Sul decreto riguardante la droga
Intervento in Senato: Signora Presidente, il Gruppo del Partito Democratico esprimerà convintamente un voto favorevole sul provvedimento in votazione.
Come in ogni provvedimento, vi è un equilibrio delicato che è stato raggiunto in un dibattito difficile, che sottende urgenze, ma consente di compiere passi avanti.
La prima considerazione riguarda la disattenzione, avvertita nel dibattito, sulla parte relativa al farmaco, che viceversa è un punto importantissimo per la vita delle persone. È una riflessione che credo tutti - a partire dai media - dovranno cominciare a fare. Non è possibile, infatti, che si discuta esclusivamente di ciò che fa clamore e non di ciò che concretamente migliora la vita delle persone.
La storia delle dipendenze è molto travagliata nel nostro Paese. Innanzitutto, sottolineo che per la prima volta iniziamo a parlare di dipendenze e non parliamo esclusivamente della tossicodipendenza, entrando finalmente nel novero mondiale del linguaggio scientifico.
La storia delle dipendenze è molto travagliata nel nostro Paese. Innanzitutto, sottolineo che per la prima volta iniziamo a parlare di dipendenze e non parliamo esclusivamente della tossicodipendenza, entrando finalmente nel novero mondiale del linguaggio scientifico.
Per dipendenze si intendono quelle da sostanze psicotrope, ma anche quelle da abuso di alcol e gioco. Insisto su questo punto e spero che la legislazione italiana quanto prima possa smettere di parlare di ludopatia e inizi finalmente a parlare di dipendenza patologica dal gioco, cosa che è fortemente connessa all'alcol e alle tossicodipendenze e cambia la vita di tante persone, molte delle quali giovani.
Mi chiedo allora, proprio perché si tratta di una storia lunga e travagliata: perché continuiamo a parlare esclusivamente della cannabis? Lo chiedo anch'io. Perché non parliamo delle morti per alcol? L'Organizzazione mondiale della sanità ha detto che nel mondo, ogni tre minuti, muore una persona per abuso di alcol. In Italia, per fortuna, il margine è ancora molto più basso, ma proprio per questo dovremmo essere incentivati a un lavoro serio di prevenzione, innanzitutto verso i giovani. Vorrei che qualche volta dicessimo con più forza che l'alcol è tra le principali cause di incidenti stradali.
Certamente capisco che le famiglie siano agitate e preoccupate, ma a queste famiglie come rispondiamo? Chiudendo in galera l'adolescente o con politiche di prevenzione? Questo è infatti il tema oggi all'ordine del giorno.
Credo si sia parlato fin troppo delle tabelle e degli spostamenti all'interno delle tabelle. Voglio dire che c'è una pubblicistica scientifica davvero molto ampia, che discute in modo serio sul fatto che l'efficacia sia più importante della potenza e che la tossicità della cannabis sia limitata e indipendente dalla dose assunta e non comparabile a sostanze d'abuso dagli effetti di tossicità letali, comparabili quindi ad alcol, eroina e cocaina: questo è un dato scientifico. Altro dato sono le indiscusse conseguenze negative del consumo di cannabis, le potenzialità di abuso e di dipendenza, che dipendono però da diversi elementi, quali la vulnerabilità individuale, la via di somministrazione e la durata del consumo. Di questo dobbiamo parlare: non del giochino tra le tabelle, ma di come ci si occupa delle persone che sono soggette a dipendenza.
Sia chiaro: con questo provvedimento, dal punto di vista della giustizia, non c'è nessun cedimento per ciò che riguarda la questione della lieve entità: restano le norme severissime, che puniscono con un minimo di vent'anni di detenzione nel caso di associazione criminale e mafiosa, e inoltre, se sono coinvolti i minori e se c'è lo spaccio davanti a scuole, ospedali e luoghi di aggregazione, la norma sulla lieve entità non si applica. Non c'è nessun cedimento dunque, ma l'interesse a prevenire, curare e riabilitare e non quello a sorvegliare e punire: è una vecchia storia, che ha riguardato gli ordinamenti penitenziari nel mondo e che oggi non possiamo che superare. Il decreto in esame ci fa fare un passo avanti: prevenire, curare e riabilitare, in nome di un diritto mite, con pene alternative al carcere, con programmi certi e personale adeguato.
