L’Europa, la Difesa, la NATO (…e gli USA)
Intervento di Massimo Cingolani agli Incontri Riformisti.
La guerra, o meglio il conflitto armato come si usa dire dopo la seconda guerra mondiale nel diritto internazionale, è sempre stata presente in Europa dopo il 1945. Abbiamo avuto in Italia l’indipendentismo, o banditismo secondo l’interpretazione storica che si vuole dare, in Sicilia con impiego di reparti militari, non solo i Carabinieri. Il terrorismo altoatesino che colpi vaie caserme con attentati e numerose vittime tra i militari.
La Guerra civile greca dal 46 al 49.La guerra tra governo monarchico e partigiani comunisti fu un momento estremamente delicato della contrapposizione U.S.A-U.R.S.S. perché si temette un allargamento dell'egemonia Sovietica all'area dell’Egeo.
L’invasione dell’esercito turco a Cipro nel 1974.
Le guerre d’indipendenza Slovena e Croata.
La guerra in Bosnia, Kossovo, Macedonia, cioè quella che possiamo chiamare guerra civile jugoslava fino al 1995 La guerra dell’Ucraina orientale o guerra del Donbass. Inizialmente indicata come rivolta (o crisi) dell'Ucraina orientale, è un conflitto, tuttora in corso che ha avuto inizio il 6 aprile 2014.
L’intervento militare inglese in Irlanda del nord negli anni 60.
C’è stato poi un conflitto asimmetrico a bassa intensità come il terrorismo che ha coinvolto diversi paesi, noi in particolare conosciamo bene questa storia.
Possiamo aggiungere anche vari colpi di stato tentati o riusciti.
Poi abbiamo rivolte nel Europa dell’Est: in Ungheria nel 1956 e molte che non conosciamo come la resistenza nelle repubbliche baltiche, in Ucraina e Romania continuata fino al 1960.Poi c’è l’intervento in Cecoslovacchia nel 1968 Tutte queste guerre o conflitti armati non hanno però mai influito sui rendimenti borsistici mondiali, un po' perché non era ancora iniziata la globalizzazione e perché erano pur sempre conflitti locali all’interno di un perimetro delineato dalla guerra fredda.
Mentre dall’inizio della guerra in Ucraina le perdite delle borse sono tutte a due cifre, è superfluo spiegare il perché, basta pensare ad energia e grano , così interconnessi a livello mondale.
Questo significa che questo conflitto, per le ripercussioni che ha, si può definire mondiale, anche se il termine III guerra mondiale lo usa solo il Papa, forse perché è l’unico che può usare quell’espressione.
Inoltre questa guerra si presenta all’interno di una crisi del sistema multilaterale.
L’ordine liberale è in crisi, perché nella globalizzazione, non è riuscito a mantenere le promesse di benessere, democrazia e sicurezza.
E la scelta del multilateralismo si fonda su una leadership basata su istituzioni internazionali che sviluppano un legame tra istituzioni, legittimità politica e democrazia.
In una situazione di questo tipo un esercito comune europeo diventa una necessita urgente.
Già agli inizi degli anni ’50, l’esigenza di una difesa comune, ampiamente sentita, ha portato all’elaborazione del progetto della Comunità europea di difesa (C.E.D.) rimasto, però, inattuato a causa del mancato adeguamento degli ordinamenti nazionali alla prospettiva di una policy della difesa integrata secondo una pianificazione strategica sovranazionale. In questa prospettiva la bozza della costituzione europea prevede tra gli obiettivi dell’Unione, “la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune”. Gli effetti dell’adesione dell’Italia al dialogo europeo per la realizzazione di una difesa comune si sono concretizzati già 60 anni fa nell’ordinamento vigente con la legge n° 1862/62, concernente la delega al Governo per il riordinamento del Ministero della Difesa e degli Stati Maggiori.
Negli anni ’60 l’idea di difesa comune era ancora legata al concetto di alleanza, che presuppone una cooperazione per la definizione di una strategia comune contro una minaccia, gestita da un Comando alleato ma attuata da Comandi nazionali.
L’alleanza, infatti, consente agli Stati membri di realizzare gli obiettivi essenziali di sicurezza nazionale mediante un sforzo congiunto, fermo restando che nessun alleato debba rinunciare al diritto di perseguire autonomamente i propri interessi nazionali, continuando a gestire la responsabilità della propria difesa con una strategia individuale.
