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Tumori femminili. Bene lo screening, ma non basta

Scritto da Emilia De Biasi.

Emilia De Biasi
Intervento in Senato nel corso della discussione delle mozioni sui tumori femminili:

La materia è chiaramente immensa; noi ci siamo limitati, con queste mozioni, a evidenziare il tema dello screening principalmente e, quindi, di una delle strategie di prevenzione più efficaci. Peraltro, credo anch'io che rispetto allo screening come strategia di prevenzione forse bisognerebbe essere più precisi anche all'interno dei livelli essenziali di assistenza, sperando naturalmente che questi vengano prima o poi pubblicati, poiché credo che tutti abbiamo l'urgenza di sapere a che punto siamo e come saranno condotti i Nuovi LEA.
Il tema, tuttavia, riguarda molto di più: gli aspetti clinici, quelli diagnostico-terapeutici ma anche quelli psicologici e assistenziali, che, data la struttura delle mozioni, sono rimasti un po' in secondo piano, ma che ci tengo a rimarcare perché il tumore al seno porta con sé peculiarità proprie di tutti i tumori che riguardano l'apparato riproduttivo. Mi riferisco ai problemi relativi alla femminilità, alla sessualità, alla fertilità. Come elemento di comorbidità abbiamo disturbi emotivo-affettivi.
Insomma, è una sfera, come dicevano anche le colleghe, molto complessa, dove gli elementi di evidenza scientifica sono drammaticamente associati a quelli psicologici, che vanno assolutamente ricondotti in un piano unitario sulla salute della donna. Su questo continuo a insistere perché il tumore al seno è parte di quel percorso.
Prevenzione significa partire dall'alimentazione, dai quei fattori di rischio, primo tra tutti il fumo, per il cancro alla mammella, ma significa anche accessibilità alla prevenzione, alle cure e a un'assistenza territoriale degna di questo nome.
Ricordo, ad esempio, le strategie di cure palliative, in particolare sulla terapia del dolore, che non riguardano solo la terminalità, ma riguardano, in generale, le persone che hanno una cronicità... Ricordo ancora un'assistenza territoriale degna di questo nome. C'è infatti un tema che riguarda la solitudine delle donne quando si trovano in una condizione di salute così drammatica rappresentata dal tumore alla mammella.
Molte cose sono state fatte, molti passi avanti sono stati fatti. Mi permetto di aggiungere l'accessibilità ai farmaci oncologici, la continuità terapeutica ed assistenziale sul territorio e il contributo delle associazioni e su quest'ultimo punto voglio terminare. C'è un tema importante, le donne negli anni sono diventate paziente competente, paziente esperto; sono in grado di essere coinvolte e devono quindi esserlo maggiormente nel percorso di definizione di un piano organico.
Vi sono esperienze importanti con gli ospedali, come i bollini rosa, ma vi sono tante associazioni che da vicino si occupano di questo tema, partendo dall'esperienza soggettiva delle donne che non è di secondo piano. E’ chiaro però, mi rivolgo al Sottosegretario e al Governo, che sostengo che noi abbiamo bisogno di incentivare ulteriormente il lavoro affinché tutto quello che è stato fatto fino ad ora e quello che si potrà fare abbia un'omogeneità sul territorio nazionale. Non è infatti più tollerabile che vivere o sopravvivere ad un tumore, ad un cancro alla mammella, dipenda dal luogo in cui si vive. Non è accettabile. Le opportunità devono essere uguali per i cittadini italiani, devono essere uguali per le donne; le stesse donne che lottano ogni giorno per guarire, per riuscire a superare questo grande ostacolo, non possono vedersi umiliare da scelte regionali così difformi. Su questo credo, caro Sottosegretario, che noi abbiamo bisogno di lavorare ancora molto. Gli screening sono importanti, ma - permettetemi di dirlo - non sono l'unica strada; c'è per fortuna un'innovazione tecnologica, c'è per fortuna un'innovazione nel campo della farmaceutica e, soprattutto, deve esserci l'idea secondo cui lo screening non è uno strumento e una finalità, ma è il passaggio ad una strategia di prevenzione. Quante donne, anche giovani, avremmo potuto curare per tempo se gli ospedali nelle diverse Regioni avessero fatto quello che le Regioni devono fare, cioé informare i cittadini, le donne e decidere, con loro e per loro, percorsi diagnostici e di prevenzione a partire dagli screening. Questo purtroppo non viene fatto e lo sappiamo perfettamente. Quella cosa orribile che, con una bruttissima definizione, si chiama turismo sanitario, continua ad andare avanti. Non possiamo tollerare che le capacità professionali di tanti medici vengano umiliate nel non poter curare le donne perché ci sono scelte che decidono di andare in un'altra direzione e spendere i soldi della sanità per la prevenzione e per la cura, se non addirittura con gravi problemi di legalità.
Credo allora, Sottosegretario, che noi su questo dobbiamo fare uno sforzo, dare pari opportunità alle donne nel campo della salute; partire dal tumore al seno e dagli screening è un primo passo. Mi auguro, visto che le donne non sono solo il loro seno, che si possa finalmente arrivare ad un progetto unico e unitario sulla salute delle donne, perché noi siamo tutto, non siamo solo una parte di noi stesse.

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