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Nuovi Municipi e Pareri Urbanistici: dal buon governo a una pratica concreta

Scritto da Mattia Abdu, Antonella Bruzzese.

Mattia Abdu
Articolo pubblicato da Arcipelago Milano

Il decentramento amministrativo e i pareri che i Municipi, ex Consigli di Zona, esprimono rispetto all’azione dell’Amministrazione, costituiscono croce e delizia del protagonismo possibile ma non scontato della cittadinanza e dei suoi rappresentanti locali verso il Comune di Milano. Se la delizia è rappresentata dalla possibilità di contare nelle scelte e indirizzarne l’esito nell’interesse pubblico, proprio questa potestà può rappresentare la croce sull’efficienza del procedimento amministrativo quando una Zona, oggi un Municipio, può diventare l’avamposto di scelte NIMBY anche in contrasto tra livelli differenti dello stesso colore politico e non sempre coincidenti con un interesse pubblico ma con l’interesse di una comunità ristretta.
Riscoprire una responsabilità di governo che unisca l’efficienza dell’amministrazione alla tutela dei diritti cittadini non è quindi affare semplice, a cominciare dalle modificazioni dello spazio pubblico o anche di quello privato quand’esso abbia ricadute su una comunità. Nello specifico, entrando nel merito della richiesta di pareri in materia Urbanistica, così come è stata modificata dal nuovo regolamento dei Municipi, può essere quindi utile fare alcune precisazioni.
Ai Municipi non è più richiesto di fornire pareri “socio-ambientali” a interventi che “non comportino modificazioni della norma morfologica prevista dal Piano delle Regole del PGT”, quali tipicamente i sottotetti.
Per questi interventi, la conformità alle norme è demandata al responsabile del procedimento amministrativo mentre è in capo alla Commissione Paesaggio l’analisi del profilo architettonico dell’intervento. Questo però non significa che il Municipio abbia smesso di dare il proprio parere. Continua infatti a fornirlo, non vincolante bensì consultivo, in due casi:
– “per quei progetti che presuppongono il superamento delle norme morfologiche del PGT” che pur non avendo diretto effetto sulla trasformazione delle aree pubbliche, rivestono comunque particolare interesse nell’ambito territoriale di riferimento;
– e soprattutto “per gli interventi che prevedono opere di urbanizzazione secondaria e servizi (come scuole, chiese, impianti sportivi, ecc.) (art 22. 1. lett. l)”, in altri termini in quei casi per i quali ha diritto e dovere di dare indicazioni che possono essere dirimenti in merito ai servizi forniti e alla dimensione socio ambientale.
In sintesi, i progetti che comportano convenzionamenti relativi a spazi e servizi pubblici e superamento di norme morfologiche continueranno ad avere bisogno del parere del Municipio che in questi casi si esprimerà.
Vale la pena richiamare un’ambiguità lessicale che è probabilmente alla base dell’ambiguità stessa che vige tra componente politica e componente funzionariale dalle “Bassanini” in poi: se un parere non è vincolante ha senso darlo? E come può una figura “politica” inserirsi nel rilascio di un titolo edilizio (ma potrebbe essere anche commerciale o altro) vincolandone l’esito? D’altra parte allora riesce il Decentramento amministrativo a incidere (con i suoi rappresentanti) nelle scelte di governo del territorio?
Per uscire da questo paradosso amministrativo serve forse un cambio di prospettiva, che deve operare chi voglia vincere la scommessa di una amministrazione efficiente coniugata con la rappresentanza dei cittadini che lo hanno eletto: recuperare cioè la propria potestà di indirizzo non solo negli obiettivi di governo, ma anche nel modus operandi delle singole istanze trattate, come peraltro prevedono leggi e regolamenti. Non c’è più spazio per la politica dei sì e dei no ma dobbiamo imparare a dire come le cose si fanno.
Interessa cioè, rispetto a un ipotetico processo di trasformazione – comunque consentito in termini di legge – che il Municipio esprima parere contrario o favorevole (ingaggiando talvolta battaglie dai contorni e dall’esito confusi), oppure è meglio guidare e indirizzare le azioni degli operatori privati, chiedendo loro e pretendendo servizi pubblici, strade riqualificate, risorse per interventi che altrimenti non avremmo i soldi per realizzare? La seconda ipotesi, nell’opinione di scrive, può far perdere mordente ai Municipi su singole emergenze locali (ammesso che lo abbiano mai effettivamente avuto), ma consente di trasformare obiettivi generali di buon governo in pratica concreta.
Appare quindi velleitaria la difesa del caos pre-2013, fatto di ricorsi logoranti e scarsi risultati, e viene per contro dimostrata, per la ragioni sopra espresse, l’opportunità dell’assetto definito dal nuovo Regolamento dei Municipi che affronta pragmaticamente la necessità di amministrare efficacemente territori che arrivano fino a 180mila abitanti, simili quindi per popolazione e necessità a grandi capoluoghi di provincia italiani: può il consiglio comunale di Brescia occuparsi di autorizzare un sottotetto? La risposta è semplice: no.
Ciò non toglie che debba essere garantita in ogni caso ai Municipi una funzione di monitoraggio delle trasformazioni urbanistiche, espressa efficacemente dal rappresentante di nominato in Commissione Paesaggio. Perché l’opera di questo rappresentante sia efficace – è opportuno però affrontare alcuni nodi banalmente organizzativi come i tempi di convocazione della Commissione Paesaggio, come già sollecitato da una recente Conferenza dei Presidenti di Municipio, così come occorre trovare modalità efficaci di relazione periodica ed esaustiva da parte dei referenti dei Municipi come in quelli di cui siamo espressione hanno già iniziato a fare. Ogni passaggio è perfettibile, l’istituzione dei Municipi non è priva di difetti, ed è inderogabile il diritto di informazione di consiglieri e cittadini che risponde peraltro al principio di trasparenza della pubblica amministrazione, nei limiti del carattere endoprocedimentale del processo di rilascio dei titoli edilizi, più ampio per ciò che riguarda le modifiche degli spazi pubblici. Resta garantita inoltre la possibilità di conoscenza e presidio da parte dei Municipi delle trasformazioni del territorio (interventi edilizi) dall’utilizzo della strumentazione tecnica Only-One, di cui ogni Municipio è dotato.
In conclusione la consigliatura attuale costituisce, fuor di retorica, un mandato costituente rispetto alla nascita dei municipi milanesi. La tutela del territorio e gli indirizzi relativi alla sua trasformazione, rappresenta sicuramente un banco di prova importante non solo sul piano politico per chi governa, ma anche per capire quanto i nuovi poteri decentrati riescano ad incidere positivamente, aldilà delle valutazioni sulle singole materie di competenza. Ma perché questa scommessa possa essere vinta il personale politico e quello amministrativo devono costruire in maniera più organica un rapporto che fissi in maniera sistemica i contorni della potestà di indirizzo e le prassi e le tempistiche di attuazione dello stesso.

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