Nessuna riforma dal governo, solo passi indietro
Intervento in Senato di Beatrice Lorenzin durante la discussione del decreto bollette.
Siamo alla discussione generale di un provvedimento che è arrivato al suo approdo dopo una lunga maturazione alla Camera dei deputati. Devo dire che la modalità con cui sono stati organizzati i lavori ci porta assolutamente ad un giudizio negativo. Il Senato non è riuscito di fatto a poter esprimere nelle Commissioni pertinenti né un parere articolato né ad intervenire su emendamenti fortemente modificativi del testo che sono maturati alla Camera dei deputati.
Comincerei dicendo questo; parliamo tanto di riforme costituzionali e istituzionali nel nostro Stato in questo periodo, ma non stiamo risolvendo minimamente, neanche con una vera organizzazione dei lavori, quelle che sono le prerogative delle due Camere. Intanto cominciamo con questo.
Dovevamo poi intervenire su un decreto che di per sé è nato in modo piuttosto leggero. Un decreto-legge che io definirei debole; d'altra parte erano solo 5 miliardi su quella che doveva essere l'impostazione sul tema energetico e di ristoro rispetto ai cittadini e ad un anno difficilissimo. Il carovita, l'inflazione, le bolle speculative sui prodotti di prima necessità, le questioni dirimenti riguardanti il lavoro e i salari lo hanno reso un anno diciamo non facile per le famiglie italiane.
In questo Parlamento possiamo dire che ormai la luna di miele del Governo è finita, il momento delle riforme non c'è stato e non è arrivato. Non è arrivato con questo decreto-legge in cui noi avremmo immaginato la possibilità di intervenire almeno chirurgicamente, mettendo in campo alcune riforme di sistema che pure erano state annunciate in primis dal punto di vista della sanità, su cui poi farò qualche breve accenno, dove invece si è tornati indietro o si sono fatti dei pasticci.
Lo stesso è accaduto sul tema sulle grandi questioni, quelle energetiche, dell'infrastruttura energetica e parimenti le questioni che riguardano la parte fiscale. Mentre però la Camera lavorava sugli emendamenti di questo decreto-legge, non è che non è successo nulla in Italia. Ricordo che la copertura del recovery fund è sulla nostra testa un elemento di garanzia che permette al nostro prodotto interno lordo di reggere le bordate della contemporaneità che arrivano dal lato della riorganizzazione dei sistemi bancari e delle questioni legate ai tassi di interesse. Non è quindi un fatto secondario. Abbiamo appreso che il recovery fund e il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza è a rischio per bocca del ministro Fitto, ma anche sul documento che ci è arrivato in questi giorni da Bruxelles, dove mi sembra evidente il richiamo all'Italia non solo sulle questioni storiche su cui veniamo sempre richiamati (il deficit, la produttività del nostro sistema lavoro e la mancata applicazione delle riforme), ma anche sulla mancata attuazione o implementazione delle riforme che sono previste e che sono proprie del PNRR. Tra di esse le questioni su cui la maggioranza si è particolarmente concentrata in questi mesi e cioè il tema delle concessioni demaniali che è stato l'oggetto principale del dibattito politico concreto nel nostro Paese e i temi legati alla concorrenza che sono ancora tutti là. Non si sa quando e se arriveranno.
Dall'altra parte vi è poi un richiamo non banale al tema del fisco, che non è che non si incrocia con questo decreto-legge. Si incrocia, eccome. Si incrocia per come è impostato il decreto con una serie di operazioni spot, ma soprattutto rispetto a quello che è previsto o che pare prevedibile nei prossimi anni dal richiamo che c'è stato fatto sull'estensione della flat tax, che viene definito iniquo e crea confusione, all'altro pezzo di riforme dove siamo stati richiamati, cioè la paventata riforma dell'autonomia differenziata. Anch'essa mette a rischio il sistema del bilancio pubblico oltre che il tema della funzionalità del nostro ordinamento.
