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Nuovi Municipi a Milano: una rivoluzione nelle mani del Consiglio comunale

Scritto da Mattia Abdu.

Mattia AbduIl treno della riforma del Decentramento del Comune di Milano è partito: in ritardo, ma è partito. Il tavolo di lavoro, composto dai rappresentanti di tutti i partiti/gruppi consiliari presenti in consiglio comunale e da tre presidenti di Consiglio di Zona, ha prodotto alcune sostanziali modifiche al Titolo VII dello Statuto comunale: riduzione da 41 (31 in Zona 1) a 24 consiglieri in ognuna delle 9 Zone che diventano Municipi, elezione diretta del Presidente del Consiglio di Municipio con nomina della relativa Giunta composta da 4 assessori, importante trasferimento di competenze ed adeguate risorse. Queste proposte passano ora alla discussione del Consiglio comunale, dopo il parere espresso da ognuno dei Consigli di Zona nei giorni appena trascorsi, nella speranza che entro l’estate si votino le modifiche allo Statuto.
A questo punto i lavori riprenderanno per modificare regolamento che entrerà nel vivo delle competenze, quelle concorrenti con Consiglio e Giunta comunale, e quelle esclusive dei Municipi, oltre ad un’eventuale ridefinizione dei confini tra un Municipio e l’altro, seguendo successivamente lo stesso iter, ovvero parere obbligatorio delle Zone e approvazione del Consiglio comunale. Questa riforma era uno degli impegni principali che hanno portato il centrosinistra alla guida della città di Milano e mi sembra finalmente di intravvedere la luce alla fine del tunnel. Appuntamento quindi a fine autunno per sapere se avremo onorato l’impegno. Ad onore del vero va anche detto che in questi 4 anni i Consigli di Zona hanno visto rafforzare le proprie prerogative da parte della Giunta guidata da Giuliano Pisapia, attuando semplicemente il regolamento vigente, e questo non era certo scontato, dopo gli anni bui di aspettative deluse di Albertini e della Moratti.
Con l’auspicio che veti incrociati dei vari partiti a destra e sinistra del PD non impediscano la nascita dei Municipi, vanno fatte però alcune considerazioni circa il futuro del Decentramento, in rapporto a come il Partito Democratico intende arrivare all’appuntamento delle elezioni amministrative 2016. Ritengo importante che la scelta dei candidati sia slegata dalle sorti del candidato Sindaco di Milano. Sarebbe lesivo dell’indipendenza della figura del Presidente collegarne la figura a logiche di parte, in una sorta di apparentamento con uno dei candidati Sindaci. In ogni caso sarà compito del PD essere riferimento per la redazione di un programma elettorale a supporto del candidato, anche sulla scorta di quanto fatto nei 5 anni di governo in ogni Zona, in grado di disegnare un progetto chiaro di funzionamento del Decentramento amministrativo, senza farci peraltro rimpiangere di aver voluto così fortemente questa evoluzione istituzionale.
A questo ragionamento si collega il tema della formazione del personale politico che dovrà misurarsi con la sfida dei nuovi Municipi. È necessario un deciso cambio di passo rispetto ai tempi del ‘consigliere di quartiere’, nella direzione di un organismo in grado di deliberare indirizzi politici sui temi strategici di governo del territorio municipale. Questo mutamento sarà favorito –io spero– dalla drastica ma necessaria riduzione dei consiglieri, così come dal fatto che le Giunte municipali sottrarranno una serie di prerogative alla “votazione d’aula” delle Zone attuali, rendendo necessaria una ridefinizione di cosa significhi essere consigliere. Sia che ci si affacci per la prima volta a questa esperienza, sia che si abbiano uno o più mandati alle spalle, il nuovo Decentramento chiede di rimettere in discussione il proprio modus operandi, ridefinendo prassi consolidate, favorendo ad esempio la politica dei bandi rispetto ai contributi “a pioggia” con troppi rischi di discrezionalità politica.
Il Partito Democratico Metropolitano deve quindi occuparsi di assicurare un’adeguata formazione ai propri candidati perché fare l’assessore di un’istituzione che arriva a contare fino a 190.000 abitanti, non è una passeggiata da affrontare con attenzione residuale rispetto al proprio lavoro ma con competenza e tempo dedocato. L’esperienza amministrativa deve, in linea teorica ma anche pratica, essere accessibile a tutti i cittadini interessati a misurarsi con quella che per me, comunque, resta una meravigliosa esperienza di partecipazione alla definizione del governo della propria città. Esperienza in cui si ha il costante privilegio di vivere da vicino la vita dei nostri territori, affrontando quotidianamente la scommessa di cambiarli in meglio, per il bene della collettività.

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