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Un congresso-cantiere

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo GaianiSono da sempre convinto del fatto che una organizzazione che passa troppo tempo a discutere delle proprie regole interne e non di quello che interessa ai cittadini finisce per non interessare a nessuno se non ai propri dirigenti e - forse- ai propri soci.
Ciò vale a maggior ragione per i partiti politici, i quali si candidano a prendere i voti dei cittadini non sventolando il proprio Statuto e la messe dei regolamenti applicativi ma facendo proposte serie e concrete per i bisogni delle persone.
Naturalmente non sono così ingenuo da credere che le regole non abbiano un’importanza a volte decisiva per determinare un certo risultato congressuale, ed anzi personalmente tengo moltissimo a che la specificità democratica del PD venga preservata in un quadro di partiti personali gestiti con piglio dittatoriale da padri/padroni che la democrazia non sanno neppure dove stia di casa.
E nello stesso tempo, tuttavia, la sensazione che questo avvio di dibattito congressuale sia partito con il piede sbagliato si rafforza sempre di più nel momento in cui vediamo discutere con passione di modalità elettorali e di leadership personali e assai meno di idee serie per il rinnovamento della politica e di programmi nell’interesse dei cittadini, che interagiscano con l’attività forzatamente predeterminata del “Governo di servizio” guidato da Enrico Letta.
Per certi versi, la confortante vittoria di quasi tutti gli esponenti del PD e del centrosinistra impegnati nelle recenti elezioni amministrative suona come un monito al Partito nel suo complesso, che non sembra in grado di attirare in quanto soggetto politico lo stesso grado di fiducia che invece ottengono i suoi aderenti locali impegnati nei Comuni e nelle Regioni.
E’ un problema di leadership? Sì anche, ma soprattutto è un problema di credibilità e di attenzione alle esigenze di quel ceto medio popolare che è il vero grande sconfitto di questa crisi: un’attenzione che deve essere percepita, nel senso che non basta che essa venga proclamata ma deve anche manifestarsi in comportamenti concreti da parte di un gruppo dirigente che, al di fuori di ogni forma di demagogia, deve distinguersi per quei valori di sobrietà e di disinteresse che sono gli unici che possono dare un tono nuovo all’azione politica.
Ecco dunque che la questione del prevalere del voto fra gli iscritti piuttosto che di quello popolare deve essere contestualizzata rispetto agli obiettivi che si vogliono raggiungere ed anche ai livelli territoriali in cui essa si colloca: ciò fra l’altro impedirebbe l’irrigidirsi di logiche correntizie - e le correnti esisteranno sempre, solo muteranno a seconda del mutare dei riferimenti politici generali - soprattutto ai livelli territoriali in cui si rende invece necessaria una reale unità intorno a proposte politiche di alto livello.
Nel territorio milanese, ad esempio, la questione della Città metropolitana, su cui a quanto sembra il Governo intende accelerare per dar avvio al nuovo Ente dal gennaio del 2014, è un tema che riguarda tutto il Partito nel momento in cui esso è forza di governo nelle principali Amministrazioni locali e a lui competono le scelte di fondo in ordine ai grandi temi - governo del territorio, politiche sociali, sviluppo economico, infrastrutture e trasporti… - che vengono riservati alla Città metropolitana.
Insomma, da un Congresso-resa dei conti occorre passare all’idea di un Congresso-cantiere.
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