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Non possiamo girarci dall'altra parte

Scritto da Edoardo Pivanti.

Articolo di Edoardo Pivanti.

Sulla guerra in Ucraina ho scritto e scrivo poco, un po' perché non mi ritengo un esperto di geopolitica e un po' per altre questioni personali, ma i recenti attacchi comunque mi fanno venire in mente alcune frasi che voglio riportare qui, così come ho letto alcuni "pipponi" da manuale di politica estera che francamente lasciano il tempo che trovano.
Noi possiamo invocare la pace, chiedere una mediazione e il cessate il fuoco, ed è sacrosanto, ma per citare una frase del film "L'ora più buia", "Non si può ragionare con una tigre se la tua testa è dentro la sua bocca". Siamo proprio in quell'ora. Un negoziato diventerà possibile quando ci sarà la volontà della Russia di fermare seriamente il conflitto, e stanti così le cose questa volontà non c'è perché Putin non ha altra scelta se non proseguire fino all'estremo, per motivi interni ed anche esteri. Nella sua testa non esisterà il "cessate il fuoco" solamente quando ci sarà qualche scampolo di bomba che potrà rivendere come "vittoria", almeno per il consenso interno.
In più mi fan ridere le dichiarazioni, dopo il crollo del ponte in Crimea, nelle quali il governo di Mosca si "ritiene offeso" per l'attacco. Oh bella, hai iniziato una e ti scandalizzi se si difendono? Tenendo conto che il tutto è cominciato come "attacco preventivo" quindi a difesa non si sa bene contro quale complotto, c'è qualcosa che non torna in questo ragionamento.
Inviare armi all'Ucraina è una scelta di campo, l'unica scelta possibile. Non perché l'Ucraina e il suo governo siano perfetti, ma proprio perché siamo in Europa e "non siamo un incidente della storia" dobbiamo fare quella scelta, l'unica possibile se vogliamo evitare che venga messo in discussione quello che a fatica è stato costruito negli anni del dopoguerra.
Non possiamo girarci dall'altra parte (e non dovremo farlo mai in qualunque situazione analoga, e ce ne sono) e permettere che tutto si risolva in un "eh ma noi siamo per la pace quindi non inviamo armi". Non è con il pacifismo da salotto che risolviamo la questione, e come detto sopra è giustissimo chiedere i negoziati, quando saranno possibili...quando però?
I vari "eh ma..." lasciamoli al dopo, perché ora la situazione non ce lo consente (eh ma la Nato, eh ma Azov, eh ma la Wagner, eh ma...).
D'altronde se è vero che la politica ha sempre conseguenze sui singoli, e se come diceva Von Clausewitz "La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi", allora pensiamo questo: che le conseguenze delle nostre scelte le pagheranno madri che non sanno se e quando rivedranno i loro figli o i loro mariti, figli che non vedono l'ora di tornare dai genitori, famiglie sparse per l'Europa che non sanno se tra qualche tempo avranno ancora una terra che potranno chiamare casa. Così come le pagheranno quei ragazzi che scappano da un paese che li vuole costringere ad andare al fronte per i deliri di un pazzo, a sparare ad un loro fratello.
Mettiamoci nei loro occhi prima di scrivere. Mettiamoci accanto a loro per una volta, ma sul serio. Perché è facile scrivere un poema, è facile quando siamo tutti al "caldo" con un tetto sopra la testa. È facile invocare la pace quando siamo sicuri che i muri di casa nostra non crolleranno da un momento all'altro.
Ma purtroppo non è tutto tremendamente facile come nei nostri post...compreso questo.
P.s. sapete che non sono né uno che risponde ad ogni singolo commento né uno che banna se il commento non gli va...non ve la pigliate a male eh...

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