La presenza delle mafie al Nord
Intervento alla Festa PD di Settimo Torinese (video).
Provo a portare un contributo da due punti di vista: da capogruppo del PD in Commissione Antimafia e da dirigente del PD lombardo che ha guardato dentro ad una serie di inchieste che hanno coinvolto la Lombardia e anche iscritti del PD lombardo e credo che questo possa aiutare a comprendere un po’ meglio ciò che dobbiamo fare.
Fin dalla prima riunione della Commissione Antimafia, 8 mesi fa, abbiamo sottolineato la necessità di fare della questione del Nord e delle infiltrazioni mafiose e della criminalità organizzata nel Nord una delle priorità da affrontare in questa legislatura.
Due sono state le ragioni che ci hanno spinto a prendere questa decisione: innanzitutto, tutti i nostri interlocutori che su questo argomento ci hanno dato un messaggio molto chiaro, segnalandoci una forte presenza della criminalità organizzata e mafiosa al Nord.
L’altra ragione che ci ha spinto a fare di questo tema una questione prioritaria per la nostra attività di indagine è che ci siamo resi conto che sappiamo poco delle infiltrazioni criminali al Nord, che il fenomeno va indagato di più, che bisogna capire meglio che cosa vuol dire la criminalità organizzata al Nord, come si muove, cosa fa, dov'è.
Questa è la ragione per cui abbiamo cominciato a ragionarci e per cui abbiamo commissionato all'Università di Milano e a Nando Dalla Chiesa una prima ricerca - che per ora si è limitata a raccogliere i dati oggettivi, ricavati dalle inchieste, dal numero degli omicidi, dal numero dei beni confiscati al Nord - e che comunque andrà avanti, perché abbiamo bisogno di capire.
Cercando di capire ci siamo accorti che, spesso, quando parliamo di mafia al Nord tendiamo a semplificare mentre c’è una dimensione molto più complessa che va affrontata e c’è una pericolosità che è molto maggiore di quella che immaginiamo.
Parto da queste considerazioni per dire che iniziative come questa servono molto perché nel Paese e, soprattutto, nell'opinione pubblica al Nord (in Piemonte, in Lombardia, in Liguria...) la percezione di cos'è la criminalità organizzata è molto diversa da ciò che il fenomeno è in realtà.
La pericolosità e l’insediamento della criminalità organizzata al Nord non sono percepiti dall'opinione pubblica.
Siccome non vediamo il mafioso con la coppola e la lupara per noi la mafia non c’è.
E anche in questa sottovalutazione, in questa mancanza di percezione della pericolosità della criminalità organizzata a tutti i livelli sta una delle ragioni per cui la mafia riesce ad infiltrarsi in gran parte dei gangli vitali della nostra società del Nord o sta tentando di infiltrarsi. La criminalità organizzata conta sul fatto che non c’è la percezione di quanto sia pericolosa.
Quindi, è giusto cercare di capire quello che è successo qui. È giusto cercare di capire perché ci sono stati, qui come altrove, degli iscritti del Partito Democratico implicati in queste vicende.
Tuttavia, se non riusciamo a capire qual è il quadro entro cui ci muoviamo, tutti i nostri discorsi servono a poco: rischiamo, cioè, di guardare un dettaglio mentre una forza politica come la nostra deve guardare e avere presente la dimensione vera del fenomeno. Su questo non esistono scorciatoie.
Quando parliamo della presenza della criminalità organizzata nel Nord Italia, parliamo prevalentemente di ‘ndrangheta, che è la più grande organizzazione mafiosa e criminale che agisce nel mondo. La ‘ndrangheta è un’organizzazione criminale che è in grado di movimentare tonnellate di droga con una semplice telefonata e di avere a disposizione una massa enorme di denaro che proviene soprattutto dal traffico di droga.
La spiegazione di dire che la mafia al Nord c’è perché qui ci sono i soldi e qui reinvestono nell'economia legale è una spiegazione parziale, non sufficiente e non è sufficiente neanche in un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando. Il fenomeno è molto più complicato.
Anche la spiegazione che la ‘ndrangheta è qui perché si è radicata grazie ai soggiorni obbligati in Piemonte e Lombardia, è una rappresentazione parziale.
