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Riforma del Codice Antimafia e dell'Agenzia dei Beni Confiscati

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco MirabelliAll’inizio di questa legislatura è stato evidente sia al Governo che al Parlamento che vi era la necessità di intervenire sulla legislazione antimafia, soprattutto per quanto riguarda le misure di prevenzione (quindi, sequestro, confisca e gestione dei beni confiscati). Molte, infatti, sono state le disfunzioni che abbiamo riscontrato e molti sono i fatti che ci hanno spinto a sottolineare la necessità di modificare sia le procedure ma anche il ruolo dell’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Da una prima verifica, infatti, emerge che l’Agenzia, pur essendo stata istituita di recente, deve essere cambiata su molti aspetti.
Con la normativa vigente, siamo di fronte ad una difficoltà reale di garantire uno dei punti fondamentali della cosiddetta “Legge La Torre-Rognoni” (Legge 13-9-1982, n. 646) e cioè che i beni confiscati diventino patrimonio della collettività.
In particolar modo, per ciò che concerne le aziende, la normativa attuale non garantisce di intervenire su di esse in tempi utili per salvaguardare l’occupazione e garantire a molte delle imprese confiscate di proseguire la loro attività o, comunque, per i lavoratori, di ritrovare una collocazione nel caso in cui l’azienda venisse messa in liquidazione. Questa questione è fondamentale perché è evidente che si dà un segnale molto negativo nel momento in cui, soprattutto nel Meridione, il messaggio che passa è che le aziende funzionano quando sono in mano alla mafia mentre chiudono quando subentrano lo Stato e le Istituzioni.
Oltre a ciò, occorre ammettere che fino ad ora si è fatta molta fatica ad assegnare i beni confiscati - che sono moltissimi - perché c’è una farraginosità delle procedure.
L’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata è sicuramente sottodimensionata di figure professionali rispetto alle necessità a cui deve far fronte: non è solo un problema che riguarda gli organici del personale ma anche il fatto che chi è lì, spesso, non è in grado di dare risposte che servono.

Nel corso di questi mesi, abbiamo avviato una lunga verifica attraverso una serie di audizioni nella Commissione Bicamerale Antimafia da cui è emerso che, in alcuni casi, sicuramente ci sono stati problemi soggettivi, ma c’era però anche un problema più complessivo per cui si è evidenziata la necessità di un adeguamento della normativa. Il lavoro di riforma del Codice Antimafia è il frutto di una serie di studi che sono stati realizzati nel corso di questa legislatura, a partire da due Commissioni (la prima presieduta da Giovanni Fiandaca e la seconda da Roberto Garofali) che hanno prodotto una serie di documenti con delle proposte di legge, per molti versi anche discordanti tra loro. Questa è stata la base da cui siamo partiti come Commissione Parlamentare Antimafia. Poi abbiamo svolto una serie di audizioni per cercare di capire come funzionavano le cose e quali fossero i problemi e per approfondire le esperienze positive che comunque, anche se la normativa vigente non era di aiuto, ci sono state e sono diventate una sorta di punto di riferimento per costruire la nostra proposta.
Guglielmo Muntoni (Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma), ad esempio, ha sicuramente messo in pratica atti che hanno ispirato una parte della nostra proposta di legge.
La proposta di legge uscita dalla Commissione Parlamentare Antimafia e depositata in un DDL a mia firma al Senato (A.S. n. 1690) e in un DDL a firma di Rosy Bindi alla Camera dei Deputati (A. C. 2737) ha cominciato il suo iter di discussione dalla Camera dei Deputati.
Il tutto è iniziato in seguito ad un’intesa dei Presidenti di Camera e Senato su come procedere perché tutte le proposte di legge su questa materia (comprese quelle del Governo) erano state già incardinate in entrambi i rami del Parlamento e il risultato è che ora, la parte inerente la riforma dei Beni Confiscati e l’Agenzia è stata affidata alla Camera dei Deputati mentre altre normative inerenti la modifica del Codice Antimafia sulle procedure di scioglimento dei Comuni per infiltrazioni della criminalità organizzata e una serie di altre questioni sono state date al Senato. La Camera dei Deputati ha già iniziato la discussione in Commissione Giustizia (Presieduta dall’on. Donatella Ferranti) e sono già state fatte diverse audizioni, il testo base con cui vengono unificate le diverse proposte in campo è molto simile a quello prodotto dalla Commissione Antimafia, come era stato concordato anche con il Governo.
A breve la Commissione Parlamentare Antimafia audirà anche il Ministro della Giustizia Andrea Orlando per chiarire meglio alcuni aspetti su cui sono rimaste delle divergenze, la più significativa riguarda proprio l’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Noi, come Commissione Antimafia, pensiamo che l’Agenzia così com’è ora non abbia senso sia per le funzioni che le sono attribuite sia per le sedi diverse sparse sul territorio ma tutte dipendenti dal Ministero degli Interni, in quanto ciò che deve svolgere ha poco a che fare con quel Ministero. La proposta della Commissione Antimafia, quindi, è che la direzione dell’Agenzia dei Beni Confiscati passi sotto l’egida della Presidenza del Consiglio ma su questo punto il Governo, al momento, ha un’opinione diversa.
Rispetto alla modifica delle procedure che riguardano il sequestro o la confisca dei beni si è, invece, trovato un punto di equilibrio e le proposte si stanno allineando.
Questo è, dunque, il quadro della situazione attuale.
La volontà delle forze politiche di maggioranza, così come quella della Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati è di far procedere questo disegno di legge piuttosto speditamente, per cui la discussione in Parlamento dovrebbe arrivare senza particolari intoppi. Se la Camera dei Deputati, in cui il tutto è stato già avviato, facesse un buon lavoro e al Senato arrivasse un testo che si può approvare senza ulteriori modifiche, ovviamente, l’approvazione definitiva arriverebbe prima.

