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Presidente della Repubblica… e ora?

Scritto da Franco Mirabelli.

Intervento di Franco Mirabelli al PD di Rho.

In questi giorni in rete girava una battuta dedicata a Letta che diceva che quando c’è una rissa e c’è molta gente che esce con i lividi e uno che ne esce senza neanche un graffio, è evidente che ha vinto quest’ultimo.
Guardando a come sono andate le cose, Enrico Letta è stato anche troppo criticato in questi giorni.
È evidente che la crisi della politica, la crisi della rappresentanza e la sfiducia dei cittadini nei confronti della politica non nascono oggi. C’era il rischio vero che il passaggio dell’elezione del Presidente della Repubblica tornasse ad allargare la distanza tra i cittadini e la politica. Questo rischio si è manifestato oggettivamente anche perché è evidente che abbiamo fornito uno “spettacolo” che le persone non sono riuscite a capire, nonostante gli sforzi che si potevano fare, perché si è trattato di una dinamica di un’elezione di secondo livello assolutamente singolare.
Inoltre, per la prima volta nella storia della Repubblica, andavamo senza una maggioranza che avesse da sola i voti sufficienti per eleggere il Presidente.
Ci sono stati anni in cui ci sono state molte più votazioni però, comunque, venivano fatte in un Parlamento in cui c’era una maggioranza che era nelle condizioni di eleggere il Presidente della Repubblica.
Nel 2013, quando si è arrivati a dover rieleggere Napolitano, dopo la bocciatura di Marini e di Prodi, le difficoltà erano tutte interne alla stessa coalizione del centrosinistra che aveva la maggioranza.
Questa volta né il centrosinistra né il centrodestra avevano la maggioranza e questo è stato un ulteriore elemento di difficoltà.
Salvini ha passato settimane a spiegare che aveva la golden share per poter avanzare delle candidature, ventilando il fatto di essere il leader della maggioranza del Parlamento e ci ha creduto talmente tanto che è dovuto arrivare fino al voto fallimentare sulla Casellati per prendere atto che quella maggioranza non esisteva e che lo stesso centrodestra non aveva quella coesione necessaria al suo interno.
Un’altra cosa che ha reso difficile questo passaggio più delle altre volte è stato il fatto che su questa vicenda hanno inciso cose diverse. Non era in ballo solo l’elezione del Presidente della Repubblica ma anche la tenuta della maggioranza di Governo, la stessa figura del Presidente del Consiglio. Inoltre, siamo in una fase in cui c’è una maggioranza anomala che governa il Paese perché la situazione di emergenza che ha portato noi e le altre forze di maggioranza a sostenere questo Governo è ancora viva: c’è ancora la pandemia, abbiamo scadenze importantissime da rispettare nei prossimi mesi per ottenere la seconda rata dei fondi per i progetti per il PNRR; c’è anche il tema dell’Europa e della trattativa da aprire sui nuovi Trattati, tra cui quello fondamentale per la revisione del patto di stabilità.
Questo quadro ha reso tutto molto complicato.
Questa elezione è stata segnata molto anche dalla percezione che si è avuta fuori di quello che stava succedendo.
In realtà, non tutto quello che si è percepito fuori corrispondeva a ciò che stava succedendo davvero.
Su questo ha contribuito un’ansia non proprio positiva dell’informazione di trovare ogni pochi minuti un commento, una notizia, qualcosa per riempire per settimane decine di pagine dei giornali ogni giorno o gli spazi televisivi in diretta ogni giorno.
Se vogliamo sintetizzare ciò che è successo, in realtà è tutto molto più semplice di come è stato rappresentato.
Siamo entrati con una posizione chiarissima del PD e delle forze di centrosinistra e di M5S, con cui abbiamo fatto un patto per lavorare insieme e abbiamo fatto passo passo le cose insieme. A questo si è aggregata ed è stata coinvolta in tutte le scelte anche Italia Viva.
Credo, quindi, che uno dei meriti e uno dei risultati importanti che ha ottenuto la nostra azione politica e Enrico Letta è stata quella di confermare che è possibile costruire anche in un passaggio così delicato un campo largo che va anche oltre quello del centrosinistra più M5S ma può coinvolgere sulle cose sia Azione che Italia Viva.
