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Salviamo i consultori in Lombardia

Scritto da Piera Landoni e Ilaria Cova.

Piera Landoni
In Lombardia per i consultori è allarme rosso. Il Piano regionale di sviluppo approvato in Consiglio il 9 luglio scorso prevede, infatti, una loro radicale trasformazione. Da strutture dedicate alla prevenzione, accoglienza e cure primarie nel campo della salute sessuale e riproduttiva i centri, voluti da una legge nazionale in vigore dal ’75, diverrebbero “Centri per la famiglia” strutture generaliste dedicate a tutti i componenti della famiglia: bambini, genitori, adolescenti, anziani e disabili.
Il condizionale in questi casi è d’obbligo e ci sono almeno due ragioni per considerare questa trasformazione in salsa lumbarda, oltre che poco praticabile, anche poco accettabile: una di metodo e una di merito.
Di metodo, in quanto già oggi in Lombardia i consultori, che per legge dovrebbero essere 450 (uno ogni 20 mila abitanti) sono, tra pubblici e privati, meno di 200 (neanche 0,5 ogni 20.000 abitanti) e il loro numero è in costante diminuzione: nel ’97 erano 335. Già oggi il loro modello organizzativo è carente in quanto la Regione Lombardia ha progressivamente depotenziato la rete dei consultori svuotandoli di risorse, di servizi, di professionalità (psicologi, psichiatri, ginecologi, ecc). Inoltre non è prevista alcuna interazione tra i servizi territoriali, le strutture ospedaliere e gli enti locali interessati: è evidente che in tali condizioni è impensabile assicurare nuovi servizi.
La riforma dei consultori è inaccettabile soprattutto nel merito. Trasformati in strutture ipergeneraliste non potrebbero più offrire i servizi per garantire i quali sono nati, il sostegno alla coppia e alla famiglia e la promozione e la tutela della procreazione responsabile. Migliaia di donne italiane e straniere perderebbero l’unico punto di riferimento accessibile a tutti, essenziale nei momenti cruciali della loro vita.
Per queste ragioni la “riforma”, voluta dalla giunta Maroni, va fermata. La rete dei consultori, soprattutto pubblici, non solo deve essere salvata ma decisamente potenziata. Perché i consultori possano riacquistare la dignità della delicata mission che è stata loro assegnata dalla legge, occorre innanzitutto fermarne il declino, rendendo disponibili le risorse necessarie per garantire le professionalità, il numero e la qualità delle prestazioni e l’ammodernamento delle strutture.
Insomma quantomeno porre mano ai danni prodotti dal depauperamento condotto in questi anni da regione Lombardia in modo da essere messi nelle condizioni di svolgere il ruolo loro assegnato dalla legge 194. Un ruolo d’informazione sulla maternità e sulla sessualità responsabile, di prevenzione delle malattie e di supporto alle donne nei momenti più delicati della loro vita. Non ci pare poca cosa, quindi da parte nostra ci batteremo perché questo accada!
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