Una batosta per la Sanità pubblica
Articolo di Chiara Braga.
Il testo della Legge di Bilancio, che peserà circa 30 miliardi di euro, è stato finalmente depositato alla Camera per l'approvazione e purtroppo conferma tutti i nostri timori: il Governo Meloni ha deciso di dare un altro colpo al servizio sanitario nazionale, riducendo il finanziamento rispetto agli annunci roboanti delle scorse settimane: con 1,3 miliardi stanziati non si raggiunge nemmeno la metà dei fondi necessari per tagliare le liste d'attesa e assumere nuovo personale sanitario.
E infatti scompare il piano straordinario per le nuove assunzioni. In rapporto al Pil, poi, si raggiunge il livello più basso degli ultimi 15 anni. Altro che record! Una vera batosta che calpesta la sanità pubblica, indebolisce la sanità territoriale e la prevenzione e crea le condizioni per una privatizzazione strisciante sempre più preoccupante.
A dirlo non è solo il PD, insieme alle altre forze di opposizione ma, numeri alla mano, anche i medici e gli infermieri che il prossimo 20 novembre hanno indetto uno sciopero proprio contro questa "deludente" manovra finanziaria.
Alla destra della salute dei cittadini e del lavoro degli operatori sanitari non interessa nulla.
Non va meglio in altri ambiti di cruciale importanza toccati dalla manovra da tagli inaccettabili come quelli inferti al comparto scuola, all’istruzione e alla ricerca. Il Governo ha infatti stabilito per il prossimo anno una riduzione di 5.660 posti dell’organico scolastico dell’autonomia e di 2.174 posti del personale Ata, amministrativo tecnico e ausiliario della scuola. Dal prossimo anno, quindi, sono previsti meno insegnanti, meno segretari e bidelli. Alla faccia della tanto sbandierata valorizzazione del personale scolastico. Qui ci sono solo tagli lineari scritti nero su bianco. È del tutto evidente che il Governo, alla ricerca di voci su cui risparmiare, sia partito dal personale della scuola. Una decisione vergognosa.
Tagli dell’organico e blocco del turn-over (cioè il ricambio del personale) al 75%, che quindi viene ridotto del 25%, anche per le università e gli enti di ricerca, in aggiunta alla pesante riduzione del Fondo di finanziamento ordinario che gli atenei stanno affrontando già quest’anno.
In manovra non c’è traccia di politiche industriali e per la crescita, niente per ridurre il costo dell’energia a famiglie e imprese, si affossa il settore dell’edilizia e della riqualificazione energetica degli edifici, niente per l’agricoltura nonostante il settore primario si trovi a un punto di svolta epocale proprio per la sfida della conversione ecologica. E mentre mezza in Italia è in ginocchio per l’impatto di eventi climatici estremi sempre più frequenti il Governo taglia persino sul dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio.
Si torna alla stagione dei tagli pesantissimi a Comuni e Regioni, che si tradurranno in tagli a servizi essenziali per i cittadini; pochi spiccioli del tutto insufficienti per il trasporto pubblico locale e una mannaia sul pubblico impiego.
Per non parlare della presa in giro per i pensionati. Nel 2023 i pensionati con una pensione inferiore a 1.000 euro al mese sono stati 4.786.521, pari al 29,5% del totale. Di questi oltre tre milioni sono donne mentre quelle che percepiscono una pensione inferiore a 500 euro al mese sono quasi un milione. Di fronte a questa situazione allarmante, la destra al governo nella Legge di Bilancio non solo non mantiene nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale ma addirittura prende in giro le persone aumentando le pensioni minime di appena 3 euro al mese.
La destra alla prova dei fatti tradisce le promesse elettorali e non fa che rendere più iniquo il sistema fiscale.
La terza legge di Bilancio del Governo Meloni è una manovra ingiusta, senza visione, che penalizza i più fragili e che non guarda al futuro. Ci batteremo in Parlamento per contrastare queste scelte sbagliate e pericolose.