Questo è importante perché ci ha consentito di sostenere insieme, senza mai consentire che emergessero altre soluzioni, un punto: partendo dal fatto che nessuno aveva una maggioranza per agire da solo, occorreva partire dalla maggioranza di Governo per discutere e mettere in campo una candidatura non divisiva.
A questo, per un po’ di giorni, Salvini ha risposto con l’idea di mettere in campo un candidato di centrodestra e, a partire da questo, ha messo in campo 22 candidati, di cui non abbiamo mai discusso nel merito.
Abbiamo semplicemente detto che il tema non era il candidato del centrodestra ma che, finché ci mettevamo in campo ognuno con il proprio candidato di parte, non avremmo risolto e non avremmo ottenuto quel risultato che era l’unico che garantiva anche il Governo, cioè trovare un candidato che unificasse tutta la maggioranza.
Salvini non ha fatto questa operazione anche perché ha cercato di tenere insieme due cose che oggettivamente non stavano insieme, cioè la maggioranza di Governo e la Meloni (che è all’opposizione) per tenere unito il centrodestra.
Le ragioni per quello che da molti è stato vissuto come una mancanza di iniziativa politica da parte nostra e del centrosinistra, in realtà è stata la chiave: noi abbiamo tenuto sul principio che bisognava trovare un candidato che rappresentasse la maggioranza e per questo non avremmo avanzato candidature di parte, continuando a dire dall’inizio che per noi, proprio perché stavamo ragionando di maggioranza di Governo, Mattarella e Draghi sarebbero state le due scelte migliori ma senza mai andare all’affondo perché prima chiedevamo che si facesse un tavolo di maggioranza.
Ad un certo punto, il centrodestra ha deciso di contarsi, tra l’altro in maniera totalmente irresponsabile, mettendo in campo la seconda carica dello Stato e ha subito una sconfitta molto significativa perché lì è stato evidente che il centrodestra non aveva la maggioranza ma anche che erano divisi al loro interno.
In quella votazione il centrosinistra non ha partecipato, anche per evitare rischi di franchi tiratori. In quel risultato, però, c’erano già 40 voti per Mattarella.
A quel punto abbiamo giocato su due strade: la prima è stata quella di cercare una candidatura con tutta la maggioranza, nel momento in cui Salvini ha deciso finalmente di sedersi al tavolo.
Lì sono emerse diverse ipotesi che sono state bocciate più dalla Meloni che da Salvini.
Salvini aveva il problema di tenere unito il centrodestra e Meloni ha fatto saltare alcune candidature su cui sembrava già fatto l’accordo.
Mentre si faceva questo lavoro, noi abbiamo cominciato ad aprire la strada a Mattarella, nel senso che votazione dopo votazione abbiamo cominciato a far crescere il numero di voti per lui.
L’abbiamo fatto non per rivolte nel PD o in M5S ma perché si è deciso di farlo insieme al gruppo dirigente del partito.
Questo ha portato sabato mattina alla decisione su Mattarella, nel momento in cui Salvini ha preso atto che il centrodestra non aveva i voti, preso atto delle divisioni nel centrodestra e ha dato disponibilità pubblicamente a sostenere la candidatura di Mattarella, che poi è stato eletto nel pomeriggio.
Voglio sottolineare che Mattarella è stato eletto con il secondo risultato della Storia, solo Pertini ha ottenuto più voti.
Certamente non è normale che abbiamo richiamato un Presidente uscente, è evidente che la nostra democrazia e il nostro sistema politico segnano una difficoltà a far funzionare le cose, come in molte democrazie nel mondo.
Siamo di fronte a molte prime volte. Questo vuol dire che c’è una crisi della politica e dei partiti. C’è una difficoltà anche a concepire le relazioni. Da una parte del quadro politico c’è anche una difficoltà ad avere un’idea corretta di quali siano i rapporti istituzionali da tenere.
Penso, però, che l’elezione di Mattarella nel quadro complicato che c’era, sia stata una buona notizia e un risultato importante che abbiamo raggiunto e che, al netto delle maratone televisive, è una buona notizia per i cittadini. Molti in questi mesi, infatti, avevano chiesto a Mattarella di restare e, quindi, anche da questo punto di vista la sua rielezione è una buona notizia.

