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Tempo di responsabilità

Scritto da Lorenzo Gaiani.

 
Lorenzo GaianiArticolo di Lorenzo Gaiani.
Non è dato sapere al momento se vi siano correlazioni fra l’inaudito attentato davanti a Palazzo Chigi ed il contemporaneo giuramento del Governo guidato da Enrico Letta: se veramente l’attentatore è uno squilibrato, come filtra dalle prime informazioni,
è ben probabile che non ve ne siano, e questo non può che rallegrare al netto della preoccupazione per i due carabinieri e la passante rimasti feriti.
E tuttavia, che il clima politico e sociale del nostro Paese sia grave, e foriero di possibili tensioni sociali, è sotto gli occhi di tutti, ed evidentemente ciò costituisce la vera e propria emergenza che il nuovo Governo è chiamato ad affrontare. Naturalmente l’inedito accordo fra PD e PDL cui partecipano anche Scelta civica, l’UDC e, nella persona di Emma Bonino, i Radicali (che però non hanno rappresentanza parlamentare), se garantisce un largo appoggio nelle due Camere nello stesso tempo non garantisce alcuna unitarietà né solidità nell’azione e nella direzione politica.
Le ragioni per cui si è arrivati a questa soluzione sono note ed è perfino inutile stare a ripercorrerle sistematicamente: è ovvio che l’unico collante di un simile Esecutivo è e può essere soltanto quello della responsabilità nei confronti del Paese, una responsabilità da declinare evidentemente in modo assai diverso rispetto a quella del gruppo di figuranti che sotto quel nome si raccolsero ai tempi del Berlusconi IV. Responsabilità oggi significa agire in primo luogo operare per dare una risposta alle emergenze vere del Paese, a partire da quella del lavoro, che se ne trascina dietro infinite altre, e richiede un approccio profondamente innovativo rispetto al recente passato. Infatti, se è necessario confermare l’affidabilità internazionale del nostro Paese in primo luogo rispetto agli interlocutori europei, nello stesso tempo è evidente che l’impostazione “rigorista” seguita in questi anni se astrattamente può servire al pareggio dei conti, nei fatti distrugge l’economia e lo Stato sociale gettando nella povertà e nella disperazione milioni di persone.
Ecco, lavoro, ammortizzatori sociali, riforma della fiscalità sono le sfide dell’oggi, a cui si aggiungono quelle di carattere istituzionale, a partire dalla riforma di una legge elettorale pessima sia sotto il profilo della rappresentatività che sotto quello della governabilità, e che evidentemente dovrà essere accompagnata da necessarie riforme istituzionali, a partire dal superamento di quell’unicum (alquanto infelice) che è il bicameralismo perfetto, e da riforme, per così dire, para –istituzionali come la legge sullo statuto pubblico dei partiti politici che inglobi anche la questione spinosa del finanziamento pubblico, della sua opportunità e delle eventuali modalità.
Va detto con franchezza che l’emergenza e le circostanze particolari in cui il Governo è nato hanno spinto Enrico Letta – che di per sé è un rappresentante di quella generazione degli anni Sessanta che è fra le più provate dalla crisi attuale e che da tempo chiede di poter essere misurata nelle sue capacità di leadership a tutti i livelli- a dar vita ad un Esecutivo fortemente rinnovato in termini di età e di equilibrio di genere. Ovviamente, né l’anagrafe né il sesso sono di per sé caratteristiche decisive nel momento in cui sono richiesti ben latri requisiti, a partire dalla competenza e dalle capacità politiche. Nessuno tuttavia può negare l’evidente qualità di alcune scelte, come quella di Enrico Giovannini al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dove l’illustre studioso porterà tutte le competenze e le conoscenze maturate alla guida dell’ISTAT, sapendo che dietro i numeri statistici ci sono gli esseri umani, le loro aspirazioni ed i loro bisogni. Lo stesso vale per Fabrizio Saccomanni, che arriva alla guida del Ministero dell’Economia dal vivaio di Bankitalia, che si può dire che nel nostro Paese sia il succedaneo di quel percorso formativo dell’alta dirigenza dello Stato che in Francia trova la sua espressione nelle “grandes ecoles”, ed in particolare nell’ENA (e ragionare su qualcosa del genere anche da noi non sarebbe un male).