Siamo quindi in un momento in cui le misure messe in campo o sul piatto dal Governo destano qualche perplessità non soltanto nelle opposizioni, ma direi anche negli osservatori europei, non tanto per un ragionamento politico, quanto sul tema della nostra stabilità finanziaria e della nostra capacità di ripagare il nostro debito quando ci verrà richiesto, cioè a breve, quando la copertura che abbiamo avuto sul Patto di stabilità verrà meno e torneremo tutti a essere chiamati ad una seria realtà. Si scoprirà pertanto che tante riforme che qui vengono sbandierate, che valgono 80-100-200 miliardi, sono state soltanto l'ennesima bandierina politica presentata agli italiani. Poi non ci meravigliamo che gli italiani si astengono, non vanno a votare e vengono presi da una sorta di sconforto per cui pensano che nulla può cambiare. Il primo nostro dovere ce l'abbiamo qui, almeno con un richiamo alla realtà.
Sul decreto-legge in discussione vorrei dire qualcosa in più nel dettaglio. Fatemi dire una cosa, visto che ricevo la bolletta della luce e del gas ogni mese - o trimestralmente, dipende da come si decide di averla - come tutti voi. Il tema è quello degli oneri accessori. Abbiamo visto questo benedetto contributo per avere un ristoro dall'aumento del gas, ma vengono rimessi gli oneri in bolletta, che erano stati cancellati. Questo vorrà dire che a breve, quando questa misura, che è temporanea, tornerà, ci ritroveremo che da una parte ci danno e dall'altro ci tolgono. Speriamo solo che nel frattempo saremo riusciti a mettere in campo le misure per la transizione ecologica e che quindi avremo altre misure di approvvigionamento per quanto riguarda l'energia che ci permettano di tenere una bolletta contenuta.
Vorrei sottolineare alcuni aspetti su cui si sarebbe potuto fare molto di più, ma che sono stati trascurati o quanto meno rimaneggiati in questo decreto-legge: mi riferisco agli aspetti sanitari. Purtroppo sulla sanità in questo Paese stiamo facendo un esercizio poco utile, nel senso che abbiamo avuto tre anni in cui si è parlato tutti i giorni non di sanità, ma dell'epidemia, e adesso stiamo vivendo una rimozione del tema. Accanto alla rimozione del tema nel dibattito pubblico, purtroppo rimane il tema più che vivo nella vita dei cittadini, perché non sono stati risolti, né in questo decreto-legge, né nella legge di bilancio, né nel provvedimento milleproroghe, né nelle misure che vediamo accanto a noi, i problemi storici di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, a cui si aggiungono i fatti contemporanei, quindi l'incidenza dell'inflazione sul Fondo e sulle spese sanitarie e il grandissimo tema legato al personale sanitario.
Il Ministro aveva promesso che in questo decreto-legge si sarebbero affrontate delle questioni che erano state rinviate anche dalla legge di bilancio e che quindi non erano state affrontate: in primis il tema del pronto soccorso e dell'urgenza, la remunerazione e la stabilizzazione del personale, e i temi legati alla formazione specialistica e al cosiddetto decreto Calabria. Interverrà in seguito la collega Zampa, che credo entrerà nel dettaglio di questi aspetti, quindi non mi ci soffermo, però vorrei affrontare il principio. Abbiamo avuto l'annuncio che si metteva fine alla questione dei gettonisti, per poi tornare indietro; abbiamo avuto l'annuncio che avremmo risolto il tema dell'aumento degli stipendi e delle indennità per gli operatori del pronto soccorso per tutto l'anno, e siamo tornati indietro. Ma le riforme dove sono? Il Governo quando ce le presenta, queste riforme? Quando avremo una riforma del personale sanitario? Quando avremo una riforma dell'arruolamento e della formazione degli infermieri?
Anche sulla parte legata all'articolo 15, sulla necessità di assumere personale straniero ad esempio, perché abbiamo una carenza su alcune aree del comparto, non c'è nulla di strutturato. Non c'è una proposta di riforma che ci permetta di riorganizzare il sistema rispetto alle emergenze che ci sono ora sul territorio.
