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Il potere d'acquisto dei salari e la crisi

Scritto da Franco Mirabelli.

Intervento di Franco Mirabelli a 7Gold.

Il Paese non è in recessione ma certamente ci sono pezzi importanti di popolazione che sono sempre più in difficoltà. Il provvedimento che abbiamo approvato è emergenziale, serve per provare a dare una risposta che limiti i disagi e i problemi derivanti dall’aumento dei costi dell’energia e mira a garantire la tenuta del sistema produttivo, delle imprese e delle aziende perché possano continuare a dare lavoro.
C’è sicuramente bisogno di riforme strutturali ma continuo a vedere il tema dei salari come decisivo.
Noi siamo un Paese in cui non stanno andando in difficoltà solo i disoccupati o i pensionati con la minima ma c’è uno scivolamento verso il basso di tanti lavoratori dipendenti il cui potere d’acquisto in questi anni è diminuito molto, anche in controtendenza con il resto d’Europa.
Penso che prima della fine della Legislatura il Governo debba fare due cose: la prima è un taglio ulteriore del cuneo fiscale, cioè un’altra riduzione delle tasse sul lavoro che garantisca ai lavoratori di avere più soldi in busta paga; l’altra è il salario minimo perché bisogna fermare questa tendenza alla concorrenza sulla pelle dei lavoratori, per cui per essere competitivi le aziende abbassano il costo del lavoro tagliando i salari e alimentano una competizione a chi si riesce a pagare di meno. Bisogna stabilire dei limiti al di sotto dei quali non si può andare, ci sono in tutti i Paesi d’Europa, credo che dobbiamo farlo anche noi e anche in fretta.


Di fronte alla situazione di difficoltà a trovare lavoratori stagionali e non, il reddito di cittadinanza c’entra poco: il potere d’acquisto dei lavoratori diminuisce da molti anni.
C’è un problema di far incontrare domanda e offerta di lavoro e questo non riguarda solo per gli stagionali ma è un tema più generale. La questione del salario e del potere d’acquisto è decisiva in questo. Se la prospettiva è quella di lavorare 12 ore al giorno per 2 o 3 euro all’ora, a me non stupisce che le persone rifiutino.
Dobbiamo creare le condizioni affinché gli imprenditori possano garantire salari adeguati e lo si fa introducendo il salario minimo (cioè stabilendo che in un settore non si possa pagare una persona meno di una certa cifra); lo si fa facendo in modo che l’aumento dello stipendio non sia a carico interamente dell’imprenditore ma, con il taglio del cuneo fiscale, si consenta all’imprenditore di pagare meno tasse per lasciare più soldi in busta paga ai lavoratori.
Gli ultimi dati sull’occupazione non sono negativi: c’è un aumento significativo delle assunzioni.
Serve, però, fare di più per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato.


La dipendenza dalla Russia è molto legata anche al fatto che la Russia in questi anni ha fatto prezzi migliori per quello che riguarda il gas. Il grande errore che ha fatto il nostro Paese è quello di non aver diversificato i fornitori e le fonti energetiche e non lavorare per accelerare sulle fonti di energia rinnovabile, come il solare, l’eolico, il geotermico, che credo che possano essere considerate le risorse del futuro.
Stiamo vivendo una fase di transizione.
Il gas serviva da una parte a rinunciare alle fonti energetiche più inquinanti come petrolio e carbone, dall’altra ad aiutare al passaggio a fonti energetiche pulite.
Certamente in questa fase, la guerra e la crisi energetica mettono in difficoltà questa transizione.
Credo che vada riconosciuto al nostro Governo il fatto di esser stati i primi e i più efficaci in questi tre mesi nel cercare e ottenere forniture alternative a quelle russe, dall’Algeria a da altri Paesi africani e penso che si possa riuscire anche in tempi brevi ad affrancarci dalla dipendenza dal gas russo.

Bisogna anche intervenire per tassare di più i super-introiti di chi ha speculato o di chi ha guadagnato di più in questi mesi dagli aumenti, come chi aveva riserve di gas o di materie prime acquistate precedentemente. Questi hanno avuto profitti molto significativi mettendo quelle materie e quelle forniture sul mercato ai prezzi nuovi. Credo che lì ci sia ancora da lavorare per liberare altre risorse e metterle a disposizione di un abbattimento dei costi delle bollette, soprattutto per le famiglie che sono più in difficoltà.
Non ci possiamo permettere provvedimenti generalizzati che vadano a beneficio di tutti: partiamo da chi è più in difficoltà e chi più soffre.

I bonus possono rappresentare una risposta a molte questioni. Il superbonus del 110% non è fatto solo per far lavorare di più le imprese edili, dare più posti di lavoro e far ripartire un settore ma è fatto a determinate condizioni per ridurre i consumi energetici nelle nostre case, per cambiare i sistemi di riscaldamento facendoli funzionare con risorse rinnovabili.
Penso che il superbonus e i bonus energetici e ambientali siano la risposta giusta per un Paese che ha bisogno di chiudere in fretta con la transizione e liberarsi dei costi del gas o del petrolio e del carbone e ci garantisce un utilizzo maggiore delle energie rinnovabili e ci fa pagare meno il riscaldamento.

È evidente che anche sulla questione del grano bisogna correre ai ripari. Bisogna intervenire in fretta sulle aree del nostro Paese che non sono coltivate e che possono esserlo o per modificare colture per produrre più grano in Italia. Su questo fronte, comunque, se l’Europa lavora di comune accordo penso che l’Italia possa cavarsela. C’è, però, un grande tema che riguarda i Paesi più poveri dell’Africa, che sono i più penalizzati dal blocco del grano in Ucraina.

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