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Un disegno sociale più sensibile per la democrazia futura

Scritto da Il Sole 24 Ore.

Articolo pubblicato da Il Sole 24 ore.

Siamo, da un anno, nel decennio digitale europeo. È questo l’orizzonte temporale che la Ue si dà – e ci dà – per entrare nel pieno della rivoluzione digitale («the forth revolution» di cui parla il filosofo Luciano Floridi). Un tempo tanto breve da confondersi con il presente, anche con il presente e il futuro del Pnrr. Uno scenario di cambiamento tanto epocale, di riscrittura della geografia umana, sociale, culturale, economica e istituzionale, da richiedere nuovi punti cardinali e una bussola per orientarsi (Commissione europea, Digital Compass 2030).
Questo percorso digitale Made in Europe innesca una vera e propria transizione ad impatto eco-sistemico, in quanto coinvolge tutto e tutti, fuori e dentro il mercato, fuori e dentro le istituzioni, a tutti i livelli. Quattro gli assi portanti della bussola digitale europea: competenze digitali di base (per l’80% della popolazione) e specialistiche (20 mln di esperti in TLC a livello Ue, con un’attenzione alla convergenza di genere); infrastrutture digitali sicure e sostenibili; un mercato digitalizzato (con l’obiettivo minimo del 75% delle imprese che fanno uso di cloud/IA/big data e del 90% di Pmi con intensità digitale di base); infine, istituzioni digitalizzate (con il 100% dei servizi pubblici fondamentali in modalità digitale, compreso l’accesso alle cartelle sanitarie, e accesso mediante identificazione digitale per l’80% della popolazione).
Per il nostro Paese la sfida è, innanzitutto, quantitativa: scontiamo, infatti, un ritardo di sistema che fa sembrare i traguardi del decennio digitale distanti. Eppure, qualcosa si muove. Se già il 2020 European Semester Country Report riferito all’Italia registrava alcuni miglioramenti, specie sul fronte della digitalizzazione dei servizi pubblici, la pandemia ha senz’altro agito come fattore di accelerazione, tanto nell’uso delle tecnologie e servizi digitali da parte di cittadini, imprese e istituzioni, anche locali (si veda, in proposito, il Rapporto 2021 dell’Osservatorio FuturAP dell’Università Cattolica), quanto sul versante delle riforme necessarie a sbloccare la digitalizzazione nel settore pubblico (si pensi, ad esempio, al cd. decreto semplificazioni del 2020). Si aggiunge, ora, l’impulso decisivo del Pnrr, delle riforme e investimenti in esso previsti e/o ad esso collegati: oltre al decreto-legge n. 77 del 31 maggio 2021, che ha dato ulteriore spinta alla digitalizzazione (e semplificazione) a 360° della pubblica amministrazione, ulteriori interventi essenziali per la digitalizzazione dei servizi pubblici e del mercato sono contenuti nel decreto-legge n 152 del 6 novembre 2021, da poco passato all’esame del Parlamento. Conferme vengono dall’indice DESI 2021 (pubblicato dalla Commissione europea il 12 novembre scorso): se, da un lato, esso attesta il ritardo del nostro Paese - ci collochiamo al 20° posto tra i 27 Paesi Ue nella classifica generale e 25° posto per capitale umano e competenze digitali; dall’altro, esso evidenzia un miglioramento rispetto all’anno precedente, anche sul fronte servizi pubblici digitali (con prestazioni superiori alla media europea per open data e intensità digitale delle Pmi) e certifica la bontà del percorso intrapreso nell’ultimo anno e la essenzialità del Pnrr per centrare gli obiettivi del decennio digitale.
Le sfide del decennio digitale sono, però, soprattutto qualitative e riguardano l’essenza stessa della vita comunitaria e di relazione tra e con le istituzioni: all’orizzonte vi è la digitalizzazione dell’intera vita democratica e la costruzione di un nuovo ecosistema amministrativo che ruota attorno a piattaforme e infrastrutture digitali di rilevanza nazionale tra loro interconnesse, secondo il modello government as a platform. Molte di queste piattaforme hanno già preso vita, altre sono all’orizzonte (quelle per la concessione di benefici economici pubblici, per la gestione della rete logistica nazionale, per la composizione negoziata delle crisi d’impresa sono contenute nel d.l. 152/2021). Ebbene, per definire i contorni di questa “Repubblica digitale” non bastano le sole risposte economiche (da ultimo, il Fondo di cui all’art. 29 del d.l. 152/2021 destinato alla formazione e inclusione digitali, anche al fine del miglioramento degli indicatori rilevanti a fini DESI), né giuridiche (rispetto dei diritti fondamentali e dei principi del diritto europeo, nuove regole per l’intelligenza artificiale). È richiesto un vero e proprio design, anche umano, per la vita (democratica) del prossimo futuro: la digitalizzazione, insomma, ci ricorda che la democrazia è un cantiere aperto, sin dalle sue fondamenta, e in cui, come sottolineato dalla Presidente Von der Leyen il 19 dicembre scorso in Università Cattolica, è essenziale il ruolo dei giovani.
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