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Sanità Lombarda: una riforma incompiuta

Scritto da Sara Valmaggi.

Sara Valmaggi A più di un anno dalla presentazione del libro bianco voluto da Maroni e che tracciava le linee di trasformazione del sistema sociosanitario lombardo è stata votata una legge di riforma della sanità ancora lontana dagli obiettivi annunciati e incompiuta in quanto sono stati rinviati ad un secondo tempo i temi oggetto delle centinaia di audizioni in commissione.
L’iter della riforma sanitaria è stato sicuramente anomalo perché privo di un confronto vero con i tecnici e con le minoranze. Per questo al suo approdo in aula il PD e gli altri gruppi di minoranza si sono visti obbligati ad opporre un duro ostruzionismo, con 25mila ordini del giorno e quasi tremila emendamenti, che ha costretto Maroni alla trattativa.

È iniziato così il lungo e faticoso lavoro di confronto che ha colto l’obiettivo di migliorare il testo di legge in molte sue parti in particolare abbiamo ottenuto che i superticket su visite ed esami siano modulati per reddito e siano esenti i cittadini con reddito familiare fino a 30mila euro.
Sarà inoltre incentivata la possibilità di prenotare visite ed esami, pagare il relativo ticket e ottenere i referti on-line, oppure direttamente in farmacia.
L’Agenzia di Controllo, nominata dai gruppi di minoranza, potrà verificare l’appropriatezza delle cure effettuate. I DRG per le prestazioni più complesse saranno graduati secondo standard di qualità delle cure: le strutture saranno premiate o penalizzate in base all’adesione o meno a criteri che misurano le performance, i tempi di attesa e la qualità, premiando le migliori prassi e penalizzando le peggiori.
Sul versante delle nomine: i manager sanitari non saranno più scelti discrezionalmente dalla Giunta ma verranno individuati all’interno di una short list selezionata da una commissione indipendente secondo criteri di merito. Gli stessi manager saranno poi valutati attraverso indicatori di risultato che riguardano l’efficienza, la qualità dei servizi, la riduzione delle liste d’attesa e gli esiti sulla salute dei cittadini e non più esclusivamente per aver rispettato il budget di spesa.
Le funzioni non tariffate (la cosiddetta “Legge Daccò”, un miliardo di euro l’anno erogato secondo criteri discrezionali), alla base di molti scandali, saranno ridotte drasticamente, limitate ai pochi casi in cui la tariffazione è davvero impossibile.
Sono stati infine reintrodotti i distretti sociosanitari, attraverso i quali i sindaci e le conferenze dei sindaci parteciperanno alla programmazione, organizzazione e strutturazione dei servizi sociosanitari del loro territorio. Tuttavia questi afferiranno alle ATS e non alle ASST, come avrebbe voluto il Pd.
Un grande risultato inoltre è quello raggiunto con la reintroduzione dell’Osservatorio epidemiologico e dell’articolo dedicato al piano regionale della prevenzione che, come voluto dal PD, rimette al centro le attività di promozione della salute e di prevenzione primaria individuando come assi di intervento prioritari la tutela dell’ambiente, la diffusione di sani stili di vita e una più puntuale promozione degli screening.
Durante il lungo lavoro d’aula si sono assunti anche impegni in merito allo sviluppo della rete della ricerca, all’implementazione della medicina di genere e della rete dei consultori pubblici, oltre che all’obiettivo di favorire l’armonizzazione e il contenimento delle rette a carico degli ospiti delle RSA.
Il nostro capogruppo, Enrico Brambilla, l’ha definita “la grande incompiuta” e, in fondo è così: incapace di assecondare la grande ambizione, da cui era partita, quella di affrontare i mutamenti nella società lombarda e di porre rimedio alle storture e alle diseconomie che il sistema aveva generato.
È una legge che affronta solo la governance. È una legge timida perché non porta a termine l’integrazione tra servizi sanitari e sociosanitari mantenendo la duplicazione tra ATS e ASST che impallerà il sistema. È una legge senza copertura finanziaria, soprattutto sulle parti più innovative, che comunque, anche grazie al nostro lavoro, sono state introdotte.
Per quanto riguarda infine la Città metropolitana, pur avendo introdotto il concetto di ambiti sociosanitari rispettosi di quella che sarà l’organizzazione istituzionale in aree omogenee, permangono purtroppo forti criticità in merito alla riorganizzazione della rete dei servizi ospedalieri e sociosanitari. Avendo privilegiato una logica spartitoria si è infatti persa l’occasione per la reale valorizzazione dell’offerta sanitaria materno-infantile, non prendendo in considerazione l’eccellente specificità del Policlinico di Milano, oltre che la possibilità di rilanciare la rete dei poliambulatori attraverso l’attribuzione dei singoli presidi alle ASST di riferimento.

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