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Caso Aldrovandi

Scritto da Emanuele Fiano.

Emanuele Fiano
Intervista di Federica De Iacob a Emanuele Fiano per EuroRoma.net.
Applausi. Così gli esponenti del Sap, il sindacato autonomo di polizia, hanno accolto gli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi. L’occasione è il raduno dei delegati di polizia a Rimini, tutto si svolge in un hotel il 29 aprile scorso, i partecipanti discutono dell’ordine del giorno: accorpare le forze dell’ordine per risparmiare risorse ed evitare inutili contrasti fra i diversi corpi dell’arma. Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri, i quattro agenti condannati in via definitiva nel caso Aldrovandi, entrano in sala accolti da una standing ovation. In prima fila siedono il Prefetto Pansa, l’eurodeputata pdl Lara Comi, Maurizio Gasparri e l’esponente di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa. I delegati del Sap manifestano solidarietà ai colleghi ritenuti “vittime di un errore giudiziario” per cui sarebbe necessaria “un’operazione di verità”.
La reazione di Patrizia Moretti, madre di Federico, è immediata: “mi si rivolta lo stomaco”. Immediata anche la condanna, pressoché unanime, del mondo politico. Per Matteo Renzi è una “vicenda indegna”, il Ministro dell’Interno Alfano parlerà di “gesto gravissimo”.
Solidarietà alla famiglia Aldrovandi arriverà anche dai presidenti di Camera e Senato, dal Presidente della Repubblica sottoforma di lettera e dal Capo della Polizia Alessandro Pansa che si recherà in visita dalla madre di Federico. L’unica nota stonata è quella del segretario della Lega Matteo Salvini che su facebook scrive: “io sto con poliziotti e carabinieri”. Poi, arriva l’immancabile Giovanardi: “Il caso Aldrovandi? È come un incidente stradale”. Solo un anno fa l’attuale esponente Ncd aveva dichiarato che la macchia rossa dietro la testa di Federico, visibile nella nota fotografia del cadavere del diciottenne, è in realtà un cuscino. La dichiarazione di Giovanardi rinfocola la polemica, le sigle sindacali della polizia si spaccano: da una parte il Sap e il Consap (confederazione sindacale autonoma di polizia) rivendicano il gesto e attaccano direttamente il Prefetto Pansa, che aveva definito gli applausi “comportamenti gravi”.
A difesa del Capo della Polizia si schiereranno invece le sigle del Silp Cgil e del Siulp, attualmente il primo sindacato per numero di iscritti. Gianni Tonelli, segretario del Sap, continua la sua battaglia. Nel giro di due giorni rilascia dichiarazioni e interviste a tutte le testate e le reti tv della penisola, dicendo più o meno la stessa cosa: che i quattro agenti condannati hanno avuto la vita e la carriera distrutta da un errore giudiziario, che loro continueranno a manifestare solidarietà ai colleghi, e che, sebbene rispettino il dolore della famiglia Aldrovandi, per il Sap è necessaria una revisione del processo. Manco a dirlo, il dibattito rimonta a più non posso. Finché lo stesso Tonelli scrive una lettera di chiarimento a Giorgio Napolitano, pubblicata il 3 maggio da Il Tempo: “ecco la verità sugli applausi”, questo il titolo. Il segretario del Sap spiega le sue proposte per garantire un controllo più severo sui poliziotti (telecamere sul casco e magistrati sul campo), lamenta certe storture mediatiche mandate in onda da alcune televisioni tra cui la Rai, rivendica la sua battaglia per la verità, infine si scusa per aver provocato il succitato clamore.
Sulla vicenda, Euroroma ha raccolto le dichiarazioni di Emanuele Fiano, responsabile sicurezza Pd, che a vicenda ancora calda aveva dichiarato: “Sono sempre stato dalla parte dei diritti di chi lavora in condizioni difficilissime per la sicurezza del Paese ma uno Stato di diritto sta in piedi solo se vengono rispettate le competenze di tutti i suoi corpi. La sentenza di quel terribile omicidio va rispettata da tutti”.
Onorevole, non è la prima volta che si solidarizza con gli aguzzini di Aldrovandi. Prima degli applausi agli agenti ci sono stati gli insulti sulla pagina facebook della madre di Federico, e le manifestazioni sotto agli uffici del comune di Ferrara, cioè dove lavora Patrizia Moretti. Cosa si può fare in concreto per fermare queste provocazioni?
La domanda non è semplice. Innanzi tutto, ci tengo a dire che l’ovazione è inaccettabile. La condanna inflitta ai quattro agenti parla di eccesso colposo, la sentenza non si può assolutamente discutere. Voglio ribadirlo per fugare ogni dubbio sulla mia posizione. Quello che mi viene da pensare, però, è che ci sia un forte scontento tra le forze dell’ordine dovuto ad anni di tagli nel settore. Per questo mi sono stupito che il Sap abbia dato ampio spazio ai membri di Forza Italia in quel congresso, visto che fu proprio il centrodestra a tagliare i fondi. Ovviamente, questa mia riflessione non vuole giustificare i pestaggi.
Non crede che sia paradossale che dei poliziotti contestino l’operato della magistratura?
Non è paradossale, è semplicemente assurdo. I poliziotti devono rispettare le sentenze, punto.
I quattro agenti condannati hanno beneficiato, a vario titolo, dell’indulto varato nel 2006 e della legge Severino, la cosiddetta svuota-carceri. A cosa serve dare oggi la solidarietà alla famiglia Aldrovandi se i condannati sono stati graziati da leggi volute o votate dal centrosinistra?
Le leggi non si fanno per un caso specifico. L’indulto fu fatto per il sovraffollamento carcerario, che è un’altra questione molto grave.
Associare una legge ad ampio raggio come l’indulto con il caso specifico di Aldrovandi non lo trovo giusto. Il punto è che quando si compilano leggi di questo tipo può accadere che nella casistica della legge rientrino determinati casi. Resta il fatto che è doveroso condannare simili comportamenti ed esprimere solidarietà ai familiari.
Crede che bisognerebbe rivedere la casistica dell’indulto o della svuota-carceri?
Guardi, io credo che il Pd abbia fatto tutto ciò che gli era possibile. Poi, Lei sa bene che negli ultimi anni la maggioranza parlamentare non è stata omogenea. Da parte nostra, ritengo di aver portato a termine un buon lavoro, ma mettere d’accordo tutti è difficile.
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