Il testo base che unifica le diverse proposte e su cui si sta lavorando attualmente, comunque, è frutto di un ampio lavoro della Commissione Parlamentare Antimafia che si era tradotto anche in una mozione che è stata votata quasi all’unanimità sia alla Camera dei Deputati che al Senato in cui sono contenuti tutti gli obiettivi e i principi stabiliti in quella proposta di legge.
L’altra ragione per cui il testo base ricalca quello della Commissione Antimafia è che in quel DDL è contenuta una proposta di riforma più organica rispetto alle altre, proprio perché frutto dell’ascolto dei diversi soggetti operanti nel settore e della raccolta dei suggerimenti arrivati e delle buone prassi.
Già in Commissione Antimafia, con il disegno di legge prodotto, avevamo cercato di trovare una sintesi tra le diverse necessità.

L’articolato guarda ad alcuni obiettivi:
1) Semplificare la normativa vigente perché, oggettivamente, è molto complicata;
2) Intervenire sulle criticità che sono state segnalate per migliorare i procedimenti;
3) Dare garanzie precise e gare trasparenti alle diverse parti che vengono coinvolte nei procedimenti;
4) Organizzare il lavoro degli amministratori giudiziari, superando però il loro ruolo per come è stato esercitato fino ad oggi cioè come se fossero dei meri custodi dei beni o delle aziende confiscate e, invece, ragionare su un ruolo vero, con possibilità gestionali effettive (soprattutto per quanto riguarda le imprese), in modo che queste figure facciano da facilitatori di un procedimento che possa portare a scegliere le soluzioni migliori per le aziende sequestrate;
5) Ridefinire il ruolo e l’impegno dell’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata;
6) La tutela del lavoro: per quanto riguarda le imprese, infatti, a prescindere da quale sarà la scelta, il punto da risolvere è come si tutela il lavoro di chi opera dentro le aziende sequestrate e confiscate;
7) La gestione del credito: restando sul tema delle aziende sequestrate, serve introdurre norme chiare sulla gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati ma anche rispetto a come si gestisce la questione dei crediti delle stesse;
8) Un progetto chiaro di intervento sulle aziende confiscate che si avvii da subito al momento in cui scatta la procedura del sequestro perché a ciò si lega la sopravvivenza delle aziende stesse. Il progetto deve sicuramente tutelare i creditori terzi e regolamentare i rapporti contrattuali dei debiti e dei crediti.