Il testo della Legge di Bilancio, che peserà circa 30 miliardi di euro, è stato finalmente depositato alla Camera per l'approvazione e purtroppo conferma tutti i nostri timori: il Governo Meloni ha deciso di dare un altro colpo al servizio sanitario nazionale, riducendo il finanziamento rispetto agli annunci roboanti delle scorse settimane: con 1,3 miliardi stanziati non si raggiunge nemmeno la metà dei fondi necessari per tagliare le liste d'attesa e assumere nuovo personale sanitario.
E infatti scompare il piano straordinario per le nuove assunzioni. In rapporto al Pil, poi, si raggiunge il livello più basso degli ultimi 15 anni. Altro che record! Una vera batosta che calpesta la sanità pubblica, indebolisce la sanità territoriale e la prevenzione e crea le condizioni per una privatizzazione strisciante sempre più preoccupante.
A dirlo non è solo il PD, insieme alle altre forze di opposizione ma, numeri alla mano, anche i medici e gli infermieri che il prossimo 20 novembre hanno indetto uno sciopero proprio contro questa "deludente" manovra finanziaria.
Alla destra della salute dei cittadini e del lavoro degli operatori sanitari non interessa nulla.
Non va meglio in altri ambiti di cruciale importanza toccati dalla manovra da tagli inaccettabili come quelli inferti al comparto scuola, all’istruzione e alla ricerca. Il Governo ha infatti stabilito per il prossimo anno una riduzione di 5.660 posti dell’organico scolastico dell’autonomia e di 2.174 posti del personale Ata, amministrativo tecnico e ausiliario della scuola. Dal prossimo anno, quindi, sono previsti meno insegnanti, meno segretari e bidelli. Alla faccia della tanto sbandierata valorizzazione del personale scolastico. Qui ci sono solo tagli lineari scritti nero su bianco. È del tutto evidente che il Governo, alla ricerca di voci su cui risparmiare, sia partito dal personale della scuola. Una decisione vergognosa.
Tagli dell’organico e blocco del turn-over (cioè il ricambio del personale) al 75%, che quindi viene ridotto del 25%, anche per le università e gli enti di ricerca, in aggiunta alla pesante riduzione del Fondo di finanziamento ordinario che gli atenei stanno affrontando già quest’anno.
In manovra non c’è traccia di politiche industriali e per la crescita, niente per ridurre il costo dell’energia a famiglie e imprese, si affossa il settore dell’edilizia e della riqualificazione energetica degli edifici, niente per l’agricoltura nonostante il settore primario si trovi a un punto di svolta epocale proprio per la sfida della conversione ecologica. E mentre mezza in Italia è in ginocchio per l’impatto di eventi climatici estremi sempre più frequenti il Governo taglia persino sul dissesto idrogeologico e la messa in sicurezza del territorio.
Si torna alla stagione dei tagli pesantissimi a Comuni e Regioni, che si tradurranno in tagli a servizi essenziali per i cittadini; pochi spiccioli del tutto insufficienti per il trasporto pubblico locale e una mannaia sul pubblico impiego.
Per non parlare della presa in giro per i pensionati. Nel 2023 i pensionati con una pensione inferiore a 1.000 euro al mese sono stati 4.786.521, pari al 29,5% del totale. Di questi oltre tre milioni sono donne mentre quelle che percepiscono una pensione inferiore a 500 euro al mese sono quasi un milione. Di fronte a questa situazione allarmante, la destra al governo nella Legge di Bilancio non solo non mantiene nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale ma addirittura prende in giro le persone aumentando le pensioni minime di appena 3 euro al mese.
La destra alla prova dei fatti tradisce le promesse elettorali e non fa che rendere più iniquo il sistema fiscale.
La terza legge di Bilancio del Governo Meloni è una manovra ingiusta, senza visione, che penalizza i più fragili e che non guarda al futuro. Ci batteremo in Parlamento per contrastare queste scelte sbagliate e pericolose.
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