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Ultime notizie dall'Isis

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo Gaiani
Articolo pubblicato sul Giornale dei Lavoratori.
La strage consumatasi il 18 marzo al Museo del Bardo a Tunisi in cui sono stati uccisi anche quattro nostri connazionali è un ulteriore tassello della strategia del terrore che ha avuto la sua prima manifestazione il 7 gennaio con gli omicidi di Parigi e successivamente quelli di Copenhagen.
E’ interessante notare come l’obiettivo, soprattutto in Danimarca ed in Tunisia, fossero in prima istanza i Parlamenti nazionali, particolarmente quello del Paese nordafricano, l’unico in cui la famosa “primavera araba” del 2011 abbia prodotto un reale approdo democratico ed in cui i partiti politici di matrice islamica sembrano accettare un sostanziale principio di laicità delle istituzioni.
Altrove, come è noto, esito della primavera è stato un golpe militare a prevenzione di un golpe islamista, come in Egitto, ovvero lo sprofondare della struttura statuale nel caos totale, come in Libia ed in Siria (dove il Governo di Assad controlla ormai solo una porzione del territorio nazionale).
La comparsa in scena del cosiddetto Stato islamico della Siria e del Levante (ISIS o Daesh) ha contribuito ulteriormente a destabilizzare la situazione ponendosi come punto di riferimento per la variegata platea del terrorismo islamista, la quale si è trovata ad avere un punto di riferimento territoriale che, rifacendosi alla tradizione sunnita del Califfato, ha costituito un potentissimo fattore di propaganda mediatica, a partire dalle truci esecuzioni di ostaggi in tuta arancione da parte di boia vestiti di nero. Ovviamente le forze armate del Daesh non sono arrivate né in Libia né in Nigeria (e anzi sembra che registrino importanti arretramenti nel carnaio mediorientale grazie all’alleanza oggettiva realizzatasi fra i Paesi occidentali, le residue forze lealiste siriane, i peshmerga curdi ed i “paria” sciiti di Teheran), ma il “califfo” al Baghdadi ed i suoi uomini hanno raggiunto un obiettivo importante imponendo, per così dire , un brand a livello globale che è facilmente esportabile come strumento di terrore nei confronti dell’opinione pubblica, sia negli Stati arabi che in quelli occidentali.
Il messaggio per i primi è chiarissimo: nessuna forma di Stato e di governo vi salverà dalla nostra vendetta, e chi di voi persisterà in perniciose illusioni di stampo occidentale come la democrazia e la parità dei sessi (si pensi ai rapimenti di giovani scolarette da parte di Boko Haram in Nigeria) subirà le nostre ritorsioni.
Per l’Occidente il messaggio è altrettanto chiaro: non toccateci nella nostra pretesa di diventare una potenza a livello regionale perché noi siamo in grado di creare un perenne stato d’assedio nella vostra quotidianità che è tanto vulnerabile. Se poi questa strategia produrrà anche un inasprimento dell’atteggiamento dei cittadini dell’Europa occidentale verso le comunità islamiche locali, magari incrementando i carnieri elettorali di partiti xenofobi e razzisti, questo è tanto di guadagnato per il Daesh che dalla radicalizzazione degli scontri etnici e religiosi ha soltanto da guadagnare anche solo per ulteriori arruolamenti di giovani insoddisfatti da utilizzare nei fronti di guerra o come terroristi operativi nei loro Paesi.
Se questa è la strategia del “Califfato” molto meno chiara è quella dei Governi occidentali, al netto di un possibile intervento (da ponderare con estrema attenzione) sul fronte più preoccupante dello scacchiere mediterraneo, quello libico: infatti, la strategia non può essere unicamente militare ma deve prevedere la capacità di coniugare la sicurezza dei cittadini con il rispetto di quelle libertà fondamentali, ivi compresa quella di religione, che costituiscono la vera differenza culturale fra l’assolutismo teocratico e la democrazia.
In questo senso, la famosa legge sui luoghi di culto della Regione Lombardia - contro cui il Governo nazionale si è giustamente appellato davanti alla Corte costituzionale - è l’esempio da manuale del tipo di reazione che il Daesh si aspetta dall’Occidente: intolleranza, sospetto generalizzato verso l’Islam, restrizione della libertà di culto, offesa sistematica di quanto i fedeli di una religione hanno di più caro.
L’aspetto militare e poliziesco è necessario nella lotta contro il terrorismo, ma è insufficiente: solo un’attenta e lungimirante strategia politica e culturale potrà darci delle vittorie non effimere contro gli strateghi del terrore.

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