Questi obiettivi che si vogliono raggiungere hanno portato ad introdurre una serie di novità all’interno della normativa antimafia.
Innanzitutto vi è la scelta di istituire sezioni specializzate distrettuali che si facciano carico dei beni sequestrati e confiscati, comprese le aziende, al fine di garantire una trattazione celere ed efficiente dei procedimenti. Se restano ancorati in tribunali circoscrizionali (che sono 128) come adesso, con dotazioni di personale limitate e pochi magistrati, spesso, si creano conflitti di interesse tra chi ordina il sequestro, persegue la persona che subisce la misura di prevenzione e chi poi gestisce il bene.
Questo problema ha molto limitato le possibilità fino ad oggi.
All’interno delle nuove sezioni specializzate distrettuali, invece, si prevede un meccanismo per cui si ha un giudice delegato di ogni misura di prevenzione che si occupa di quel bene o di quell’azienda dall’inizio alla fine.
Oggi, invece, troppo spesso, i magistrati che sono responsabili del procedimento cambiano man mano che l’iter processuale va avanti e proseguono i gradi di giudizio, mentre, invece, è molto importante – soprattutto per quanto riguarda le aziende – che ci sia un’unitarietà di azione.
Questa, dunque, in sintesi è l’ipotesi che abbiamo elaborato: appena c’è il sequestro del bene, occorre che i magistrati della Sezione Misure di Prevenzione facciano una valutazione della situazione insieme all’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e con altri soggetti adeguatamente competenti che si decide di coinvolgere. La prima valutazione sulle aziende deve essere il comprendere se queste sono in condizioni tali per cui possono solo essere liquidate perché non hanno possibilità reali di rientrare con una capacità competitiva sul mercato. Se si fa questa scelta, è evidente che occorre mettere poi in campo anche altri meccanismi legislativi perché, in questo caso, la liquidazione soddisfa i creditori che possono così riavere ciò che spetta loro ma il problema diventa quello di come si mantiene l’occupazione e, quindi, quali misure si prendono per tutelare l’occupazione e il lavoro (o meglio, per tutelare i lavoratori).
In altri casi, si può valutare che sia utile sostenere le imprese perché esse possono avere ancora una dimensione nel mercato e possono, quindi, mantenere anche l’occupazione. Un esempio pratico di ciò sono state le pizzerie della catena “Pizza Ciro” di Roma: sono state sequestrate 30 pizzerie, il magistrato Guglielmo Muntoni (Presidente della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma) ha convocato l’amministratore giudiziario e spiegato cosa voleva e, nel giro di poche ore, sono stati regolarizzati i lavoratori che non erano regolari e quelle pizzerie oggi sono tutte aperte e producono utili significativi.
Questa è un po’ l’idea di fondo: Magistratura che si occupa delle Misure di prevenzione e Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata si riuniscono e costruiscono un progetto sulla base delle consulenze che quest’ultima deve fornire. In questo modo, è evidente che l’Agenzia cambia funzione e, quindi, necessita di altro tipo di personale perché diventa consulente e dà al magistrato gli elementi per valutare se e in che modo quell’azienda possa svilupparsi e lo aiuta a definire un programma. Il magistrato diventa responsabile del progetto e deve seguirne l’iter durante tutto il percorso giudiziario e si affida poi all’amministratore giudiziario, chiedendogli anche di chiarire qual è il personale, lo staff, le competenze di cui si vuole dotare per portare avanti il tutto.
L’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che deve dare consulenza agli amministratori giudiziari sul merito dei piani industriali e dello sviluppo delle imprese, evidentemente, deve essere molto diversa da come è adesso.
È evidente, infatti, che la precondizione perché l’Agenzia funzioni è che si doti di una serie di consulenti e abbia rapporti con competenze che, solitamente, i manager garantiscono. Non possiamo pensare di creare un’Agenzia che abbia in sé tutte queste managerialità ma deve essere dotata di una sorta di “elenco di manager” che siano in grado di intervenire sulle diverse questioni che possono trovarsi a fronteggiare.
Inoltre, stiamo anche introducendo un altro elemento di novità, cioè stiamo decidendo che una serie di aziende che risultano contigue con la criminalità organizzata, prima di arrivare ad essere interdette o escluse, possano essere di fatto commissariate. Questo in parte è stato fatto su Expo. È evidente che se si entra in questa logica, anche qui trova spazio una managerialità che si rende disponibile ad occuparsi del commissariamento.
A mio avviso, si tratta di una misura utile perché salvaguarda l’occupazione e consente anche che si realizzino i progetti e le opere che sono state assegnate ma senza consentire alcun beneficio alla criminalità organizzata. Per come stiamo definendo la legge, quindi, ci sarà un grande spazio per le competenze. L’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, dunque, in una prima fase diventa il regista di questo tipo di lavoro.

