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Battersi per la pace significa stare a fianco delle vittime e di chi difende il proprio diritto ad esistere come popolo, nazione e democrazia

Scritto da Franco Mirabelli.

Articolo di Franco Mirabelli pubblicato dal mensile Zona Nove.

La speranza che l’aggressione russa all’Ucraina terminasse in pochi giorni non si è realizzata.
La guerra dura ormai da oltre un mese e coinvolge in modo disumano e inaccettabile la popolazione civile: meno appaiono efficaci le operazioni militari sul terreno e più Putin ha scelto di bombardare le città, accanirsi sui civili, uccidere a sangue freddo civili indifesi, terrorizzare persone inermi lasciandole in molte città senza acqua, cibo e al freddo. Non credo esista nessuna giustificazione per le migliaia di morti civili e i milioni di profughi che sono frutto di una volontà di dominio e di potere che fa scomparire ogni principio di umanità e di pietà.
Si può discutere tutto, se ci fosse qualcosa che si poteva fare e non si è fatto per evitare la guerra - e ci sarà tempo per farlo - ma oggi, di fronte all’orrore che ci coinvolge e ci riguarda, è evidente che c’è un aggressore e un popolo aggredito, che battersi per la pace non può significare accettare la prepotenza di chi vuole togliere diritti e libertà ma significa stare a fianco delle vittime e di chi difende il proprio diritto ad esistere come popolo, nazione e democrazia.
L’Europa ancora una volta di fronte ad una emergenza, come è stato per la pandemia, ha ritrovato unità e una capacità di azione comune; ancora una volta appare chiaro come sia interesse di ogni nazione scegliere di rafforzare l’iniziativa europea per avere più forza e rispondere ad un’aggressione che è anche contro l’Europa stessa e le democrazie liberali.
Anche di fronte alla guerra non hanno prevalso i singoli interessi nazionali ma la necessità di dare una risposta comune, più forte perché condivisa sui tre fronti aperti: l’accoglienza dei profughi, le sanzioni economiche alla Russia e l’aiuto militare alla resistenza Ucraina, che si può solo tradurre nell’invio di armi, visto che ogni altro coinvolgimento sul terreno comporterebbe una escalation pericolosa e scenari ancor più pericolosi.
È evidente che tre milioni di profughi non possono essere un problema solo dei Paesi confinanti, così come è chiaro che le sanzioni economiche per essere efficaci hanno bisogno di essere applicate da tutti i Paesi occidentali e anche la crisi energetica che stiamo affrontando ha bisogno di essere affrontata nella dimensione europea, insieme, per contenere le conseguenze economiche e soprattutto sociali che sta già producendo.
È evidente, infatti, che la dipendenza energetica dalla Russia è un problema grande e che riguarda tutta l’Europa.
L’accordo fatto al recente vertice europeo per contrattare il prezzo del gas come Unione Europea è un primo risultato europeo che può dare vantaggi a tutti, ma serve di più oggi, fissando un tetto comune ai prezzi, e soprattutto guardando al futuro per liberarsi in pochi anni della dipendenza dal gas russo e trovare altri fornitori; estrarre più combustibile dagli impianti italiani e aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili e dall’idroelettrico.
Certamente nei prossimi mesi l’impatto complessivo della guerra sarà significativo e rischierà di colpire tante famiglie: l’aumento delle bollette, delle materie prime e dei prodotti agricoli stanno producendo una crescita dei prezzi significativa e riducendo tanto il potere di acquisto delle persone col rischio di aumentare difficoltà e diseguaglianze.
In queste settimane, il Governo e il Parlamento hanno fatto alcune scelte per ridurre i disagi prodotti dall’inflazione: innanzitutto si sono temporaneamente cancellate alcune accise sulla benzina, riducendo significativamente il prezzo alla pompa; in secondo luogo si sono previsti sostegni per i redditi medio bassi per ridurre il costo delle bollette e si sono finanziate queste misure e altre a sostegno delle imprese tassando le entrate extra delle aziende che hanno beneficiato degli aumenti e, quindi, potuto guadagnare di più sulle materie prime comprate prima e vendute dopo gli aumenti.
Queste misure andranno migliorate nelle prossime settimane ma, ovviamente, gli effetti della crisi saranno condizionati da due fattori decisivi: la capacità del Paese di utilizzare al meglio i soldi del PNRR per sostenere l’economia e l’occupazione e la durata della guerra, che tutta la comunità internazionale deve impegnarsi a ridurre il più possibile; nell’interesse, soprattutto, del popolo ucraino, senza arretrare dai principi della democrazia e del diritto internazionale.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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