Al Nord c’è una struttura molto consolidata, organizzata per “locali”che riproducono specularmente quelle che ci sono in Calabria, che è la Regione madre. La ‘ndrangheta è costituita da una struttura verticistica che si fonda su rapporti familiari. Ogni “locale” si fonda su rapporti familiari. Ecco, dunque, perché non esistono i fenomeni che hanno consentito allo Stato di dare colpi pesanti alla ‘ndrangheta come è stato il pentitismo per la mafia. Nella ‘ndrangheta il pentimento è un fatto rarissimo perché se si vuole denunciare qualcuno spesso ci si trova a denunciare propri parenti. L’assenza di pentitismo e i legami familiari rendono la ‘ndrangheta una struttura forte e chiusa oltre che verticistica.
La ‘ndrangheta poi ha un fiume di denaro da reinvestire ed è invisibile per come la immaginiamo. Non c’è la coppola, non c’è la lupara ma non ci sono neanche gli omicidi, non c’è neanche quella violenza e quelle strategie che avevano portato l’opinione pubblica a ribellarsi di fronte alla mafia in Sicilia.
La ‘ndrangheta agisce sotto traccia e – ci dice il rapporto scritto da Nando Dalla Chiesa – si sta radicando soprattutto nei piccoli Comuni, dove ce lo si aspetta meno, dove c’è meno controllo sociale, e più libertà di movimento.
Questo è l’altro dato importante che emerge da tutte le inchieste. Per comprenderlo, è sufficiente guardare la lista dei beni confiscati alla ‘ndrangheta e i luoghi in cui sono stati confiscati e si vede che la stragrande maggioranza è in Comuni piccolissimi, anche in Piemonte, così come in Lombardia e in Liguria.
La ‘ndrangheta è un’organizzazione che sta cercando di permeare la società.
Il fatto che la “locale” di Paderno Dugnano (in provincia di Milano) si ritrovasse in un centro civico intitolato a Falcone e Borsellino o che la “locale” di Milano abbia fatto per molto tempo le riunioni all'Arci sono messaggi di un’organizzazione criminale che vuole integrarsi.
Il fatto che a Valmadrera (nel lecchese) si sia tentato di corrompere e di condizionare il sindaco non per soldi ma per avere la possibilità di gestire il capannino che durante l’estate vende i gelati a tutti i bambini (c’è un’inchiesta in corso e vedremo come andrà a finire), è ovvio che non è certo un gran business per un grande riciclaggio ma è la possibilità per la ‘ndrangheta di segnare una presenza, di integrarsi, di mostrarsi normali.
C’è un simbolismo che la ‘ndrangheta assume.
In questo senso, va notato che l’inchino durante la processione a Oppido in Calabria è avvenuto una settimana dopo che un Papa, per la prima volta, ha scomunicato con forza la ‘ndrangheta, la quale sul rapporto con la religione ha sempre giocato un ruolo importante.
Gratteri, il Procuratore Antimafia di Reggio Calabria, racconta sempre che la moderna ‘ndrangheta si costruisce in un rapporto tra la massoneria e la vecchia organizzazione ‘ndranghetista e tutto avviene in un santuario. Il santuario è il luogo delle riunioni della ‘ndrangheta.
Bisogna, quindi, essere consapevoli di questa dimensione.
Così come bisogna avere la consapevolezza del fatto che la mafia ha una potenza economica enorme e che mette in campo tutto per riciclare il denaro: i compro oro, il gioco d’azzardo e poi c’è una grande zona grigia in cui tutte le inchieste dicono che ci stanno dei professionisti (commercialisti, avvocati, colletti bianchi) che svolgono delle funzioni.
La ‘ndrangheta è un’organizzazione che ha i soldi e, in tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando, i magistrati dicono che questo comporta che non siano più i criminali a cercare l’imprenditore da taglieggiare o altro ma sono sempre di più i casi di imprese e di imprenditori che cercando la ‘ndrangheta per avere i soldi e vi restano implicati molto al di là di quello che potevano immaginare.
I magistrati raccontano che molti di questi imprenditori, che sono diventati subito delle vittime, hanno poi finito per essere incriminati con il reato di associazione mafiosa perché, nonostante fosse acclarato che erano vittime, che avevano ricevuto i soldi che loro stesso avevano chiesto e di conseguenza si era creato un vincolo per cui spesso i criminali cercavano di toglier loro l’azienda o il negozio o cercavano di intestarlo a propri prestanomi, c’era un clima omertoso. Anche di fronte all'evidenza, non c’era nessuno che denunciava.