È evidente che tutto ciò non funziona, però, se non si pone rimedio a due questioni. La prima è che, in assenza di misure diverse da quelle attuali, si rischia che si vada a ragionare sulle procedure fallimentari normali, le quali ovviamente rendono impossibile il rilancio di un’azienda. Le aziende confiscate, oltretutto hanno una serie di problemi, perché come scatta il sequestro qualunque fornitore chiede immediatamente di rientrare da tutti i crediti.
L’altra questione riguarda le banche: nella nostra esperienza in Commissione Bicamerale Antimafia abbiamo visto che, troppo spesso, appena viene sequestrata l’azienda, le banche chiedono di rientrare.
Per far fronte a queste situazioni, nella proposta di modifica del Codice Antimafia, ci sono una serie di norme che, rispetto ai creditori terzi, prevedono un procedimento che porta a distinguerne le diverse tipologie.
I creditori che sono strategici per l’azienda, cioè quelli di cui l’azienda avrà bisogno comunque per poter continuare a lavorare, diventano coloro a cui va riconosciuto il loro credito subito, mentre gli altri creditori devono invece rientrare nel percorso di verifica che ha tempi più lunghi.
Rispetto alle banche, invece, l’ipotesi è quella di costruire un Fondo di garanzia degli affidamenti a cui si può accedere su proposta dell’amministratore giudiziario con l’autorizzazione del magistrato. Il Fondo deve essere alimentato dal F.U.G. (Fondo Unico per la Giustizia), cioè dai soldi che vengono anch’essi dai sequestri alla criminalità organizzata ma che oggi vanno in parte al Ministero degli Interni e in parte al Ministero della Giustizia e sono utilizzati per pagare premialità e straordinari alle forze dell’ordine e agli operatori della giustizia.
Noi pensiamo che una quota del F.U.G. debba essere destinata ad alimentare quel Fondo e un’altra quota debba andare ad alimentare un altro Fondo da destinare ai Comuni, che spesso si trovano con dei beni confiscati in gestione ma nella pratica non hanno le risorse economiche per sistemarli, renderli agibili e, come dice la “Legge La Torre-Rognoni”, metterlo a disposizione della collettività.
Sul tema dei creditori, se si segue la legge attuale, tutte le aziende confiscate rischiano di andare verso il fallimento e questo non ce lo possiamo permettere, per questo va creata un’alternativa ad hoc a tutela dell’integrità di queste aziende, quando è possibile tutelarla.
Questa, dunque, è la parte fondamentale delle novità che abbiamo proposto.

Tornando all’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, in questo contesto è evidente che deve cambiare totalmente funzione. Innanzitutto, l’Agenzia dovrà partecipare all’udienza in cui si deciderà se liquidare o meno l’azienda confiscata e in cui si deciderà il piano nel caso dovesse essere rilanciata ma questo implica che venga ripensato anche il personale dell’Agenzia e le qualifiche che ne fanno parte, in quanto ci deve essere ovviamente un organico adeguato e professionale.
Per l’Agenzia Nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ci sono anche molte altre norme che riguardano la partecipazione delle Associazioni e la costruzione di una Consulta che la affianchi e che valuti i criteri per l’assegnazione dei diversi beni.

C’è poi tutto il tema che riguarda il lavoro e altre modalità di sostegno per le aziende sequestrate e confiscate nel momento in cui vogliamo rilanciarle.
La proposta di legge uscita dalla Commissione Parlamentare Antimafia prevede una serie di agevolazioni fiscali ed altre agevolazioni per chi assume persone che erano dipendenti di società e aziende che una volta sequestrate sono state messe in liquidazione. C’è poi una norma in cui si dice che è possibile creare convenienza per chi si serve da quell’azienda. Ad esempio, a Trapani, c’è una cava sequestrata a cui gli Enti Locali inviano tutte le loro commesse senza gara o senza altro proprio per dare una premialità a chi garantisce a quella società sequestrata di andare avanti.

Ci sono poi altre modifiche alla normativa vigente volte ad estendere la platea di chi può subire il sequestro e la confisca. Oggi, inoltre, con la legge anticorruzione recentemente approvata, anche chi viene condannato per corruzione subisce il sequestro e la confisca dei beni e del patrimonio.
Attualmente è stato riscontrato anche un problema di chi propone le misure di prevenzione e la modifica proposta al Codice Antimafia vuole estendere al Procuratore Nazionale Antimafia la possibilità di promuovere questi provvedimenti.
Queste sono fondamentalmente le novità che stiamo cercando di portare.

Video dell’intervento del sen. Franco Mirabelli»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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