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Giusto lottare per la pace ma no alla resa incondizionata di un Paese

Scritto da Stefano Facchi.

Articolo di Stefano Facchi

Nel 1976 sono stato incarcerato a Gaeta perché, in quanto militante della sinistra rivoluzionaria, era stata respinta la mia richiesta di obiezione di coscienza e io avevo disertato.
Mio vicino di cella era addirittura Kapller. L'altro era Reder.
Fui processato e condannato.
Quindi non sono certo un militarista o un guerrafondaio.
Però, nella mia vita, mi sono sempre schierato a favore dei paesi occupati e ho sempre urlato a squarciagola il loro diritto a difendersi contro l'imperialismo, spesso rappresentato dagli Stati Uniti e dalla Nato.
Proprio in continuità con questa storia oggi sto dalla parte dell'Ucraina.
Non perché abbia simpatie di alcun tipo per il suo governo e per la tolleranza inaccettabile nei confronti delle bande neonaziste.
No.
Semplicemente perché respingo l'idea che la terza potenza mondiale per armamenti possa invadere e occupare un paese confinante portando morte, miseria e distruzione per milioni di persone.
La pace è una conquista sacrosanta, che dobbiamo perseguire con tutte le nostre forze: però non ha niente a che vedere con la resa incondizionata che molti chiedono all'Ucraina.
I suoi abitanti sono pronti a combattere anche con la fionda ed è nostro dovere aiutarli per costringere la Russia a sedersi ad un tavolo di pace.
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