L’alleanza, in sostanza, non incide sull’assoluta autonomia della politica militare dei singoli alleati nell’ambito della rispettiva politica nazionale, né implica alcun impegno di cooperazione nei settori collaterali della politica militare. Impone soltanto l’impegno di fornire i contributi di risorse, uomini mezzi e strutture, ogni volta che è necessario.
Oggi, l’idea di difesa comune che si sta sviluppando richiede una progressiva unificazione della politica militare nel quadro di una politica di sicurezza unitaria, pensata per poter diventare una politica unica, governata a livello sovranazionale, risultante dalla armonizzazione delle politiche nazionali, ossia dalla razionalizzazione comunitaria delle esigenze di policy militare sia economica sia organizzativa. Un’ulteriore conferma di questo orientamento politico si rinviene anche nella norma concernente l’istituzione del servizio militare professionale, che ridefinisce i compiti delle Forze Armate. (Fanno sorridere le banalità in campagna elettorale di Salvini circa il ritorno della leva obbligatoria). La necessità dell’appropriata armonizzazione dell’opzione per la difesa comune con gli ordinamenti nazionali deriva dal fatto che l’impegno per la formazione di una Forza multinazionale implica la responsabilità di tutti i Paesi. Il richiamo al rispetto delle norme costituzionali nazionali previsto dalla bozza di costituzione europea per l’adesione alla difesa comune conferma quanto tale adesione sia determinante e significativa per la configurazione dell’identità europea.
Per la sicura affidabilità di tale Forza é indispensabile che la composizione non risulti dalla mera sommatoria di contingenti di diversa nazionalità e di differente formazione, è altresì essenziale che i singoli militari acquisiscano chiara coscienza circa l’irrinunciabilità di un impegno, non freddamente professionale, orientato E’ chiaro che solo una forza coesa possa raggiungere livelli di operativi che rendono credibili la politica di difesa comune, e la politica di sicurezza europea, anche nell’ottica di una costante cooperazione atlantica per la garanzia della sicurezza globale.
Teniamo presente che esperienze di eserciti multinazionali si riferiscono a secoli scorsi, dobbiamo arrivare a quelli napoleonici o quello austroungarico.
Un esercito europeo sarebbe anche un fattore di deterrenza, ed una delle cause dell’invasione russa è stata anche la sottovalutazione della capacità di resistenza dell’Ucraina.
La Nato una delle istituzioni su cui si è retto l’ordine liberale dal secondo dopoguerra, pur essendo la prima istituzione messa in discussione dalla caduta del muro di Berlino è quella che più ha cercato di adattarsi alla crisi, con gli allargamenti e con gli interventi militari rimane l’unico strumento multilaterale di gestione della sicurezza europea.
Non bisogna confondere Nato con esercito europeo.
La NATO esprime un esercito di alleati, non necessariamente aderenti alla UE con paesi come la Turchia che giocano poi un ruolo autonomo e potenzialmente in contrasto con gli interessi europei, basta pensare alla politica neo ottomana in Albania e nei Balcani, in Libia, in Siria senza dimenticarsi Cipro.
Ricorda sotto certi aspetti la triplice Alleanza, all’interno della quale ognuno “lavorava per sé”, tanto per citare un paese a caso noi e la Turchia siamo riusciti a farci una guerra nel 1912, pur essendo all’interno di uno stesso quadro di alleanze.
2 anni fa parlammo di questo, proprio qui ad Eupilio ,era il periodo in cui si ipotizzava un attacco ibrido al territorio europeo perché la Bielorussia tagliava i fili dei reticolati al confine polacco per far passare i migranti.
Oggi siamo passati dalle pinze ai droni.
Inoltre senza un esercito europeo c’è il rischio che la NATO si sovrapponga dal punto di vista militare alle decisioni europee, e la Nato ha una contraddizione, cioè quella di avere gli Stati Uniti come azionista di maggioranza, che in caso di risposta unilaterale alla Russia coinvolgerebbe tutti gli altri Paesi, ed inoltre non è detto che gli interessi americani siano gli stessi degli europei.
Non a caso la domanda dell’Ucraina di aderire velocemente alla Nato è stata congelata.
L’esercito europeo fu stoppato la prima volta dalla Francia e anche adesso, che un esercito potrebbe essere sbilanciato verso est, con un nuovo ruolo della Germania, trova perplessità in Francia.
