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Questo è il tempo di fare le riforme

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli
Intervento svolto in Aula del Senato durante la discussione del disegno di legge sulle riforme costituzionali.
Quando sono stato candidato a queste elezioni per il Parlamento, ho fatto campagna elettorale impegnandomi – insieme a tanti colleghi - per il superamento del bicameralismo perfetto, per cambiare una parte del sistema istituzionale e per riformare la Parte II della Costituzione. Sono un parlamentare che ha fatto, con il proprio partito e il proprio segretario, l'ultima campagna elettorale per le europee chiedendo un voto anche per dare forza ad un progetto riformatore che comprendeva la creazione di un Senato rappresentativo delle Regioni e delle autonomie locali.
Voglio ricordare queste cose non per rivendicare automatismi improbabili o un risultato elettorale, ma per dire che da tempo non consideriamo intoccabile la Parte II della Costituzione e che non ha ragione chi sostiene che questa discussione sia un capriccio messo in campo improvvisamente dal Governo per una strana vocazione autoritaria, un'arma di distrazione di massa.
Stiamo discutendo di una riforma che abbiamo detto essere necessaria e che da 30 anni si cerca di fare e si cerca di farla per il Paese.
Non è una volontà decisionista dire che è ora di fare; che questo è il tempo di fare; che questo è il tempo di fare le riforme; che forse questa è l'ultima occasione che abbiamo.
Questo è il tempo e non ne avremo altro.
Sono, infatti, convinto che, in questo Paese, la democrazia non è messa in pericolo dalle riforme costituzionali ma sarà in pericolo se non si faranno le riforme.
Vorrei anche segnalare ai colleghi dei Gruppi di Sinistra Ecologia e Libertà e Movimento 5 Stelle che la nostra democrazia non sta bene, non è in salute come sembra da qualche loro intervento.
La distanza tra politica e cittadini, la perdita di credibilità delle istituzioni, la sfiducia che la crisi ha aggravato: sono questi i rischi che corre la nostra democrazia. Li stiamo già correndo e le riforme sono un'opportunità per invertire la tendenza, per ridare forza alle nostre istituzioni. Di questo sono fermamente convinto.
Ha ragione chi dice che il malaffare, la corruzione e l'eccessivo peso che i partiti hanno assunto in questi anni sono tra le ragioni della crisi del sistema politico e democratico dell’Italia. Ma tutto ciò non può farci nascondere che il tema è che le istituzioni non funzionano come dovrebbero e appaiono lontane e distanti dai problemi concreti delle persone, del loro presente e del loro futuro, soprattutto oggi che siamo in un tempo di crisi.
Per questo servono le riforme. Per dare risposte a ciò, per rinnovare gli strumenti della democrazia, per ridare credibilità e dimostrare che si sa cambiare davvero, guardando alle esigenze del Paese.
Serve cambiare per ridare forza alla nostra democrazia.
D'altra parte, gli stessi Padri Costituenti avevano previsto che la Costituzione poteva e doveva adeguarsi nel tempo ai mutamenti.

