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Dat, una legge di umanità per cure e fine vita

Scritto da Ezio Casati.

Ezio CasatiNelle scorse settimane, la Camera dei Deputati ha approvato, in prima lettura, una legge sulle Dichiarazioni Anticipate di trattamento.
Si tratta di una legge che considero di grande umanità, una legge leggera e non invasiva che tende a valorizzare una grande alleanza tra paziente, equipe medica e famiglia. Una legge moderna. Esistevano ed esistono diversi filoni di pensiero, chi voleva una legge analitica, dettagliatissima, con moduli da compilare, crocette da barrare, e all'opposto chi non voleva una legge.
Con il rischio, secondo me, di dover far decidere un giudice di volta in volta. Infine chi preferiva una legge leggera, morbida, umana. Questa è stata la scelta della Camera dei Deputati.
Permettetemi solo qualche spiegazione e qualche riflessione avendo vissuto in modo partecipato tutto il cammino di questa norma ed avendo partecipato ai lavori del "Comitato dei nove", i nove parlamentari che valutano per i lavori d’aula gli emendamenti e decidono il loro accoglimento, il loro rigetto o la loro riformulazione.
Innanzi tutto i titoli: abbiamo scelto di chiamarle disposizioni perché siano più vincolanti, all’inizio del percorso erano nominate come dichiarazioni. Di che parlano? Di consenso informato e di come l'individuo, in grado di intendere e volere, può accettare o rifiutare esami, terapie e cure.
Nel primo articolo abbiamo identificato i confini di ciò che già ora si può fare, in questo caso creando uno strumento organico. Il secondo articolo parla di terapia del dolore, di divieto di ostinazione delle cure e di dignità della fase finale della vita.
Un capitolo importante perché definisce come accompagnare il fine vita, utilizzando tutte le terapie a disposizione finanche la sedazione profonda. Si pone un limite alla sproporzione delle cure ed un aiuto a lasciarli andare ma tenendoli per mano.
L’articolo tre parla di minori ed incapaci che possano dare o meno il loro consenso. Al di là della garanzia di figure di fiducia, dall’amministratore di sostegno a chi esercita la patria potestà ,c’e’ la grande novità della valorizzazione del grado di intendere e di volere. Un conto è un minore di pochi mesi un altro conto un minore di diciassette anni, la legge considera corretto tenere conto delle volontà esprimibili. Rimane in atto la garanzia che in caso di diverse vedute tra tutori e medici si ricorra al giudice tutelare.
L’articolo 4, esprime il cuore della legge, le DAT. La possibilità di redigere un documento che diventa l’espressione delle proprie volontà in caso di una futura incapacità di decidere, un articolo pesato e basato sulla sinergia delle figure in campo. Da un lato la possibilità che chi dispone possa fare ciò che da persona in grado di intendere e volere potrebbe già fare. Dall’altro la non possibilità di chiedere cose che la legge non consente e soprattutto il fatto che se io scrivo una DAT e dopo vent’anni sono nelle condizioni di doverla applicare ciò non precluda le conquiste scientifiche che mi garantirebbero una ripresa del mio stato di salute.
L’art 5 parla di pianificazione condivisa delle cure. Un articolo importante perché consente di condividere un piano di cura al quale l’equipe medica dopo il confronto e la proposta deve attenersi anche quando il paziente non è più in grado di poter decidere. Forte anche in questo caso è la relazione tra paziente, famiglia e personale sanitario. Ci sono poi articoli di chiusura e da ultimo quello sull’obbligo che le Camere vengano annualmente informate con una specifica relazione.
Una parola sul fatto che la legge prevede la possibilità di sospendere nutrizione ed idratazione. Su questo tema si è scritto di tutto, la cosa che mi ha fatto più male è dichiarare che questa legge fa morire di sete e di fame. Niente di più falso: si parla di idratare e nutrire con l’applicazione attraverso intervento invasivo con preparati medici, non parliamo di privazione di acqua, pane e pastasciutta.
Da cattolico mi sento orgoglioso di aver collaborato alla stesura di questo testo. I cattolici sono spesso chiamati in causa su questi argomenti etici e morali ed io mi sono sentito sereno innanzi tutto perché questa norma non riguarda l'eutanasia, serve per dare giusti diritti a chi è cosciente e a chi non lo è più.
Io mi sono ispirato alle parole ed ai comportamenti del Cardinale Carlo Maria Martini e di Papa Giovanni Paolo II che non hanno scelto l’accanimento ma hanno scelto di essere lasciati andare con serenità.
Di Carlo Maria Martini vorrei citare una sua riflessione che diceva “le nuove tecnologie che permettono interventi sempre più efficaci sul corpo umano richiedono un supplemento di saggezza per non prolungare i trattamenti quando ormai non giovano più alla persona”. E permettetemi, infine, di richiamare la Carta degli operatori sanitari emanata dal Vaticano giusto pochi mesi fa.
Nella sezione del morire agli articoli 149/150/152, dove si parla appunto del morire, vengono ribaditi una serie di concetti. La tutela della dignità della morte nel senso di rispettare il malato nella fase terminale della vita escludendo sia di anticiparne la morte(eutanasia) sia di dilazionarla con l’accanimento terapeutico.
La Carta altresì afferma che deve essere sempre rispettata la ragionevole volontà del paziente e che il medico non è comunque un mero esecutore. Infine sulla nutrizione-idratazione si dice che sono cure di base, rivolte al morente quando non risultino troppo gravose o prive di alcun beneficio. Mi paiono pensieri illuminati.
Non ho avuto dubbi nell’intervenire in aula a difesa di questo testo di legge, mi sento di avere svolto, per la mia storia, la mia cultura e la mia formazione, un servizio importante alla nostra comunità. Sono sereno, penso di essere riuscito a vivere la laicità dello stato dentro la mia formazione di cattolico praticante.

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