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La richiesta del congresso è incomprensibile

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervista a Franco Mirabelli di INews24.

Senatore, normalmente una dichiarazione che esprime la volontà di un ritorno a casa da parte dei fuoriusciti rappresenta un fatto positivo, eppure le parole di D’Alema hanno acceso un duro confronto nel Pd, per quale motivo?
“Perché credo che D’Alema abbia fatto una dichiarazione che di certo non aiuta un processo di riavvicinamento che tra l’altro era già in atto, come d’altronde dimostra l’attenzione da parte di Articolo1 al processo della Agorà. Si tratta di una dichiarazione che sostanzialmente dice che “adesso si può rientrare perché aveva ragione chi era uscito”, e francamente non mi sembrano parole che vadano esattamente nella direzione di un percorso condiviso. Detto ciò, è una dichiarazione di D’Alema, quindi non gli darei un’importanza così cruciale e non credo nemmeno che possa rallentare un processo che è già in atto, nel rispetto reciproco e nel confronto sui programmi, i progetti e le proposte”.
Trattandosi di D’Alema, secondo lei si è trattato solo di uno scivolone oppure voleva essere un messaggio al Segretario e alla classe dirigente Dem.?
“Va bene tutto, ma non mi chieda di interpretare D’Alema. Personalmente penso che sia sbagliato approcciare così al tema della ricostruzione del campo largo e dell’allargamento del Pd. Noi siamo la casa dei riformisti, lo siamo da quando siamo nati e ci fa piacere se altre culture e altre idee vengono ad ingrossare le nostre fila, però francamente credo anche che sia giusto farlo dimostrando rispetto per le cose che abbiamo fatto in questi anni”.
Secondo lei in questi ultimi anni il renzismo non è stato un problema per il Pd?

“La stagione di Renzi non può essere riassunta in un giudizio così semplice. All’inizio Renzi ha rappresentato davvero un’innovazione necessaria nel quadro politico italiano e di sinistra. In quegli anni c’era davvero una richiesta di cambiamento che lui ha saputo interpretare bene, e questo ha pagato come dimostra il 40% ottenuto dal Pd alle europee del 2014”.
E poi cosa è successo?

“Dopo quell’esperienza purtroppo ha avuto un’evoluzione non positiva che è costata la bocciatura al referendum costituzionale e ci ha riportato al 18%. Quella sintonia si è poi perduta, in particolare ci si è allontanati troppo da alcuni valori e soprattutto da un’azione politica che doveva mettere al centro il lavoro e il superamento delle differenze e delle disuguaglianze che in questo Paese sono ancora troppe”.
Le è piaciuta la risposta di Letta a D’Alema?

“Sì, penso che sia giusto rivendicare che il Pd ha una storia che non può essere messa in discussione da una battuta di D’Alema”.
Alcuni tra i riformisti nel Pd temono un allargamento a sinistra, lei condivide questa preoccupazione?

“Non è questo il punto. Io penso che per il Pd il tema sia quello di mettere in campo un progetto politico che rappresenti la parte maggioritaria del Paese, e questo vuol dire riuscire a parlare a sinistra così come al mondo riformista e liberale. Alla fine la vocazione maggioritaria è sempre stata questa: non scegliere se aprirsi a destra o a sinistra, ma provare con il contributo di tutti a mettere in campo una proposta politica che riuscisse a parlare alla maggioranza del Paese”.
Il rientro degli ex di Articolo1 in qualche modo chiude definitivamente le porte ad un ritorno di Renzi, o comunque non facilita la costruzione del campo largo?

“Il campo largo è qualcosa a cui stiamo lavorando, ma non è certo un partito. Noi dobbiamo continuare ogni giorno a cercare di creare le condizioni affinché si possa arrivare alle elezioni politiche con un campo largo di centrosinistra che sia competitivo rispetto al blocco di centrodestra e per farlo abbiamo bisogno di rivolgerci anche a soggetti diversi tra loro”.
Proprio oggi il suo collega Andrea Marcucci in un’intervista a Repubblica ha espressamente chiesto un congresso dopo l’elezione del Capo dello Stato. Lei condivide nel merito e nella tempistica di questa richiesta?

“L’idea che basti la dichiarazione di un ex leader, seppur importante come D’Alema, per mettere in discussione il percorso che il Partito democratico sta facendo, mi pare francamente una cosa incomprensibile. Personalmente sono convinto che il precorso che il Pd ha avviato e che Letta sta conducendo sia quello giusto, e se siamo tutti d’accordo allora non si capisce per quale motivo dovremmo fare un congresso”.

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