Il lavoro dei relatori e della Commissione insieme al Governo ci ha consegnato un testo che condivido in gran parte, che disegna un assetto istituzionale coerente con la discussione avvenuta in questo Senato e fuori da qui, che tiene conto della questione che molti hanno sventolato in quest'Aula delle garanzie, degli equilibri istituzionali, dei pesi e contrappesi.
Con questo testo, si supera il bicameralismo perfetto e si crea una Camera sola che dà la fiducia al Governo e che viene eletta direttamente dai cittadini. Si avrà poi un Senato che rappresenterà i territori, le Regioni e i Comuni, a cui vengono conferite funzioni chiare e importanti dal testo licenziato in Commissione. Un Senato che deve rappresentare le Regioni e i Comuni e per questo si compone di rappresentanti eletti su base proporzionale da questi enti. Non nominati, quindi, ma eletti dai consiglieri regionali, i quali a loro volta sono eletti in tutte le Regioni con le preferenze.
Non dobbiamo nasconderci, è giusto e naturale che una diversa legittimazione sia legata alla diversa natura e funzione che attribuiamo alle due Camere.
La revisione del Titolo V – sempre contenuta nel disegno di legge - è utile a superare i limiti dell'attuale normativa e a ridurre i contenziosi, che però - come rischiava di fare il primo testo del Governo - non svuota, ma anzi valorizza le Regioni e gli enti locali.
Certo ci sono ancora questioni aperte.
Da molti è stata posta con forza la questione di un'elezione del Presidente della Repubblica che non sia legata all'eventuale elezione maggioritaria della Camera. È stata fatta una scelta utile da parte della Commissione, quella di stabilire maggioranze qualificate per le prime votazioni. Forse non basta.
Personalmente, sono uno dei firmatari dell'emendamento del senatore Gotor che propone di estendere ai Parlamentari europei la platea per l'elezione del Presidente della Repubblica, il che garantirebbe un maggior equilibrio, essendo anche i parlamentari europei eletti con il sistema proporzionale.
Ciò che trovo anacronistico però - lo voglio dire a Corradino Mineo ma anche ad altri - è che non si può parlare da una parte di pericoli autoritari e poi pensare all'elezione diretta di un Presidente di garanzia, come già hanno detto in molti.
Poi penso che ci sia un tema su cui ancora lavorare che è quello della rappresentanza.
Dico una cosa chiara: penso che sia giusta la soluzione che si è trovata sul referendum abrogativo e che dia più forza a questo strumento.
Vorrei ricordare dare a tutti che stiamo intervenendo su un istituto, quello del referendum abrogativo, che è in crisi e non perché sono troppe o troppo poche le firme da raccogliere, ma perché, prevedendo la necessità del 50% di votazione del corpo elettorale, questo strumento viene svuotato.
È stato svuotato in questi anni: lo strumento del non voto e del far mancare il quorum è diventato uno strumento decisivo che ha impedito l'espressione vera dei cittadini. E la proposta che viene fatta dalla Commissione su questo, introducendo una percentuale rispetto a coloro che sono andati a votare nelle ultime elezioni, dà la possibilità e creerà le condizioni perché i referendum ed i referendum abrogativi che si faranno in questo Paese siano veri e nessuno potrà più giocare sul non mandare al voto le persone.
L'Assemblea può intervenire ancora e meglio per dare più efficacia alle proposte di iniziativa popolare.
E ancora - e insisto, perché voglio tranquillizzare tutti - la mia parte politica pensa che il referendum confermativo per le riforme costituzionali debba diventare una norma e non essere legato alla percentuale di parlamentari che voteranno questo disegno di legge e, quindi, credo che questa riforma andrà sottoposta a referendum confermativo anche qualora raggiungesse i due terzi dei voti nelle Camere.

Non voglio ergermi a giudice di questa discussione, però avrei preferito una discussione in quest'Aula incentrata maggiormente sul merito del provvedimento in esame e meno sulle dietrologie.
Credo che questo avrebbe meritato il lavoro svolto dalla Commissione, dai relatori e la responsabilità che abbiamo verso il Paese.
Davvero credo che in questa discussione stiano emergendo - lo dico soprattutto ai colleghi di Sinistra Ecologia e Libertà - semplificazioni e confusioni che hanno spesso condizionato negativamente la vita del Paese e pesato sulla storia della sinistra italiana. Ci sono dei non detti su cui credo sia giusto fare chiarezza, non detti che sottendono questa discussione e che vanno esplicitati.
Perché si ha paura di un sistema che produce stabilità tra un'elezione e l'altra? La stabilità in molti interventi non sembra un'opportunità per il Paese, ma viene definita “fame di potere”. Perché spaventa se attorno ad un progetto come quello del Presidente del Consiglio si raccoglie un consenso vasto? A quel punto scatta subito l'allarme.
Se tanti elettori non la pensano come me e votano Renzi non significa che ci sia un regime.
Credo sia sbagliata l'idea per cui la democrazia si difende non cambiando nulla o, peggio, che stabilità, governabilità e consenso diventano un insulto, un problema; che il caos e la ingovernabilità diventano la garanzia della democrazia. Se no, non c'è democrazia.
Questa idea è un problema drammatico per l’Italia, che ha segnato la discussione politica di questo Paese.
Miglioriamo ancora questo testo, ma non dobbiamo avere paura di cambiare. I cittadini non ci perdoneranno se tra di noi prevarrà la voglia di difendere l'esistente anziché assumerci fino in fondo la responsabilità di cambiare. Nessuno di noi, neppure il Movimento 5 Stelle, è stato eletto per difendere l'esistente (come invece sta facendo con questa opposizione alle riforme).
Non sarà una riforma dei Regolamenti parlamentari per impedire l'ostruzionismo delle opposizioni a risolvere i problemi del Paese.
E si vuole difendere la democrazia, gli esponenti del Movimento 5 Stelle devono imparate da ciò che ha detto la senatrice Cattaneo: imparare a rispettare gli altri, le loro opinioni, quelli che non la pensano come loro e, soprattutto, le persone in quanto tali.
Lavoreremo ancora nei prossimi giorni in quest'Aula, ma questo è il tempo delle riforme.
E al senatore Minzolini voglio ricordare che di tempo non ce n'è più, non per i fantasiosi disegni di Renzi che ha descritto nel suo intervento ma perché se non facciamo le riforme - e questo ne è il tempo - saranno i cittadini a cacciarci tutti, a breve. E questa volta senza appello!

Video dell'intervento»
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