “Unite4Heritage” voluta dall’allora Direttrice Generale dell’Unesco, Irina Bokova e portate avanti con forza dall’attuale direttrice Audrey Azoulay.
Chi sono e che cosa possono fare i caschi blu della cultura?

Si tratta di una task force, costituita da esperti del Ministero e da militari altamente qualificati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (TPC), concepita per intervenire in aree colpite da emergenze, quali calamità o crisi prodotte dall’uomo, in una cornice di sicurezza. Il percorso non si è mai interrotto in questi anni come dimostra la presenza dì queste tematiche nel documento finale del G20 cultura di Roma e la recente approvazione della legge contro i reati sui beni culturali in attuazione della Convenzione di Nicosia che faciliterà ulteriormente le attività dì contrasto.
L’invasione russa è una minaccia per il patrimonio culturale ucraino. È possibile, oltre che auspicabile, un intervento dei caschi blu della cultura dell’Onu nelle zone di guerra?

Ora la preoccupazione è per i molti tesori custoditi nei musei, nelle chiese, nei monasteri e nei siti Unesco ucraini, a partire dalla Cattedrale di Santa Sofia a Kiev. Occorre tutelarli così come occorre proteggere e sostenere gli artisti ucraini.
La guerra in corso in Ucraina sta procurando danni catastrofici al patrimonio culturale e, una volta deposte le armi, occorrerà un grande contributo per la salvaguardia e il restauro. Attualmente però la possibilità di far parte della task force è riservata al personale del ministero della Cultura. Non crede che andrebbe aperta anche i professionisti esterni, nell’ottica di favorire l’effettiva interdisciplinarietà e valorizzare le competenze di tutti gli addetti ai lavori italiani?

Il conteso è quello delle missioni di peace keeping Onu, in cui è previsto il solo utilizzo di personale militare e civile dei diversi stati membri o di personale messo di istituire, per la prima volta nel nostro Paese, i musei autonomi, fino ad allora semplici uffici delle Soprintendenze con tutte le conseguenze del caso. Ciò ha allineato l’Italia agli standard museali internazionali dettati dall’ICCOM e ha permesso, grazie alla decisione di mettere a bando la direzione di un numero crescente di musei autonomi tramite una selezione pubblica internazionale, di attirare importanti professionalità da Onu. Come già avviene in tutte le organizzazioni Onu, è possibile che le stesse aprano posizioni per professionisti esterni specializzati in tutela e restauro, ma che verrebbero inquadrati nei loro ranghi.
Torniamo in Italia. Come pensa che le competenze dei professionisti dei beni culturali possano essere messe a frutto per fornire un contributo ancora più efficace nella salvaguardia, nella tutela e nella gestione del patrimonio culturale italiano?

Il Pnrr, con le molte professionalità richieste nello sviluppo dei diversi progetti riguardanti la cultura, offre un’immensa opportunità. Sono in essere bandi per oltre 6 miliardi di euro, da quelli per il rilancio dei borghi a quelli per i giardini storici, in cui le professionalità dei beni culturali sono chiamate a esprimersi al meglio per garantire il massimo risultato.
Lei è il ministro della Cultura più longevo della storia della Repubblica Italiana e anche questo le ha consentito, tra le altre cose, di promuovere dal 2014 una profonda e innovativa riforma del sistema del patrimonio culturale. È soddisfatto delle sue riforme sul piano dei risultati o ci sono criticità sulle quali interverrebbe?

La riforma avviata nel 2014 con il riassetto delle realtà culturali statali ha per tutto il mondo. In sette anni i musei statali sono notevolmente migliorati, con importanti risultati in termini di pubblico fino all’avvento della pandemia. Ora bisogna proseguire con decisione lungo questo percorso, accelerando la digitalizzazione dei nostri musei e assicurando l’immissione del nuovo personale - dai custodi ai funzionari tecnici e amministrativi - necessario a garantirne la gestione e la fruizione.
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