Insomma, su questo problema vogliamo finalmente entrare nella modernità dal volto umano. I sistemi sono tanti: c'è una sanità penitenziaria che ha moltissimi problemi, ma che va coinvolta. Ci sono le comunità di recupero. Voglio dire ai colleghi, signora Presidente, che le comunità di recupero e riabilitazione non sono degli agriturismi per le vacanze: sono dei luoghi seri, in cui si adottano programmi di cura e riabilitazione, anche con una certa rigidità e quindi non c'è un problema che riguarda la sicurezza dei cittadini, ma un problema di controllo e di funzionamento di questi luoghi.
Infine, ci sono i servizi territoriali, ovvero i SERT: approfitto dell'occasione per dire al Governo che i SERT devono tornare nell'alveo della sanità, perché non possiamo continuare a pensare che prevenzione, cura e riabilitazione siano solo un problema di carattere sociale. C'è infatti un tema sanitario, che riguarda la salute delle persone.
Inoltre, voteremo la fiducia anche per le scelte fatte sui farmaci off label, regolati all'articolo 3 del provvedimento in esame, di cui non abbiamo mai parlato, ovvero i farmaci con indicazioni terapeutiche diverse da quelle che ne autorizzano la messa in commercio. Vorrei dire, usando una metafora, che è stato davvero «stupefacente» che questa parte sia stata lasciata in ombra nel nostro dibattito e anche dalla maggior parte dei media. Questo per l'appunto dispiace, perché stiamo parlando di questioni che hanno a che fare con la vita delle persone malate e quindi con qualcosa che nella vita di tutti, di tutte le famiglie e di ciascuno di noi, inevitabilmente - ahimè - prima o poi può succedere e succede.
Parliamo allora della sicurezza, dell'efficacia, della fiducia nei confronti del Servizio sanitario nazionale, quindi della fiducia da parte dei cittadini nelle istituzioni della Repubblica; di questo stiamo parlando. Certo, ci sono questioni che riguardano il mercato, come dimostra la sentenza dell'Antitrust sul caso Avastin-Lucentis, ma più in generale riguardano lo sviluppo del mercato, del farmaco, della ricerca, della funzione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e infine dei costi per il Servizio sanitario nazionale e la tutela del suo universalismo.
Voglio fare un esempio: tra poco approderà il farmaco antiepatite anche in Italia, efficace ma costosissimo: a chi verrà data la possibilità di usufruirne? A chi ha i soldi? A chi ha meno di 70 anni?
A chi può permetterselo? A chi ha l'amico nel Ministero o da qualche altra parte? Non credo si possa proseguire in questo modo. E quale rapporto ci sarà tra l'AIFA e le Regioni, anche per i farmaci oncologici? E che cosa succederà per i prossimi farmaci off label?
Sono domande importanti, alle quali il decreto inizia a dare risposte.
Abbiamo bisogno, come Parlamento, di decidere in modo informato e con la necessaria prudenza che le istituzioni richiedono, ma con un'unica bussola: l'interesse per la vita delle persone, per il loro benessere fisico e psichico, per la loro sicurezza. Questo è il coraggio che ci vuole: non ci vuole un «bel coraggio» a fare un provvedimento del genere. Questo è il coraggio che ci vuole: non il coraggio dei divieti, ma quello del rispetto umano, non il coraggio del perbenismo indifferente, ma il coraggio di entrare nei problemi, di capirli e anche - perché no? - di risolverli; che pretesa che ha il PD in questo Paese, risolvere i problemi!
Questo è il nostro coraggio, e per questo voteremo la fiducia.