Può darsi che il percorso di integrazione europea, un po' anomalo possa passare dopo la moneta unica nella creazione di un esercito europeo.
La guerra, o meglio il conflitto armato come si usa dire dopo la seconda guerra mondiale nel diritto internazionale, è sempre stata presente in Europa dopo il 1945. Abbiamo avuto in Italia l’indipendentismo, o banditismo secondo l’interpretazione storica che si vuole dare, in Sicilia con impiego di reparti militari, non solo i Carabinieri. Il terrorismo altoatesino che colpi vaie caserme con attentati e numerose vittime tra i militari.
La Guerra civile greca dal 46 al 49.La guerra tra governo monarchico e partigiani comunisti fu un momento estremamente delicato della contrapposizione U.S.A-U.R.S.S. perché si temette un allargamento dell'egemonia Sovietica all'area dell’Egeo.
L’invasione dell’esercito turco a Cipro nel 1974.
Le guerre d’indipendenza Slovena e Croata.
La guerra in Bosnia, Kossovo, Macedonia, cioè quella che possiamo chiamare guerra civile jugoslava fino al 1995 La guerra dell’Ucraina orientale o guerra del Donbass. Inizialmente indicata come rivolta (o crisi) dell'Ucraina orientale, è un conflitto, tuttora in corso che ha avuto inizio il 6 aprile 2014.
L’intervento militare inglese in Irlanda del nord negli anni 60.
C’è stato poi un conflitto asimmetrico a bassa intensità come il terrorismo che ha coinvolto diversi paesi, noi in particolare conosciamo bene questa storia.
Possiamo aggiungere anche vari colpi di stato tentati o riusciti.
Poi abbiamo rivolte nel Europa dell’Est: in Ungheria nel 1956 e molte che non conosciamo come la resistenza nelle repubbliche baltiche, in Ucraina e Romania continuata fino al 1960.Poi c’è l’intervento in Cecoslovacchia nel 1968 Tutte queste guerre o conflitti armati non hanno però mai influito sui rendimenti borsistici mondiali, un po' perché non era ancora iniziata la globalizzazione e perché erano pur sempre conflitti locali all’interno di un perimetro delineato dalla guerra fredda.
Mentre dall’inizio della guerra in Ucraina le perdite delle borse sono tutte a due cifre, è superfluo spiegare il perché, basta pensare ad energia e grano , così interconnessi a livello mondale.
Questo significa che questo conflitto, per le ripercussioni che ha, si può definire mondiale, anche se il termine III guerra mondiale lo usa solo il Papa, forse perché è l’unico che può usare quell’espressione.
Inoltre questa guerra si presenta all’interno di una crisi del sistema multilaterale.
L’ordine liberale è in crisi, perché nella globalizzazione, non è riuscito a mantenere le promesse di benessere, democrazia e sicurezza.
E la scelta del multilateralismo si fonda su una leadership basata su istituzioni internazionali che sviluppano un legame tra istituzioni, legittimità politica e democrazia.
In una situazione di questo tipo un esercito comune europeo diventa una necessita urgente.
Già agli inizi degli anni ’50, l’esigenza di una difesa comune, ampiamente sentita, ha portato all’elaborazione del progetto della Comunità europea di difesa (C.E.D.) rimasto, però, inattuato a causa del mancato adeguamento degli ordinamenti nazionali alla prospettiva di una policy della difesa integrata secondo una pianificazione strategica sovranazionale. In questa prospettiva la bozza della costituzione europea prevede tra gli obiettivi dell’Unione, “la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune”. Gli effetti dell’adesione dell’Italia al dialogo europeo per la realizzazione di una difesa comune si sono concretizzati già 60 anni fa nell’ordinamento vigente con la legge n° 1862/62, concernente la delega al Governo per il riordinamento del Ministero della Difesa e degli Stati Maggiori.
Negli anni ’60 l’idea di difesa comune era ancora legata al concetto di alleanza, che presuppone una cooperazione per la definizione di una strategia comune contro una minaccia, gestita da un Comando alleato ma attuata da Comandi nazionali.
L’alleanza, infatti, consente agli Stati membri di realizzare gli obiettivi essenziali di sicurezza nazionale mediante un sforzo congiunto, fermo restando che nessun alleato debba rinunciare al diritto di perseguire autonomamente i propri interessi nazionali, continuando a gestire la responsabilità della propria difesa con una strategia individuale.
