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Il carcere nella società

Scritto da Franco Mirabelli.

Intervento di Franco Mirabelli all'Agorà Democratica “Il carcere nella società. Il ruolo delle istituzioni pubbliche e della società civile per una pena rispettosa della Costituzione” a Torino (video).

Questo è un primo appuntamento. Abbiamo molte questioni da affrontare.
Voglio fare alcune riflessioni, a partire dagli auguri di buon lavoro al Dottor Renoldi, nuovo Direttore del DAP, che ha di fronte a sé un incarico molto complicato. Non chiediamo al DAP, alle istituzioni e alla Ministra della Giustizia una gestione ordinaria in questa fase, nella convinzione che il carcere abbia bisogno di cambiamenti molto significativi nelle strutture e in tante delle sue modalità.
Credo che il Dottor Renoldi possa svolgere bene quell’incarico: ha la nostra fiducia; la sua attenzione ai principi costituzionali gli consentirà di governare il DAP mettendo al centro gli obiettivi di rieducazione e reinserimento per chi deve espiare la pena. Dobbiamo chiudere definitivamente la fase in cui, nel nostro dibattito sul carcere e sulle pene, hanno avuto la cittadinanza frasi come quelle per cui bisogna buttare via le chiavi quando si finisce in carcere perché si compie un reato.
Dopo le polemiche insensate di queste settimane in cui, anche nelle Commissioni parlamentari, si è cercato di contrapporre l’interesse degli agenti a quelli dei detenuti, credo che si debba aprire una fase in cui tutte le istituzioni lavorino per aiutare a risolvere i problemi drammatici che ci sono nel carcere, nel rispetto della Costituzione.
È interesse di tutti fare questo sforzo e unire le istituzioni per migliorare la vita nelle carceri.
Se migliora la vita nelle carceri, migliora per tutti, sia per chi ci lavora che per i detenuti: non c’è una parte che deve prevalere sull’altra.
Non è possibile creare le condizioni per un carcere che svolga la propria funzione in modo migliore se si contrappongono la sicurezza e la necessità di mettere in campo tante forme che garantiscano la rieducazione e l’inserimento.
Il tema dell’Agorà è importante, guardando anche a ciò che è successo a Torino e in Campania.
Per migliorare il carcere servono molte cose, a partire dal migliorare le strutture. Per questo, credo che sia importante il lavoro che ha fatto Andrea Giorgis, che ha consentito di destinare una parte delle risorse previste dal PNRR al miglioramento e all’ampliamento di alcune strutture carcerarie, non tanto per aumentare i posti di detenzione ma per aumentare in maniera significativa gli spazi per il trattamento, per il lavoro e per la formazione.
Sicuramente ci sono da fare molti interventi sul carcere.
Credo, però, che ci sia anche nelle vicende negative che ci sono state in questi anni un punto su cui occorre riflettere.
Il carcere non può essere isolato dal territorio: dobbiamo guardare al carcere come ad un quartiere delle nostre città e parte dei nostri territori. Questo è un punto decisivo perché può rafforzare il percorso trattamentale, le occasioni di incontro, di formazione e di lavoro ma anche perché può aumentare la percezione positiva del carcere e la sicurezza di tutti.
Credo che serva l’impegno di tutte le istituzioni: non può essere delegato tutto alla struttura carceraria e al DAP.
Per i problemi che riguardano la salute, soprattutto quella psichiatrica, all’interno del carcere serve una collaborazione diversa rispetto a quella che c’è in molte realtà con le strutture sanitarie del territorio.
Ci sono esperienze importanti da questo punto di vista.
Siamo ancora dentro ad un’emergenza sanitaria.
In questi anni di pandemia abbiamo fatto di tutto per introdurre normative che intervenissero per ridurre la sovrappopolazione carceraria.
Avremmo voluto fare di più.
In questi anni, la comunicazione con l’esterno si è ridotta anche con i familiari, molti spazi di formazione e di lavoro si sono ridotti o addirittura sono stati annullati e, quindi, c’è da riprendere tutto per uscire da questa situazione emergenziale e per arrivare a fare meglio di come era prima.
L’emergenza lascia comunque un segno.
Da tempo stiamo lavorando affinché, ai detenuti che sono stati in carcere in questi due anni, si riconosca che hanno vissuto condizioni difficili, senza poter comunicare con l’esterno, avendo pochissime opportunità formative e di lavoro.
Credo che almeno per questi due anni, aumentare lo sconto di pena da 45 giorni a 65 giorni per la scarcerazione anticipata, sia un fatto doveroso.
Abbiamo presentato un emendamento su questo tema, non siamo riusciti a farlo passare ma insisteremo perché credo che sia un principio fondamentale il riconoscere la fatica che è stata fatta anche dai detenuti.
Bisogna anche accelerare l’apertura di una fase nuova, prendendo atto che quell’esperienza che abbiamo messo in campo, come la possibilità per chi aveva i permessi premio di stare fuori o la possibilità per chi ancora ha 18 mesi da scontare di stare agli arresti domiciliari, non ha prodotto nulla di grave ma, anzi, quei provvedimenti hanno dimostrato che, se gestiti in maniera intelligente, possono produrre più sicurezza alle nostre città, non meno, perché gli indici di recidività di chi ha fatto quelle esperienze sono davvero bassissimi.
Quella è la strada giusta, dunque.
Il carcere non deve essere l’unica ratio, anche perché così com’è, lo abbiamo visto a Torino e a Santa Maria Capua Vetere, può diventare un generatore di violenza e di recidività.
Dobbiamo sapere che la strada da percorrere deve essere un’altra: quella della formazione, della socialità, del lavoro.
Tutto questo si può fare soltanto se da fuori dal carcere arriva un impegno forte, come in molte realtà c’è ma non possono essere solo realtà episodiche: serve che da queste buone pratiche si parta per modificare la legge e andare in questa direzione.
Video dell'evento a cura di Radio Radicale»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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