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La settimana europea

Scritto da Patrizia Toia.

Intervento di Patrizia Toia (video).

Rieccoci per il nostro resoconto, in una settimana su cui grava ancora drammaticamente la guerra in Ucraina, paese che sentiamo molto vicino a tutti noi.
Molto lavoro questa settimana è stato fatto sulla Conferenza sul Futuro dell’Europa, dopo una plenaria nel weekend scorso e altre in programma fino alla chiusura del 9 Maggio. Molte sono le proposte emerse dai panel dei cittadini che hanno saputo lavorare davvero sodo e in grande coordinazione tra persone dei diversi paesi. Giovani e meno giovani, donne e uomini, studenti o lavoratori: i panel sono costruiti per rappresentare l’intero caleidoscopio della società europea in tutte le sue sfaccettature.
Diversi i temi già chiusi: quello sulle migrazioni, quello dedicato allo Stato di Diritto, quello sul cambiamento del modello economico compresi i diritti sociali. Il mio gruppo di lavoro sulla salute, tutto dedicato alle future competenze europee in materia sanitaria e all’allargamento universale del diritto alla salute a tutti i cittadini finalizzerà i lavori nelle prossime settimane. Nella sua eccezionalità questa operazione ha mostrato un’Europa che è stata in grado di mettersi in ascolto ed è stata capace di fornire risposte non solo con proposte concrete, ma anche attraverso un dialogo attivo con la cittadinanza. La partecipazione e stata costruttiva e calorosa da parte dei cittadini europei che si sono calati con grande immedesimazione nel ruolo di protagonisti in questa vera e propria palestra di democrazia.
L’altro dei miei grandi impegni, quello sul tema dell’energia, mi ha visto ancora coinvolta sul fronte della lotta al caro-prezzi. A livello nazionale si stanno adottando delle misure come la riduzione delle accise, gli sgravi, la rimodulazione del pagamento delle bollette. Ma cosa possiamo fare a livello europeo? Per prima cosa mettere un tetto al costo del gas, misura sì temporanea, ma che intanto può funzionare da grande calmieratore. In seconda istanza si può studiare un nuovo meccanismo dei prezzi in modo da scardinare vincoli di costo che fanno dipendere, ad esempio, il prezzo dell’elettricità da quello del gas. L’importante resta individuare la strategia migliore per rimodulare l’intero meccanismo che conduce a costi così esorbitanti. Di sicuro una parte del rincaro dipende dalla diminuzione delle quote provenienti dalla Russia che ne sta dirottando una buona parte verso la Cina, paese che si sta velocemente convertendo dal carbone al gas. Ma ci sono anche altre ragioni.
Tra le mie proposte, che potete ritrovare sui miei canali social, anche una serie di misure di trasparenza che precludano l’accesso ai mercati energetici da parte di operatori puramente finanziari e fondi speculativi. Pur legittime le azioni di questi soggetti costituiscono una forma di speculazione non opportuna sulla formazione dei prezzi di beni di primissima necessità, che non possono essere assimilati a delle commodities. Quella che sembra una proposta “aliena” o di difficile realizzabilità dimostra invece chiarezza e buon senso. Resto in attesa della reazioni in seguito alla mia interrogazione, nella speranza di radunare attorno alla mia proposta una base di alleati che possano sostenermi su questa strada in Parlamento.
Nel calendario dei lavori settimanali largo spazio è stato dato anche alla formulazione del CBAM. Con questo acronimo si intende quel meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere che prenderà la forma di una tassa-scudo a protezione dell’industria europea in fase di decarbonizzazione da quei competitor esterni che non rispettano i nostri standard di sostenibilità e i nostri obiettivi climatici. I meccanismi da mettere a punto sono delicati ma intervengono sugli stessi ingranaggi, o, se preferite, sulle stesse “gambe” che servono a far camminare l’intera transizione verso la sostenibilità e le politiche green di più ampio respiro.
Finisco con una nota dolorosa ma doverosa. La crisi Ucraina continua ed esigere tutta la nostra cura. La mia opinione sulla questione è assolutamente netta e non approva sfumature o attenuanti di sorta. Il panorama della polarità in campo non potrebbe essere più nitido: da una parta abbiamo un regime dittatoriale invasore, dall’altra un paese "colpevole" di desiderare indipendenza, libertà e democrazia. Non esistevano prima e non esistono tantomeno ora reali intenzioni di usare la NATO per aggredire la sovranità russa. L’ingresso dell’Ucraina nell’alleanza non era affatto scontato e, nonostante il desiderio espresso dal suo presidente, nessuna procedura aveva compiuto passi concreti in tal senso. Chi sbandiera la minaccia della NATO sta usando argomentazioni che sono platealmente vicine a dei pretesti, stante il fatto che nessuna minaccia ipotetica può giustificare una reazione così feroce e disumana dove si sono calpestati limiti che non si possono superare nemmeno dentro una guerra. Un bandolo dentro questa matassa insanguinata, però, lo dobbiamo trovare. Ai tavoli bisogna sedersi, con la consapevolezza che ciascuna delle parti dovrà rinunciare a qualcosa. Nel frattempo l’Ucraina va assistita con tutti gli strumenti possibili e intendo tutti. Ho l’impressione che alcune delle dichiarazioni del presidente ucraino segnino un passo importante nella disponibilità a una trattativa. Mi auguro che la Russia sappia raccogliere questi segnali permettendo che la situazione si sblocchi e concedendo che si compia una spinta decisa verso la pace, a partire subito dal cessate il fuoco. Dal canto nostro dobbiamo spendere ogni goccia delle nostre energie per mettere in salvo il più alto numero di vite possibile con corridoi umanitari sicuri, consapevoli sin da ora che, dopo una tragedia così devastante, il processo di ricostruzione della società Ucraina dalle macerie della guerra sarà lungo e difficile. L’Europa si è schierata unita. I quattro pacchetti di sanzioni approvate contro la Russia sono un onere che tutti noi siamo pronti a sostenere, un prezzo che vogliamo pagare a testa alta. Consapevoli che sono il giusto tributo da onorare per la difesa dei nostri più alti ideali, ma anche un modo per evitare che, con la prosecuzione del conflitto, i danni per la nostra economia e per il mondo diventino ancora più devastanti.

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