L’alleanza, in sostanza, non incide sull’assoluta autonomia della politica militare dei singoli alleati nell’ambito della rispettiva politica nazionale, né implica alcun impegno di cooperazione nei settori collaterali della politica militare. Impone soltanto l’impegno di fornire i contributi di risorse, uomini mezzi e strutture, ogni volta che è necessario.
Oggi, l’idea di difesa comune che si sta sviluppando richiede una progressiva unificazione della politica militare nel quadro di una politica di sicurezza unitaria, pensata per poter diventare una politica unica, governata a livello sovranazionale, risultante dalla armonizzazione delle politiche nazionali, ossia dalla razionalizzazione comunitaria delle esigenze di policy militare sia economica sia organizzativa. Un’ulteriore conferma di questo orientamento politico si rinviene anche nella norma concernente l’istituzione del servizio militare professionale, che ridefinisce i compiti delle Forze Armate. (Fanno sorridere le banalità in campagna elettorale di Salvini circa il ritorno della leva obbligatoria). La necessità dell’appropriata armonizzazione dell’opzione per la difesa comune con gli ordinamenti nazionali deriva dal fatto che l’impegno per la formazione di una Forza multinazionale implica la responsabilità di tutti i Paesi. Il richiamo al rispetto delle norme costituzionali nazionali previsto dalla bozza di costituzione europea per l’adesione alla difesa comune conferma quanto tale adesione sia determinante e significativa per la configurazione dell’identità europea.
Per la sicura affidabilità di tale Forza é indispensabile che la composizione non risulti dalla mera sommatoria di contingenti di diversa nazionalità e di differente formazione, è altresì essenziale che i singoli militari acquisiscano chiara coscienza circa l’irrinunciabilità di un impegno, non freddamente professionale, orientato E’ chiaro che solo una forza coesa possa raggiungere livelli di operativi che rendono credibili la politica di difesa comune, e la politica di sicurezza europea, anche nell’ottica di una costante cooperazione atlantica per la garanzia della sicurezza globale.
Teniamo presente che esperienze di eserciti multinazionali si riferiscono a secoli scorsi, dobbiamo arrivare a quelli napoleonici o quello austroungarico.
Un esercito europeo sarebbe anche un fattore di deterrenza, ed una delle cause dell’invasione russa è stata anche la sottovalutazione della capacità di resistenza dell’Ucraina.
La Nato una delle istituzioni su cui si è retto l’ordine liberale dal secondo dopoguerra, pur essendo la prima istituzione messa in discussione dalla caduta del muro di Berlino è quella che più ha cercato di adattarsi alla crisi, con gli allargamenti e con gli interventi militari rimane l’unico strumento multilaterale di gestione della sicurezza europea.
Non bisogna confondere Nato con esercito europeo.
La NATO esprime un esercito di alleati, non necessariamente aderenti alla UE con paesi come la Turchia che giocano poi un ruolo autonomo e potenzialmente in contrasto con gli interessi europei, basta pensare alla politica neo ottomana in Albania e nei Balcani, in Libia, in Siria senza dimenticarsi Cipro.
Ricorda sotto certi aspetti la triplice Alleanza, all’interno della quale ognuno “lavorava per sé”, tanto per citare un paese a caso noi e la Turchia siamo riusciti a farci una guerra nel 1912, pur essendo all’interno di uno stesso quadro di alleanze.
2 anni fa parlammo di questo, proprio qui ad Eupilio ,era il periodo in cui si ipotizzava un attacco ibrido al territorio europeo perché la Bielorussia tagliava i fili dei reticolati al confine polacco per far passare i migranti.
Oggi siamo passati dalle pinze ai droni.
Inoltre senza un esercito europeo c’è il rischio che la NATO si sovrapponga dal punto di vista militare alle decisioni europee, e la Nato ha una contraddizione, cioè quella di avere gli Stati Uniti come azionista di maggioranza, che in caso di risposta unilaterale alla Russia coinvolgerebbe tutti gli altri Paesi, ed inoltre non è detto che gli interessi americani siano gli stessi degli europei.
Non a caso la domanda dell’Ucraina di aderire velocemente alla Nato è stata congelata.
L’esercito europeo fu stoppato la prima volta dalla Francia e anche adesso, che un esercito potrebbe essere sbilanciato verso est, con un nuovo ruolo della Germania, trova perplessità in Francia.
Può darsi che il percorso di integrazione europea, un po' anomalo possa passare dopo la moneta unica nella creazione di un esercito europeo.