Ci troviamo, dunque, di fronte ad un fenomeno che ha una grande pericolosità e non è una questione di ordine pubblico ma è anche una questione politica e democratica, perché una organizzazione criminale come questa, che è verticistica, in cui i capi non si conoscono e che ha a disposizione centinaia di miliardi da inserire nel circuito legale dell’economia è un’organizzazione che può inquinare la democrazia. Un’economia inquinata, infatti, è un’economia che inquina a sua volta la democrazia.
Questa è la pericolosità della ‘ndrangheta al Nord, soprattutto nella provincia di Torino, nella provincia di Milano, di Brescia e qualche altra realtà, dove - stando a quanto emerge dalle inchieste - siamo di fronte ad un’aggressione molto forte.
Rosy Bindi dice sempre che in Italia le mafie sono fortissime ma questo è anche un Paese dove l’antimafia ha saputo essere forte. Lo Stato, infatti, ha saputo combattere la criminalità organizzata, ha saputo fare leggi importanti di prevenzione come la confisca dei beni in assenza di sentenza perché colpire i patrimoni è colpire davvero la criminalità organizzata.
Tuttavia, i dati dimostrano che sono sempre più forti i tentativi della criminalità organizzata di penetrare nel tessuto economico e democratico della realtà del Nord.
Ed è evidente che oltre all'infiltrazione nell'economia, c’è anche un tentativo di interessarsi di politica. Tutte le ultime inchieste raccontano di una ‘ndrangheta che non agisce più solo con lo scambio o il condizionamento ma cercando di rappresentarsi direttamente in politica, di costruire liste civiche, trovare il modo per essere direttamente nei posti.
Faccio tre esempi lombardi su questo tema.
A Viadana, in provincia di Mantova, abbiamo scoperto dalle intercettazioni che un assessore della nostra giunta aveva rapporti stretti con la ‘ndrangheta ed era oggetto di telefonate tra la “locale” di Viadana e la casa madre, in cui si raccontava con toni festanti che Viadana era ormai in mano alla ‘ndrangheta e veniva fatto il nome di questa persona.
Non ci sono solo gli appalti tra le mire degli ‘ndranghetisti. Sono molte le inchieste in cui alcuni soggetti cercano di occupare posti particolari come quello che determina a chi vengono dati i sussidi sociali, al fine di scegliere a chi dare i contributi sociali del Comune.
Poi attorno a questo è stato scoperto che nel circolo del PD si erano iscritti, senza bisogno di congressi, una trentina di calabresi (alcuni affiliati alla ‘ndrangheta, alcuni oggetto di inchiesta e di quelle telefonate intercettate). Questo è avvenuto anche con responsabilità delle istituzioni che hanno sottovalutato alcune cose.
A Valmadrera, in provincia di Lecco, tutto è nato da un consigliere comunale di Lecco che ha ottenuto la carica perché, il giorno prima della presentazione delle liste, una iscritta del PD si è sfilata e qualcuno ha proposto di candidare nella nostra lista questa persona perché c’era un buco e sostenendo che rappresentava la comunità calabrese. Così ci siamo trovati di fronte ad una persona che – racconta l’inchiesta – tentava di condizionare una serie di amministrazioni del lecchese per fare favori alla ‘ndrangheta.
C’è poi la vicenda del primo Comune in Lombardia sciolto per infiltrazioni mafiose che è Sedriano, in provincia di Milano.
Quest’ultima vicenda ha messo in luce, c’è un problema anche dentro le Pubbliche Amministrazioni: non sono situazioni che coinvolgono esclusivamente il politico. Gratteri dice che c’è una generazione di ‘ndranghetisti che è stata fatta studiare e oggi è anche nelle Pubbliche Amministrazioni.
Con questo ragionamento non voglio terrorizzare ma credo che tutto ciò ci debba spingere a tenere alta la guardia e non fare due errori.
Il primo errore da non fare è quello di confondere tutto: ci può essere corruzione senza che ci siano mafiosi in campo, anche se la corruzione, oggettivamente, può aiutare la criminalità organizzata.
