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Serve subito un mediatore

Scritto da Piero Fassino.

Articolo di Piero Fassino pubblicato da La Repubblica.

Caro direttore, come gli stessi protagonisti avevano preannunciato, l'incontro tra i ministri degli Esteri russo e ucraino, Lavrov e Kuleba, non è andato al di là della rappresentazione delle rispettive posizioni. Ancorché minimo è comunque un inizio di interlocuzione che va tenuto aperto, anche alla luce della disponibilità a trattare manifestata dal presidente Zelensky, una finestra di opportunità che non va lasciata cadere. Ma il tempo incalza e ci sono poche ore per evitare una precipitazione bellica catastrofica. Fino a che i corridoi umanitari non abbiano completato la evacuazione della popolazione è possibile un parziale e limitato rallentamento delle attività militari, nonostante sciagurati atti come l'assedio di Mariupol e il feroce bombardamento del suo ospedale pediatrico.
Ma senza un'iniziativa politica immediata, esaurita l'evacuazione la guerra riprenderà più devastante e violenta di prima.
D'altra parte è pressoché unanime la richiesta della comunità internazionale di una tregua per verificare la praticabilità di un dialogo negoziale. Sollecitazione rivolta a Putin, già prima della guerra e ancora in queste settimane, da Macron, Scholz, Draghi, dal segretario generale dell'Onu, dai vertici dell'Unione europea, dall'amministrazione americana e dalla Santa Sede, a cui negli ultimi giorni si sono uniti altri attori, come i governi di Canada, Israele e Turchia.
Peraltro la tenace e coraggiosa resistenza ucraina ha smentito la troppo scontata previsione di una rapida vittoria militare russa. Non solo, ma Putin aveva scommesso su una minore reattività americana e su divaricazioni di atteggiamento tra Stati Uniti e Europa e tra gli stessi Paesi europei, cosí come sulla neutralità di nazioni di altri continenti. E infine il presidente russo si riteneva certo, puntando sull'orgoglio russo, di raccogliere un facile consenso interno. Ma la realtà dice altro. Stati Uniti e Europa hanno reagito con immediatezza, fermezza e unità. Il voto dell'Assemblea generale dell'Onu ha registrato un consenso larghissimo alla condanna dell'invasione, con il solo voto contrario di cinque Paesi, Russia inclusa.
Largamente smentita anche la certezza del Cremlino di poter contare su consenso interno plebiscitario: ne sono testimonianza le manifestazioni di protesta organizzate nelle città russe, nonostante la repressione della polizia e migliaia di arresti.
Insomma: appare sempre più necessario aprire la strada a un percorso negoziale prima che la guerra giunga a un punto di non ritorno. Nei giorni scorsi un tavolo di trattative tra russi e ucraini è stato allestito, anche se per ora dedicato principalmente ai corridoi umanitari. Si puó ripartire da quella sede, ma non lasciando sole le due parti. La durissima contrapposizione di queste settimane e le profonde ferite della guerra non rendono facile ai protagonisti di accogliere le reciproche rivendicazioni. E necessario che quella interlocuzione veda la presenza di un soggetto terzo che accompagni, assista, faciliti compromessi, aiuti il negoziato e sia garante dei suoi risultati.
L'accordo di Washington tra israeliani e palestinesi aveva alle spalle la mediazione norvegese dei colloqui di Oslo e Clinton fu garante della stretta di mano tra Rabin e Arafat.
Onu, Ue e Osce ricorrono spesso a inviati speciali per facilitare la soluzione di conflitti.
Serve dunque un attore, accettato da russi e ucraini, che operi un'azione di mediazione e di facilitazione di un accordo. Può essere un'autorità istituzionale internazionale o ex primi ministri o un gruppo di contatto. Ma è indispensabile che questa scelta sia fatta subito. Il tempo non lavora per la pace. Domani potrebbe essere troppo tardi.



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