Penso all'Emilia Romagna e al rischio biologico relativo alla depurazione delle acque, all'antitetanica e a quello che sta accadendo nell'emergenza che abbiamo adesso e non riusciamo neanche a prevedere una riorganizzazione completa degli IZS o degli IRCCS.
Concludendo, voglio dire un'ultima cosa, nello specifico, sui massofisioterapisti, perché è una questione di nicchia nel decreto-legge, ma dà la cifra di come lavora la maggioranza. Quando un intero ordine professionale, che è quello del superordine delle professioni, fa un richiamo formale, dicendo: Altolà, se il Governo o il legislatore vogliono riaprire i termini degli elenchi, lo facciano pure, ma devono rispettare i criteri che vanno contro l'abuso della professione sanitaria e che quindi sono a tutela della sicurezza dei pazienti e devono essere rivisti insieme agli ordini professionali, che sono preposti a questo lavoro. È stato fatto un emendamento alla Camera dei deputati, così, come se nulla fosse, andando a mettere seriamente a rischio l'organizzazione complessa di questo settore. Tutti gli altri operatori del comparto, che rientrano nelle professioni sanitarie, è come se non esistessero ed è stato fatto un provvedimento, che in questo caso non si può chiamare ad personam, ma che riguarda una parte molto specifica, senza tenere conto delle sentenze del Consiglio di Stato, dei pareri tecnico-scientifici e dei requisiti stringenti. È stato fatto così e noi in Senato dobbiamo "bere" la fiducia e non possiamo neanche riuscire a intervenire su questi aspetti, che sono aspetti di sistema. Onorevoli colleghi, non sono cose così, ma danno l'idea di come si lavora. Signor Presidente, lavorare così non fa bene a nessuno, non fa bene alle istituzioni che rappresentiamo, non fa bene allo Stato in generale e neanche alla maggioranza, perché poi i problemi sul campo sono tantissimi e molto complicati.
Siamo alla discussione generale di un provvedimento che è arrivato al suo approdo dopo una lunga maturazione alla Camera dei deputati. Devo dire che la modalità con cui sono stati organizzati i lavori ci porta assolutamente ad un giudizio negativo. Il Senato non è riuscito di fatto a poter esprimere nelle Commissioni pertinenti né un parere articolato né ad intervenire su emendamenti fortemente modificativi del testo che sono maturati alla Camera dei deputati.
Comincerei dicendo questo; parliamo tanto di riforme costituzionali e istituzionali nel nostro Stato in questo periodo, ma non stiamo risolvendo minimamente, neanche con una vera organizzazione dei lavori, quelle che sono le prerogative delle due Camere. Intanto cominciamo con questo.
Dovevamo poi intervenire su un decreto che di per sé è nato in modo piuttosto leggero. Un decreto-legge che io definirei debole; d'altra parte erano solo 5 miliardi su quella che doveva essere l'impostazione sul tema energetico e di ristoro rispetto ai cittadini e ad un anno difficilissimo. Il carovita, l'inflazione, le bolle speculative sui prodotti di prima necessità, le questioni dirimenti riguardanti il lavoro e i salari lo hanno reso un anno diciamo non facile per le famiglie italiane.
In questo Parlamento possiamo dire che ormai la luna di miele del Governo è finita, il momento delle riforme non c'è stato e non è arrivato. Non è arrivato con questo decreto-legge in cui noi avremmo immaginato la possibilità di intervenire almeno chirurgicamente, mettendo in campo alcune riforme di sistema che pure erano state annunciate in primis dal punto di vista della sanità, su cui poi farò qualche breve accenno, dove invece si è tornati indietro o si sono fatti dei pasticci.
