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La sessione plenaria di Strasburgo

Scritto da Patrizia Toia.

Intervento di Patrizia Toia (video).

Bentrovate e bentrovati per il nostro appuntamento di aggiornamento, questa volta da Strasburgo. Gran parte delle nostre attività si sono concentrate sulla situazione indescrivibile che l'aggressione bellica russa ha provocato all' Ucraina. Le violenze, sempre più insistite, brutali e sempre più indirizzate alla popolazione civile, stanno profilando una situazione di violazione dei diritti umani e di crimini contro l'umanità, di cui i responsabili saranno chiamati a rispondere. L’efferatezza cui stiamo assistendo spinge l’Europa, con tutto l’impegno necessario, a sostenere fortemente l'Ucraina e anche a ricercare una possibile via di dialogo per tentare di aprire qualche spiraglio tra le parti. L’Europa c’è ed è intenzionata a dare tutto il contributo di cui è capace anzitutto per arrivare ad un cessate il fuoco e poi per una mediazione, senza per questo, però, dimenticare colpe e responsabilità che restano chiare ed evidenti sotto i nostri occhi.
Vicinanza all’Ucraina è stata manifestata anche durante le celebrazioni per l’8 marzo, che abbiamo proprio dedicato alle donne ucraine, donne partigiane impegnate in una grande e pericolosissima resistenza.
Tra i dossier di politica estera abbiamo anche votato sulla situazione nel Myanmar dove perdura l’orrore di un regime repressivo che ha fatto del paese una fucina di crimini contro l’umanità. Il popolo del Myanmar è stato dimenticato mentre le forze democratiche del paese continuano ad essere sotto minaccia. Pensiamo ad Aung San Suu Kyi, a tante giovani donne e alle bambine, ma anche, mi sia permesso, alle missioni di suore italiane che, da anni, stanno dando il massimo sostegno alla popolazione. L’Europa deve impegnarsi di più e più direttamente a cominciare dal riconoscimento del Governo di Unità nazionale (NUG).
Un punto essenziale, anche questo legato a doppio filo alle vicende belliche, è quello dell’energia. Acquisti comuni, stoccaggi strategici comuni e impulso alle rinnovabili: l’Europa sembra finalmente incamminarsi verso quell’Unione dell’Energia per cui mi batto da tempo. Quello che sembrava un sogno impossibile, un buttare il cuore oltre l’ostacolo, sta prendendo forma, anche tra le difficoltà della tragedia cui stiamo assistendo.
In settimana la Commissione, attraverso la comunicazione RePower EU, compie dei grandi passi avanti verso una nuova responsabilità europea in materia di energia, affrontando il tema del caro-prezzi e della nostra autonomia di approvvigionamento nel prossimo futuro.
Il gas di importazione va ridotto e non solo quello di provenienza russa. Il ricorso alle rinnovabili, compreso il gas rinnovabile, va incrementato, così come le quote di idrogeno. Dal 1 di ottobre ogni Stato membro deve avere i propri stoccaggi pieni almeno al 90% per non trovarsi impreparato al prossimo inverno. Il piano sarà tanto più efficace quanto più sarà importante l’azione europea per gli acquisti comuni. Sul tema del rialzo selvaggio dei prezzi delle forniture, coi paesi membri che si stanno arrangiando come possono, è necessario, anche se assai complicato, che l’Europa riveda le regole di formazione dei prezzi anche attraverso, se necessario, un meccanismo di Price capping comunitario.
Tornando al tema del ruolo delle donne vorrei soffermarmi anche sul Gender Action Plan che abbiamo approvato e su cui tornerò dettagliatamente in futuro. Il piano rende prioritarie la promozione dell'uguaglianza di genere e dell'emancipazione delle donne attraverso una strategia ad ampio raggio, con l’obiettivo di ridurre fino all’annientamento i numerosi “gap” tra uomo e donna.
Abbiamo approvato in questa sessione anche un Regolamento sulle Batterie, uno dei nodi tecnologici e produttivi cruciali verso la prossima transizione ecologica. Il settore delle batterie ad alta capacità, le uniche in grado di rendere possibile una mobilità elettrica nel trasporto sulle lunghe distanze, manca di una leadership europea. L’errore fatto con la tecnologia del fotovoltaico non si deve ripetere, non possiamo incentivare l’adozione e la diffusione di una nuova tecnologia per ritrovarci a doverla importare, a caro prezzo, da paesi terzi. Lavoriamo dunque perché si rafforzino una capacità tecnologica e un’industria europea delle batterie, fondata sull’ottica della sostenibilità e dell’economia circolare.
In tema di politica industriale si è parlato anche di tessile, settore che ha bisogno di sostegno, ma anche di cambiamenti profondi. A partire dalla cosiddetta “fast fashion”, l’abbigliamento economico e di veloce consumo nelle cui filiere produttive, come ho sottolineato, va incentivata l’eliminazione delle sostanze pericolose il riciclo dei prodotti. Del tessile, soprattutto nel fast fashion, vanno anche promossi e alimentati i canali di raccolta volontaria per il riciclo e la donazione di indumenti, canali che troppo spesso sono ostacolati e rendono difficile queste lodevoli iniziative. Servono quindi regole che permettano di sperimentare l’economia circolare anche nei campi del volontariato e delle iniziative solidali. Nel tessile, inoltre, è fondamentale vigilare anche sulle condizioni dei lavoratori dei paesi dove l’industria della fast-fashion ha spesso delocalizzato la produzione. Ogni volta che importiamo qualcosa dobbiamo chiederci da dove viene, come è stato estratto o lavorato, in che condizioni erano i lavoratori e le lavoratrici coinvolti e se ci fosse anche lavoro minorile. Ogni volta che indossiamo un capo, mettiamo sulla nostra pelle anche il paese in cui è stato confezionato, le persone che lo hanno realizzato e le condizioni in cui hanno lavorato. Col coraggio di spingere la nostra responsabilità fin dentro la trama e l’ordito del nostro quotidiano.

Video dell’intervento» 

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