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Il caso Mineo

Scritto da Lorenzo Gaiani, Emanuele Fiano, Franco Mirabelli, Roberto Modugno.

Lorenzo GaianiProponiamo alcuni commenti alla vicenda della sostituzione di Corradino Mineo alla Commissione Affari Costituzionali del Senato e alla reazione dei senatori che si sono autosospesi dal PD.
Lorenzo Gaiani (Sindaco di Cusano Milanino): "Ma insomma dove credevano di essere Mineo e soci? In un albergo a ore? In un luogo magico dove alcuni hanno soltanto diritti ed altri soltanto doveri? In un partito e in un gruppo parlamentare, una volta che c'è una linea condivisa democraticamente sancita (cosa diversa dai mutevoli umori di due tirannelli da strapazzo come accade altrove), quella linea si segue, e servirsi delle posizioni acquisite nelle istituzioni grazie a quel partito e a quel gruppo parlamentare per fare ostruzionismo rispetto alla linea del partito è un atteggiamento culturalmente disonesto. 
Vannino Chiti, poi, che fu dirigente del PCI di Berlinguer dovrebbe ricordare che il dolce Enrico era rigorosissimo nell'esigere la disciplina di partito, e non esitò, pur avendo fino all'ultimo cercato di mediare, a promuovere e votare la radiazione del gruppo del "Manifesto", come pure tutte le altre misure disciplinari che si resero necessarie nel periodo della sua segreteria. Il dubbio di fondo è che esista una corrente profonda del PD che detesta l'idea di un PD vincente e governante, e rimette in scena la ritrita commedia della purezza ideologica per mascherare una disperante mancanza di idee e di prospettiva politica. Veramente il PD e l'Italia meriterebbero di meglio".

Emanuele FianoEmanuele Fiano (Capogruppo PD nella Commissione Affari Costituzionali alla Camera dei Deputati): "Scusate, ma fatta salva la sacrosanta validità dell'Art 67 della Costituzione, secondo cui «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato», pongo una domanda reale: un partito la cui stragrande maggioranza interna, degli organi decisori interni democraticamente eletti e preposti a fissare la linea politica, delle assemblee parlamentari, ha deciso una determinata linea di riforme costituzionali, sulla quale, anche se indirettamente, ha recentemente ricevuto un plauso elettorale senza precedenti, può permettersi di vedere bloccata o deviata la propria linea per un pur legittimo dissenso di una minoranza parlamentare? Perché se la risposta è si, ho idea che noi le riforme non le faremo mai, o meglio le riforme che vogliono la stragrande maggioranza dei democratici e a giudicare dal voto anche degli elettori, perlomeno delle europee. Se la risposta è no, dobbiamo trovare la strada per cui il dissenso interno si esprime democraticamente senza fermare la maggioranza, anzi aiutandola magari a migliorare il proprio lavoro. Per me la risposta è la seconda. Esiste una parte minoritaria del partito che non si esprime come Renzi sulle riforme. Il dissenso è il sale della democrazia, ma l'obiettivo della maggioranza non si può fermare per una persona o una minoranza. Sbaglia chi pensa che la sostituzione in commissione sia una violazione dell'art.67, la maggioranza ha il diritto a perseguire gli obiettivi che si è proposta".

Franco MirabelliFranco Mirabelli (Capogruppo PD in Commissione Antimafia): "Trovo inaccettabile che tra gli applausi di Forza Italia e dei grillini si metta in discussione in Aula il pluralismo e la democrazia nel Pd. Invito a riflettere sul fatto che la Direzione del partito, i gruppi parlamentari, che si sono consultati attraverso molte riunioni ed assemblee e soprattutto gli elettori il 25 maggio hanno chiarito qual è il mandato dei Democratici: fare le riforme. Il Pd vuole mantenere fede a quel mandato ed è sinceramente curioso che, dopo l'espressione chiara di tutti gli organi decisionali del nostro partito e dei gruppi parlamentari, chi vuole portare a termine il cammino delle riforme sia accusato di essere autoritario ed antidemocratico. Non c'è stata nessuna demonizzazione del dissenso, nessuna violazione, ciascuno sarà libero di manifestare il proprio dissenso come è stato fatto sulla legge elettorale alla Camera, senza vincolo di mandato. Altro ragionamento si deve fare in commissione dove si è per rappresentare il gruppo, il gruppo di maggioranza che si trova impegnata a fare una delle cose prioritarie su cui ci siamo impegnati con gli elettori. Nonostante nove riunioni di gruppo non si è riusciti ad avere il pieno supporto degli accordi politici nelle commissioni e perciò si è arrivati a questa decisione. Affermare, come fa Chiti, che nella vicenda che ha portato alla sostituzione di tre senatori in commissione Affari costituzionali al Senato è stato calpestato l'articolo 67 della Costituzione non è corretto e non è vero. Come non è vero che in questo modo si trasformano le commissioni parlamentari in organi di partito. Chiti sa bene che l’articolo 67 non c'entra nulla. Nessuno mette in discussione la libertà di espressione. Qui parliamo del lavoro delle commissioni, nelle quali si viene designati dai gruppi e della necessità che chi siede in queste commissioni, pur mantenendo la libertà di mandato, rappresenti le scelte politiche del gruppo a cui appartiene. E' una disposizione regolamentare che diventa anche necessità politica quando l'equilibrio tra maggioranza e opposizione si regge su pochi voti di scarto. Chiti è troppo esperto per non sapere queste cose. Come sa che il confronto democratico nel gruppo è stato ampiamente assicurato in tutta la legislatura. Garantire la democrazia vuol dire far si che ci sia il rispetto dell'opinione di tutti ma che alla fine, quando si decide e si rappresenta una forza politica, sia rispettata la volontà della maggioranza". Video dell'intervento alla Direzione Nazionale del PD».

Roberto ModugnoRoberto Modugno (Consigliere Provinciale Milano): Lettera a Massimo Mucchetti - "Egr. Senatore Mucchetti, quando nel febbraio di un anno fa, in occasione delle elezioni politiche, ho trovato il suo nome in testa alla lista del Partito Democratico nella circoscrizione 1 Lombardia, io, che ho tanto lavorato alle primarie per la scelta dei parlamentari, ho superato in un attimo lo stupore dovuto alla sensazione del paracadute ed ho invece immediatamente accolto con convinta soddisfazione la scelta consapevole dell’importanza dell’allargamento che il mio partito riusciva a compiere con la sua figura (insieme a tante altre). Oggi sono fortemente amareggiato ed indignato per il suo atteggiamento che tradisce certamente le mie aspettative ma, ancora di più, il profondo bisogno di attività riformatrici che ha il nostro Paese. Riforme vere e radicali per le quali necessitano convinzione e compattezza da parte di coloro che hanno il compito di guidarle. A costo di assunzioni di responsabilità personali di ciascuno che possono a volte configgere con le proprie convinzioni. La invito, quindi, a ritirare la sua autosospensione ed a riprendere quel lavoro collettivo per il quale è stato chiamato dal Partito Democratico prima ancora che dall’elettorato".  
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