Sul tema della corruzione è necessario avviare una riforma delle leggi. In questo senso, è urgente intervenire su come si assegnano gli appalti perché, francamente, ormai i modi in cui si interviene per condizionarli sono noti. Sappiamo che consentire di spezzettare un appalto anche se riguarda una sola opera è un modo usato per scegliere a chi darlo. La vicenda di Infrastrutture Lombarde ha mostrato come i professionisti che costruiscono i capitolati d’appalto possono essere a loro volta corrotti. Su questo tema, quindi, c’è molto da fare.
Inoltre, dobbiamo fare la legge anticorruzione e dobbiamo fare una norma seria sull'autoriciclaggio perché è sbagliato che ci guadagna tanti soldi con attività illegali poi possa investire questi soldi in attività in proprio senza essere accusato di riciclaggio.
Serve, poi, anche un impegno a contrastare la criminalità organizzata da parte degli Ordini Professionali che oggi non c’è, come ha fatto Confindustria in Sicilia e in Lombardia, perché bisogna dare un messaggio chiaro. Se l’Ordine degli Avvocati in Sicilia espelle un proprio associato in una Provincia perché affiliato con la criminalità e dopo un anno la stessa persona può iscriversi all'Ordine degli Avvocati della Provincia vicina, è evidente che c’è qualcosa che non funziona.
E lo stesso vale anche per altri Ordini.
L’altra cosa che dobbiamo evitare è che la questione della lotta alla mafia diventi una questione divisiva tra di noi. Il PD è un partito che la lotta alla mafia la fa e la fa tutto insieme.
Non è accettabile di usare la mafia come argomento per accusarsi a vicenda tra avversari - come ho spiegato anche in Parlamento quando abbiamo discusso della modifica all’articolo 416 ter del codice penale - perché in questo modo si fanno solo dei danni alla lotta alla mafia.
Bisogna essere molto seri, sapere che il PD è un partito sano e deve essere un partito spietato con chi ha rapporti mafiosi. Il PD deve combattere con forza e deve sapere che questo è un partito che ha il 40% dei consensi. È evidente che un partito che ha il 40% dei consensi in questo Paese sarà un partito a cui quell'organizzazione criminale che vuole autorappresentarsi in politica cercherà di guardare.
Questo vuol dire che dovremo essere più bravi di come siamo stati fino ad oggi a gestire le liste e il tesseramento, a fare più attenzione a chi sono gli interlocutori e sapere che questo problema c’è.
Probabilmente il sindaco di Valmadrera, quando ha cominciato a discutere con gli ‘ndranghetisti, non sapeva che erano ‘ndranghetisti, se n’è accorto dopo, quando ormai non aveva più la possibilità di uscirne e, invece, bisogna stare attenti prima.
Forse è politicamente scorretto, però, dobbiamo cominciare a dirci tra di noi iscritti ed elettori se abbiamo qualche sospetto o qualche dubbio. Non si tratta di fare una caccia alle streghe, ma si tratta di prendere atto che il problema c’è: c’è quando facciamo gli iscritti, c’è quando facciamo le liste, c’è quando scegliamo gli interlocutori.
Magari è solo una possibilità su cento ma potrebbe essere e non esiste una soluzione.
Non penso che il problema si possa risolvere tornando a fare come si faceva nel PCI, in cui per iscriversi occorreva essere presentati da una persona di fiducia, però, se si iscrivono trenta persone tutte insieme, lontane da un congresso e magari presentate da un assessore, come è accaduto a Viadana, è meglio stare più attenti.
Così come sulle liste per le candidature sarebbe meglio, in futuro, presentarle una settimana prima di depositarle, in modo che chi ha qualcosa da dire possa farlo prima e non dopo, come spesso è accaduto.
Oltre a questo, saranno necessarie anche molte altre misure data la dimensione del fenomeno.
Serve, comunque, una maggiore attenzione ma non ho dubbi sul fatto che il PD sia un partito sano. Tuttavia, è bene non sottovalutare alcun segnale di infiltrazione. Dobbiamo proteggere noi stessi e dobbiamo rendere sempre più impenetrabili le istituzioni visto che abbiamo tante responsabilità in tante amministrazioni, perché il rischio è che una parte sempre più importante della nostra economia venga infiltrata da capitali che provengono da traffici illeciti.
Questa, a mio avviso, è una campagna che dobbiamo fare al Nord perché qui siamo in tempo per sconfiggere la ‘ndrangheta.