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Maroni rifletta sul risultato elettorale

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Dopo il risultato straordinario ottenuto dal centrosinistra nei Comuni lombardi e la sconfitta storica subita dal centrodestra, sarà il caso che il Presidente Maroni, anziché continuare a dispensare consigli al Governo nazionale, rifletta sul giudizio negativo da parte degli elettori che coinvolge anche il suo governo regionale. Ormai solo due capoluoghi di provincia in Lombardia sono rimasti al centrodestra e hanno perso in tutti i piccoli Comuni, con rarissime eccezioni.
Evidentemente Maroni non ha saputo rispondere ai bisogni dei cittadini lombardi e degli stessi ceti produttivi della nostra Regione.
Casa, sanità, taglio delle spese inutili restano questioni urgenti. L’immobilismo della Regione e del centrodestra è evidentemente stato punito dagli elettori.

Intervento di Franco Mirabelli a MilanoW sull'esito dei ballottaggi:
Quello che è cambiato lo abbiamo già visto con le elezioni europee: il Partito Democratico ha messo in campo una proposta politica di cambiamento del Paese credibile e gli elettori hanno risposto positivamente.
Già il risultato delle europee, infatti, è stato sorprendente andando a guardare i flussi. Sul risultato della Regione Lombardia di un anno fa ha pesato il fatto che quella domanda di cambiamento che c’era non eravamo riusciti a interpretarla.
Oggi, il PD di Renzi ha in campo una proposta politica, che il governo ha ben interpretato, che riesce a parlare ai ceti produttivi - che tradizionalmente votavano diversamente - e a soggetti che ci hanno spesso consegnato la sconfitta in queste aree del Paese, come le piccole e medie imprese. Oggi abbiamo messo in campo una proposta che evidentemente questi soggetti considerano importante, tanto che abbiamo vinto anche in questi ceti.
Si è molto sottovalutato il segnale dato con la riduzione dell’IRAP, se ne è parlato poco anche sui media. È vero che il risparmio per le aziende in questo momento è limitato però è anche vero che, per la prima volta, dopo anni di annunci e promesse di riduzione dell’IRAP, è stato fatto qualcosa di concreto. E la risposta complessiva del mondo economico di fronte ad una proposta che dà speranza al Paese è stata positiva e di fiducia e questo ha influito, ovviamente, in questi territori.

Alle elezioni per Comuni, tradizionalmente, il centrosinistra va meglio proprio perché ha un maggiore radicamento territoriale e una maggiore capacità di parlare con i cittadini.
C’è una tradizionale capacità del PD di stare sul territorio e una capacità di avere costruito, in questi anni di lavoro politico sui territori, dei gruppi dirigenti e degli amministratori locali credibili.
Quando non si governa rispondendo ai bisogni dei cittadini, i cittadini poi ti penalizzano, vale per tutti. I cittadini decidono sulla base di ciò che un sindaco e un’amministrazione fanno concretamente. A Pavia, Cattaneo, candidato dal centrodestra, ha scelto di presentarsi come un leader nazionale (leader della componente dei Formattatori di Forza Italia) nel momento in cui c’erano problemi concreti nella città che sono apparsi in secondo piano nelle priorità del sindaco e questo per lui è diventato un problema e nell’esito del voto lo si è visto.
Lo stesso è accaduto al centrosinistra a Perugia, città che è diventata una delle principali piazze del traffico di droga e su questo il centrodestra ha costruito la sua campagna elettorale, risultata poi vincente.
I sindaci hanno poteri limitati ma se i cittadini vedono che i propri problemi non vengono risolti poi, nel voto, si vede.

In questa fase, vi era anche una forte esigenza di cambiamento e dove questa proposta non è stata ben interpretata o dove il PD è stato visto come il rappresentante dello status quo (come ad esempio è accaduto a Pioltello, nel milanese) abbiamo perso perché ha pesato l’idea di un partito che si è posto con la continuità anziché con il rinnovamento.
Abbiamo perso dove il PD è stato identificato con il sistema di potere. Da troppo tempo il centrosinistra si è radicato in alcuni Comuni senza avere una capacità di apertura all’innovazione e lì siamo stati puniti.
A Pioltello si è chiusa adesso l’inchiesta sulle bonifiche della SAIPEM e non è stato trovato alcun coinvolgimento della Giunta, tuttavia, proprio a fronte delle vicende giudiziarie accadute, era opportuno dare segnali di forte discontinuità. Invece, siamo stati letti dagli elettori come i continuatori del sistema e si è anche fatta una campagna elettorale tutta incentrata sulla valorizzazione delle cose positive fatte dalla giunta precedente di centrosinistra, dimenticando che comunque non era utile rivendicare un continuismo in una situazione del genere.
Il centrosinistra ha dato l’impressione di essersi un po’ seduto dopo aver governato da sempre quel Comune e questa è una fase in cui si chiede alla politica di essere veloce, di cambiare e di aprirsi anche al nuovo e questo non si è riusciti a farlo percepire dagli elettori come uno degli obiettivi per Pioltello.

Non ho dubbi sul fatto che l’alternanza possa essere anche una cosa utile per il Paese. In queste campagne elettorali, però, si è confrontata una proposta politica con l’idea di distruzione e questo secondo atteggiamento (messo in campo dal Movimento 5 Stelle) ha spaventato. Negli ultimi 15 giorni le cose sono cambiate anche perché è un po’ difficile mantenere quei toni sui territori per le elezioni amministrative. Sui territori, andando vicino alle persone, occorre avere elementi di programma, di progetto e di credibilità da spendere: non è urlando che si vince.
Il Movimento 5 Stelle è stato molto penalizzato dalle elezioni: ha eletto solo 2 sindaci a questa tornata elettorale. Inoltre, sia il Movimento 5 Stelle a Livorno che Forza Italia a Perugia hanno vinto perché il PD ha fatto anche degli errori.

