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Una legge da cambiare

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo Gaiani Quali sono gli esiti della sentenza della Corte costituzionale che è intervenuta il 4 dicembre a proposito della legge elettorale per la Camera e il Senato, il cosiddetto “porcellum”? La domanda non è peregrina perché la lettura dei giornali consegna immagini fuorvianti come se vi fosse stata una sorta di “tabula rasa” in una materia estremamente complessa che regge e indirizza la modalità di selezione del Parlamento della Repubblica e quindi condiziona insieme l’attività legislativa e quella del Governo, che del Parlamento deve avere la fiducia.
Vediamo i punti fondamentali: la Corte costituzionale – che deve ancora pubblicare le motivazioni della sentenza- ha ritenuto incoerente con l’impianto della Costituzione il fatto che il premio di maggioranza assegnato a livello nazionale alla Camera e a livello regionale al Senato
non avesse una soglia minima per scattare, permettendo di fatto alla “minoranza più ampia”, per così dire, di accedere al 54% dei seggi anche se oggettivamente il suo effettivo consenso popolare era ridotto.
Ciò significa che il premio di maggioranza è di per sé incostituzionale? No, perché la logica del premio di maggioranza è tuttora alla base del sistema elettorale dei Comuni e delle Regioni, essendo collegato al principio – inserito in Costituzione, per quanto concerne le Regioni- dell’elezione diretta del Sindaco e del Presidente, ai quali deve essere consegnata una maggioranza operativa all’interno delle rispettive assemblee. Inoltre, nel caso dei Sindaci, il premio di maggioranza del 60% dei seggi scatta solo in caso di raggiungimento della maggioranza assoluta dei voti validi espressi al primo turno (almeno nei Comuni con oltre quindicimila abitanti) ovvero nel ballottaggio che comunque assegna ad uno dei due candidati la maggioranza assoluta dei voti validi. Rimane inoltre in vigore, a livello nazionale, la soglia minima del 4% per l’accesso al riparto dei seggi che taglia fuori le forze minori.
In secondo luogo, la Corte ha dichiarato la legge elettorale – basata su liste rigide molto ampie- illegittima nella parte in cui non prevede la possibilità di dare almeno una preferenza per le scelte del deputato o del senatore di fiducia.
Ciò significa che solo la preferenza è coerente con il dettato costituzionale? No, perché ad esempio per tutto il periodo della cosiddetta Prima Repubblica, basata sul voto proporzionale, il Senato ed i Consigli provinciali venivano eletti in base a collegi uninominali. Ciò che la Consulta ha voluto sanzionare è stata la totale assenza di rapporto fra eletto ed elettore determinata da lunghe liste rigide che corrispondono a territori coincidenti a volta con un’intera Regione.
Ora ovviamente la palla torna al Parlamento, che non è delegittimato – l’illegittimità costituzionale opererà solo a far data dall’uscita delle motivazioni della sentenza, e comunque avrà validità da allora e non dal momento delle elezioni- ma si trova in una situazione ibrida che dovrebbe spingerlo prima possibile ad una riforma elettorale più o meno organica che sia coerente con l’obiettivo di dare ordine al sistema politico garantendo l’equilibrio fra governabilità e rappresentanza ma nello stesso tempo sapendo che la prima –specie in tempi difficili come questi – deve prevalere sulla seconda in quanto l’esistenza di un governo forte e legittimato dalla legge elettorale è l’unica condizione per l’adozione di quei provvedimenti che servono a contrastare le crisi sistemiche a livello economico e sociale. Peraltro, l’esperienza di questi anni nei Comuni e nelle Regioni, che è stata contrassegnata da un’indubbia stabilità dell’esperienza governativa, è forse la più apprezzata dai cittadini, e non è un caso che ad essa si guardi per la riforma della legge elettorale nazionale.
Ci siamo liberati da tempo dall’idea che la paralisi del sistema politico e la rinuncia alle decisioni fosse “più di sinistra” rispetto alla capacità di indirizzare positivamente il consenso verso scelte autorevoli e condivise.
La fedeltà alla Costituzione è ben altro dallo spirito museale per non dire cimiteriale che emana da certe manifestazioni , e di questo il PD deve essere ben consapevole.
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