Importante per un partito come il PD che è così progressivamente radicato sul territorio la chiamata diretta al Governo di due Sindaci come Flavio Zanonato di Padova (alle Attività produttive, al posto del fallimentare Passera) e Graziano Delrio di Reggio Emilia, che dalla presidenza dell’ANCI passa alla delicata delega alle Autonomie locali, dove dovrà gestire alcuni passaggi chiave fra cui il definitivo assetto di Province e Città metropolitane e più in generale il funzionamento della macchina delle comunità territoriali che sono il primo terminale delle aspettative e dei bisogni dei cittadini. A Maria Chiara Carrozza, che arriva dalla gestione di una scuola di eccellenza come la Sant’Anna di Pisa, l’onere di riscattare le politiche per la pubblica istruzione non solo dai danni compiuti dai due Ministri incompetenti che si sono succeduti negli ultimi cinque anni, ma anche dalla tendenza alla sottomissione dell’educazione all’economia, che è una delle più evidenti falle culturali di questo tempo. Un rilievo particolare merita la presenza fra i Ministri di due “nuove italiane”, e se per Josefa Idem parla, oltre alla sua spettacolare carriera sportiva, anche l’attività amministrativa svolta a Ravenna, nel caso di Cecile Kyenge, l’oculista di origine congolese da anni impegnata nella politica locale modenese ora chiamata al Ministero dell’Integrazione al posto del deludente Andrea Riccardi, si avverte il senso della sfida di un cambiamento possibile, dell’idea cioè che il nostro Paese debba abituarsi alla presenza di nuovi cittadini e all’allargamento progressivo della sfera dei loro diritti (ed il fatto che ciò non piaccia alla Lega è un’ottima notizia).
Un discorso a parte, infine, per Dario Franceschini, che nel corso delle ultime settimane ha dimostrato un grande spirito di abnegazione e di disinteresse personale per il bene del Partito e del Paese, e che ha ricevuto la responsabilità di due deleghe chiave come i Rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell’attività di Governo, dove potrà mettere a frutto la sua grande esperienza e la sua lucidità politica.
Il PDL, al di là della presenza di Angelino Alfano come Vicepremier e Ministro degli Interni, in qualche modo imposta dalle circostanze (sia lui sia Letta sono in qualche modo i “numeri due” dei rispettivi partiti), ha in effetti messo in campo una squadra meno impresentabile di quanto si potesse pensare all’inizio, anche se non di elevata qualità (in particolare la componente femminile). Va anche registrata una sorta di presenza “trasversale” di politici provenienti da Comunione e Liberazione, ossia Mario Mauro (ora con Monti) alla Difesa e Maurizio Lupi (PDL) alle Infrastrutture, ai quali andrà messo bene in chiaro (in particolare a Lupi) che l’interesse del Paese è una cosa, quello della Compagnia delle Opere è un’altra. Positive poi, sul lato di Scelta civica, le riconferme di Anna Maria Cancellieri, spostata dagli Interni alla Giustizia, e di Enzo Moavero Milanesi agli Affari europei.
Insomma, la nave è in acqua, e si sa già che la navigazione sarà perigliosa, dal momento che le due forze maggiori che sostengono il Governo sono e restano alternative sotto il profilo delle scelte politiche e dei costumi: per questo al PD fin da subito necessita una chiara guida politica che potrà nascere solo da un serio percorso congressuale, per affrontare seriamente sia le problematiche immediate che la situazione complessiva impone sia le prevedibili insidie derivanti dall’accordo di governo con una forza politica che antepone sistematicamente le istanze del suo padrone al bene comune.
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