Lo stesso è accaduto sul tema sulle grandi questioni, quelle energetiche, dell'infrastruttura energetica e parimenti le questioni che riguardano la parte fiscale. Mentre però la Camera lavorava sugli emendamenti di questo decreto-legge, non è che non è successo nulla in Italia. Ricordo che la copertura del recovery fund è sulla nostra testa un elemento di garanzia che permette al nostro prodotto interno lordo di reggere le bordate della contemporaneità che arrivano dal lato della riorganizzazione dei sistemi bancari e delle questioni legate ai tassi di interesse. Non è quindi un fatto secondario. Abbiamo appreso che il recovery fund e il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza è a rischio per bocca del ministro Fitto, ma anche sul documento che ci è arrivato in questi giorni da Bruxelles, dove mi sembra evidente il richiamo all'Italia non solo sulle questioni storiche su cui veniamo sempre richiamati (il deficit, la produttività del nostro sistema lavoro e la mancata applicazione delle riforme), ma anche sulla mancata attuazione o implementazione delle riforme che sono previste e che sono proprie del PNRR. Tra di esse le questioni su cui la maggioranza si è particolarmente concentrata in questi mesi e cioè il tema delle concessioni demaniali che è stato l'oggetto principale del dibattito politico concreto nel nostro Paese e i temi legati alla concorrenza che sono ancora tutti là. Non si sa quando e se arriveranno.
Dall'altra parte vi è poi un richiamo non banale al tema del fisco, che non è che non si incrocia con questo decreto-legge. Si incrocia, eccome. Si incrocia per come è impostato il decreto con una serie di operazioni spot, ma soprattutto rispetto a quello che è previsto o che pare prevedibile nei prossimi anni dal richiamo che c'è stato fatto sull'estensione della flat tax, che viene definito iniquo e crea confusione, all'altro pezzo di riforme dove siamo stati richiamati, cioè la paventata riforma dell'autonomia differenziata. Anch'essa mette a rischio il sistema del bilancio pubblico oltre che il tema della funzionalità del nostro ordinamento.
Siamo quindi in un momento in cui le misure messe in campo o sul piatto dal Governo destano qualche perplessità non soltanto nelle opposizioni, ma direi anche negli osservatori europei, non tanto per un ragionamento politico, quanto sul tema della nostra stabilità finanziaria e della nostra capacità di ripagare il nostro debito quando ci verrà richiesto, cioè a breve, quando la copertura che abbiamo avuto sul Patto di stabilità verrà meno e torneremo tutti a essere chiamati ad una seria realtà. Si scoprirà pertanto che tante riforme che qui vengono sbandierate, che valgono 80-100-200 miliardi, sono state soltanto l'ennesima bandierina politica presentata agli italiani. Poi non ci meravigliamo che gli italiani si astengono, non vanno a votare e vengono presi da una sorta di sconforto per cui pensano che nulla può cambiare. Il primo nostro dovere ce l'abbiamo qui, almeno con un richiamo alla realtà.
Sul decreto-legge in discussione vorrei dire qualcosa in più nel dettaglio. Fatemi dire una cosa, visto che ricevo la bolletta della luce e del gas ogni mese - o trimestralmente, dipende da come si decide di averla - come tutti voi. Il tema è quello degli oneri accessori. Abbiamo visto questo benedetto contributo per avere un ristoro dall'aumento del gas, ma vengono rimessi gli oneri in bolletta, che erano stati cancellati. Questo vorrà dire che a breve, quando questa misura, che è temporanea, tornerà, ci ritroveremo che da una parte ci danno e dall'altro ci tolgono. Speriamo solo che nel frattempo saremo riusciti a mettere in campo le misure per la transizione ecologica e che quindi avremo altre misure di approvvigionamento per quanto riguarda l'energia che ci permettano di tenere una bolletta contenuta.
