L'epidemia di Ebola
Intervento in Senato durante l'informativa del Ministro della Salute sulla situazione del contagio di Ebola.
innanzitutto voglio ringraziare la ministra Lorenzin e il vice ministro Pistelli non soltanto per la qualità della risposta, ma anche per la celerità con cui hanno accettato di venire a riferire in Aula, anche se penso che il lavoro migliore sia quello che affronteremo in Commissione dove monitoreremo insieme l'andamento di questa vicenda per molti versi drammatica, ma per altri non inattesa.
Mi viene da dire che ora che può toccare all'Occidente, l'Occidente si sveglia. Permettetemi una considerazione che nasce un po' dalla nostra storia.
Contemporaneamente, posso anche dire con orgoglio (che vorrei fosse considerato poi quando si fanno i bilanci dello Stato in questi campi) che l'Italia sta rispondendo e può rispondere bene, che può essere utile a livello mondiale in quei Paesi dove è presente l'epidemia perché ha una buona sanità pubblica, quella che manca in Africa, in quei Paesi dove il rapporto fra il medico e i cittadini è pazzesco (si dice che il rapporto sia uno a 100.000), dove non ci sono le strutture igieniche, dove non ci sono gli ospedali.
Parliamo di situazioni che non conosciamo, di luoghi dove ci sono credenze popolari, una delle quali è, ad esempio, che sia lo Stato a portare il virus. Penso che i commenti siano piuttosto inutili, lo dico con grandissimo rispetto per quelle popolazioni, ma è lì il nodo dello sviluppo distorto del nostro mondo. È lì che c'è l'abbandono massimo ed è lì oggi che dobbiamo assolutamente intervenire.
Quindi colgo con grandissimo favore quanto ci è stato comunicato oggi e il comune intento di intervenire non in modo solitario, come Italia, ma come Europa in collegamento con altri organismi internazionali, innanzitutto per fermare lì l'epidemia.
Sappiamo infatti perfettamente che se l'epidemia verrà circoscritta minore sarà la possibilità del contagio in altri Paesi. Il virus paradossalmente sarà infatti meno mutageno perché circoscritto.
Il secondo punto è quello che riguarda la sicurezza. Anche da questo punto di vista mi permetto di dire che c'è sempre un'ambivalenza. La sicurezza è un valore fondamentale del mondo, ma può anche essere la limitazione delle persone, della loro libertà individuale. Quindi sono fino in fondo d'accordo con il Governo sul fatto di non produrre un allarmismo ingiustificato quanto da quattro soldi. I dati dell'OMS sono infatti molto chiari. È evidente che ci vuole un controllo sull'ingresso dei migranti, come è del tutto ovvio, ma sappiamo anche che la percentuale di rischio relativa ai migranti è molto più bassa di quella relativa alla circolazione normale delle merci e delle persone, come dimostra il fatto che sono persone bianche, occidentali, quelle che sono state contagiate e che quindi, evidentemente, non è un problema legato - ancora una volta - al colore della pelle. Scusate se lo dico, ma credo si possa evitare di usare anche questo per fare razzismo.
Con riferimento alla sicurezza, che ho menzionato, va benissimo il rafforzamento dei controlli degli aeroporti e dei cittadini extraeuropei. Il Ministro ne ha parlato e condivido le sue parole fino in fondo, perché in Italia non abbiamo voli diretti, ma solo indiretti, e questo è uno dei grandi problemi, ossia la creazione di un cordone sanitario di monitoraggio, prevenzione, controllo e gestione del rischio.
Sono d'accordo inoltre con il fatto che non si possono fare le nozze con i fichi secchi e che la prevenzione ed il controllo richiedono finanziamenti che devono arrivare, esattamente come devono arrivare quelli per la ricerca. Sono orgogliosa di vivere in un Paese in cui vi sono due centri d'eccellenza - l'istituto Lazzaro Spallanzani di Roma e l'ospedale Luigi Sacco di Milano - e sono orgogliosissima che si stia studiando il vaccino in Italia, qui vicino, a Pomezia, oltre che in altri centri. Qualche volta sarebbe bene che valorizzassimo anche questa nostra capacità a livello internazionale e riuscissimo a promuovere la buona ricerca e la buona sanità, magari puntando anche su questo.
L'ultima cosa che voglio dire riguarda gli operatori: credo vi sia un rischio per i cittadini e quello più grande - com'è stato detto, e lo condivido - è proprio per gli operatori del mondo sanitario e delle organizzazioni non governative.
Sono d'accordo sulla necessità di seguire fino in fondo i protocolli di sicurezza, per cui è inutile spostare i malati dal luogo in cui si trovano, perché questo potrebbe causare una diffusione virale che si può benissimo evitare. Gli operatori, però, sono le prime persone a cui bisogna prestare soccorso e dare la possibilità di fare prevenzione, com'è ovvio, altrimenti, se si ammalano anche loro, la situazione peggiorerà.
Non si può rinviare il problema delle condizioni di salute in Africa e la responsabilità della salute dell'Unione europea - mi permetto di dirlo nel semestre - ha una pecca, ossia il rischio che tutta l'attenzione si sposti solo sul settore industriale. Ritengo invece che dovremmo puntare molto su quello sanitario: ancora una volta, a maggior ragione con Ebola, è del tutto evidente che lo sviluppo è libertà, ma il destino dell'umanità è davvero uno e uno solo.