Ora il quadro è molto cambiato.
Abbiamo tenuto al riparo il Governo e abbiamo salvaguardato il Presidente del Consiglio e la maggioranza.
La presenza di Mattarella, da questo punto di vista, garantisce di fronte ai prossimi appuntamenti.
Per il resto cambierà tutto.
Il PD, che è uscito dalla rissa senza un graffio e avendo anche ottenuto un risultato, che pure evitiamo di rivendicare troppo e di mettere il cappello su Mattarella, ma con il 13% dei grandi elettori abbiamo fatto un lavoro significativo.
M5S arriverà ad una redde rationem: le divisioni serpeggiano da molto tempo e produrranno un chiarimento che non sappiamo che dimensione avrà ma in cui si chiarirà la volontà o meno di costruire con noi un’alleanza e su quali basi.
C’è il tema di Italia Viva che, in qualche modo, in questo passaggio, ha preso atto di essere alternativa al centrodestra.
Il tema più significativo riguarda, però, sicuramente la spaccatura all’interno del centrodestra, che difficilmente sarà ricomponibile.
Questa vicenda ha fatto esplodere le contraddizioni che vivono in quella coalizione da tanto tempo: siamo l’unico Paese nel mondo in cui i liberali moderati europeisti stanno insieme ai populisti sovranisti. Questo nel voto e nella dinamica di questi giorni è saltata.
Venerdì sera i centristi e Forza Italia hanno dichiarato di non sentirsi più rappresentati da Salvini e di voler fare da sé la trattativa sul Quirinale. Questo è un fatto importante.
Anche le dichiarazioni di questi giorni della Meloni e di Salvini e di quelli del centro mostrano che è finita una fase e una coalizione.
Questa vicenda può mettere in crisi, anche se non so quantificare in che termini, la leadership di Salvini all’interno della Lega.
Del centrodestra, che dai sondaggi sembrava che dovesse aver già vinto le future elezioni, oggi non si sa neanche più se c’è.
È molto probabile che questo produrrà una spinta molto forte da parte dei centristi per potersi autonomizzare ancora da più dalla Lega e dalla Meloni per una riforma elettorale in senso proporzionale.
Poi abbiamo ancora tutto aperto il grande tema della crisi della politica, della crisi della democrazia, della credibilità delle istituzioni e dei partiti. Questo problema c’è adesso e c’era prima. Io non credo che si sia aggravato in questo passaggio, al netto delle maratone televisive, ma credo che Letta abbia avuto il grandissimo merito di restare coerente, mettere in campo una strategia e non averla mai cambiata, aver tenuto unita la coalizione e aver tenuto unito il partito.
Ho visto molti orfani delle divisioni interne al partito che ogni tanto si inventavano qualunque cosa ma, anche dalle dichiarazioni, si capiva che il lavoro era stato fatto sempre in maniera molto unitaria e tutti sapevano dove si stava andando.
Penso, quindi, che si sia fatto il meglio possibile e non è stato semplice.
C’era chi pensava che Draghi potesse fare il Presidente della Repubblica, c’era chi pensava che Casini o la Belloni avrebbero potuto avere i requisiti ma penso che tutte queste ipotesi rischiavano di essere divisive, non tanto nel PD ma fuori.
Alla riunione con i parlamentari del venerdì sera, Letta ha detto che il centrodestra sarebbe dovuto venire a discutere con noi e c’era una rosa di candidati: avrebbe potuto vincere uno o un altro ma tutta questa vicenda è stata riportata dentro al percorso che noi avevamo indicato, cioè che la maggioranza sceglie il candidato.
Fortunatamente, grazie all’incapacità degli altri, siamo riusciti a dare una mano a sceglierlo noi e, quindi, è andata bene così.

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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