Vorrei sottolineare alcuni aspetti su cui si sarebbe potuto fare molto di più, ma che sono stati trascurati o quanto meno rimaneggiati in questo decreto-legge: mi riferisco agli aspetti sanitari. Purtroppo sulla sanità in questo Paese stiamo facendo un esercizio poco utile, nel senso che abbiamo avuto tre anni in cui si è parlato tutti i giorni non di sanità, ma dell'epidemia, e adesso stiamo vivendo una rimozione del tema. Accanto alla rimozione del tema nel dibattito pubblico, purtroppo rimane il tema più che vivo nella vita dei cittadini, perché non sono stati risolti, né in questo decreto-legge, né nella legge di bilancio, né nel provvedimento milleproroghe, né nelle misure che vediamo accanto a noi, i problemi storici di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, a cui si aggiungono i fatti contemporanei, quindi l'incidenza dell'inflazione sul Fondo e sulle spese sanitarie e il grandissimo tema legato al personale sanitario.
Il Ministro aveva promesso che in questo decreto-legge si sarebbero affrontate delle questioni che erano state rinviate anche dalla legge di bilancio e che quindi non erano state affrontate: in primis il tema del pronto soccorso e dell'urgenza, la remunerazione e la stabilizzazione del personale, e i temi legati alla formazione specialistica e al cosiddetto decreto Calabria. Interverrà in seguito la collega Zampa, che credo entrerà nel dettaglio di questi aspetti, quindi non mi ci soffermo, però vorrei affrontare il principio. Abbiamo avuto l'annuncio che si metteva fine alla questione dei gettonisti, per poi tornare indietro; abbiamo avuto l'annuncio che avremmo risolto il tema dell'aumento degli stipendi e delle indennità per gli operatori del pronto soccorso per tutto l'anno, e siamo tornati indietro. Ma le riforme dove sono? Il Governo quando ce le presenta, queste riforme? Quando avremo una riforma del personale sanitario? Quando avremo una riforma dell'arruolamento e della formazione degli infermieri?
Anche sulla parte legata all'articolo 15, sulla necessità di assumere personale straniero ad esempio, perché abbiamo una carenza su alcune aree del comparto, non c'è nulla di strutturato. Non c'è una proposta di riforma che ci permetta di riorganizzare il sistema rispetto alle emergenze che ci sono ora sul territorio.
Penso all'Emilia Romagna e al rischio biologico relativo alla depurazione delle acque, all'antitetanica e a quello che sta accadendo nell'emergenza che abbiamo adesso e non riusciamo neanche a prevedere una riorganizzazione completa degli IZS o degli IRCCS.
Concludendo, voglio dire un'ultima cosa, nello specifico, sui massofisioterapisti, perché è una questione di nicchia nel decreto-legge, ma dà la cifra di come lavora la maggioranza. Quando un intero ordine professionale, che è quello del superordine delle professioni, fa un richiamo formale, dicendo: Altolà, se il Governo o il legislatore vogliono riaprire i termini degli elenchi, lo facciano pure, ma devono rispettare i criteri che vanno contro l'abuso della professione sanitaria e che quindi sono a tutela della sicurezza dei pazienti e devono essere rivisti insieme agli ordini professionali, che sono preposti a questo lavoro. È stato fatto un emendamento alla Camera dei deputati, così, come se nulla fosse, andando a mettere seriamente a rischio l'organizzazione complessa di questo settore. Tutti gli altri operatori del comparto, che rientrano nelle professioni sanitarie, è come se non esistessero ed è stato fatto un provvedimento, che in questo caso non si può chiamare ad personam, ma che riguarda una parte molto specifica, senza tenere conto delle sentenze del Consiglio di Stato, dei pareri tecnico-scientifici e dei requisiti stringenti. È stato fatto così e noi in Senato dobbiamo "bere" la fiducia e non possiamo neanche riuscire a intervenire su questi aspetti, che sono aspetti di sistema. Onorevoli colleghi, non sono cose così, ma danno l'idea di come si lavora. Signor Presidente, lavorare così non fa bene a nessuno, non fa bene alle istituzioni che rappresentiamo, non fa bene allo Stato in generale e neanche alla maggioranza, perché poi i problemi sul campo sono tantissimi e molto complicati.