Il Pd ha fatto un congresso con una scelta chiara che Matteo Renzi interpreta bene, dicendo che alle elezioni politiche si è sbagliato perché non siamo stati in grado di interpretare il cambiamento mentre il punto è saper cambiare noi stessi per diventare credibili come forza di cambiamento anche all’esterno. Oggi, al governo del Paese, siamo riusciti a dare speranza e credibilità ad un progetto vero di trasformazione che la società italiana aspettava da tempo.
Non è la prima volta che ci accorgiamo che c’è bisogno di trasferire questa spinta per il cambiamento anche sui territori e lo abbiamo fatto in molte occasioni perché altrimenti non avremmo riconfermato tante amministrazioni e non avremmo conquistato tanti posti nuovi. Il problema è che ci sono luoghi in cui il centrosinistra governa da tanto tempo ininterrottamente e non si è colta la necessità di dare segnali di cambiamento.
Il problema, quindi, non è nemmeno l’area di provenienza dei candidati ma è che in alcuni luoghi dove governavamo da anni siamo stati identificati come parte del sistema e distanti dal senso comune della città e siamo stati punti per questo. A Livorno, come a Pioltello, però, l’altro elemento è che siamo andati divisi. Basta guardare i dati elettorali del primo turno e in quei luoghi si vedeva la differenza tra il voto alle europee e quello amministrativo. C’è un pezzo del nostro popolo e anche gruppi dirigenti nostri che hanno fatto scelte diverse e hanno indebolito il centrosinistra.

Non è, quindi, l’affluenza a determinare l’esito del voto.
Che nel ballottaggio ci sia un’affluenza molto inferiore rispetto al primo turno non è una novità. Succede ogni volta anche perché ci sono elettori, che non trovando più il proprio candidato sulla lista o non dovendo più eleggere il Consiglio Comunale, non tornano alle urne. In ogni caso, non è stato così ovunque: ci sono anche ballottaggi in cui i voti sono aumentati per entrambi i candidati sindaci.
Non credo che ci sia una maggior astensione dei moderati al ballottaggio rispetto alle altre forze politiche, basta guardare i dati di Livorno, Perugia, Potenza.
Trasferendo questa discussione sul lavoro che si sta facendo in Parlamento sul fronte delle riforme istituzionali, non credo che si possa mettere in discussione il doppio turno a causa di questi risultati ai ballottaggi. Credo, anzi, che il doppio turno diventi lo strumento più efficace per garantire che alla fine ci sia una scelta chiara su chi ha vinto. Alla fine c’è una legittimazione diversa che esce dal secondo turno perché chi vince è stato indicato dalla maggioranza di chi si reca al voto.
In ogni caso, anche alla luce della discussione che stiamo facendo sulla riforma del Senato, non credo che dal Parlamento l’Italicum uscirà così come è entrato, si dovrà lavorare sicuramente sulle soglie di ingresso (probabilmente sarà abbassata la soglia di accesso perché ritenuta troppo alta da tanti partiti).

Tornando alle elezioni, resta l’esito generale molto positivo del centrosinistra e il risultato straordinario ottenuto dal Partito Democratico quasi ovunque.
A questa tornata elettorale, infatti, il centrodestra ha perso la capacità di radicamento sul territorio e nei ceti produttivi che ne aveva fatto la forza per molti anni.
Le scelte di Berlusconi e di Forza Italia, che ancora una volta hanno privilegiato altri interessi rispetto a quelli del Paese, uscendo dal Governo dopo il voto sulla decadenza al Senato, hanno penalizzato quel partito.
Dalla discussione che si è aperta nel centrodestra in seguito al risultato elettorale, auspico che esca un centrodestra rinnovato, che superi il berlusconismo ma non assuma come modello Marine Le Pen o gli euroscettici.
Maroni si è detto soddisfatto del risultato di Padova perché lì c’è l’unico sindaco leghista eletto.
Forse Maroni farebbe meglio a chiedersi se non c’è un rapporto tra questi voti in Lombardia e la sua incapacità di affrontare i problemi.
Il centrosinistra, in questa Regione, non ha mai avuto tutti i capoluoghi di provincia ad eccezione di quello di Mantova, oggi invece li ha conquistati (ad eccezione di Mantova e Varese) e questo è avvenuto proprio nei due anni in cui Maroni è diventato Presidente della Lombardia. Maroni dovrebbe domandarsi se in questi voti che il centrodestra ha perso non c’è anche l’incapacità del suo schieramento di valorizzare un governo regionale che è assolutamente inadempiente. Al di là delle dichiarazioni di Maroni, che spesso riguardano il governo nazionale, infatti, non si hanno notizie di riforme vere sulla sanità né tanto meno su questioni urgentissime come il tema della casa e delle ALER. Sicuramente, a breve ci spiegheranno anche che tutto quello che non funziona in Lombardia dipende dalla Spending Rewiew ma con essa non si chiedono a Regioni e Comuni di tagliare i servizi ma di tagliare le spese inutili, e si tratta di 130 milioni in tutta Italia.
Maroni già si lamenta di questo e, sicuramente, lo farà ancora però, nel frattempo, ha dato gratifiche di 20mila euro ciascuno ai dirigenti della Regione che già guadagnano oltre 200mila euro.
È sbagliato pensare di tagliare i servizi ma non si può neanche far finta che non ci sia un problema da affrontare inerente la riduzione dei costi della Pubblica Amministrazione. Se qualcuno sceglie di tagliare i servizi è perché non vuole tagliare le altre cose.
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