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Le nuove norme per il contrasto alle mafie e i beni confiscati

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco MirabelliIntervento svolto al Convegno Internazionale di ICARO (video).

Credo che sia opportuno che iniziative di approfondimento sulle tematiche del contrasto alla criminalità come quella organizzata da Icaro si moltiplichino perché credo che ci sia un dovere sociale. Più approfondiamo i temi dell’antimafia - e uno dei focus che stiamo facendo con maggiore attenzione in questi mesi con la Commissione Parlamentare Antimafia è proprio sul Nord - più si riesce a capire qual è lo stato delle cose.
Al momento abbiamo il problema che c’è una distanza abissale tra la reale pericolosità della mafia al Nord e la percezione che l’opinione pubblica ha di questo fenomeno.
Questo è un problema molto serio perché oggi consente alle mafie di insediarsi nei territori, non solo di infiltrarsi. Questo è emerso dalle inchieste anche riguardanti la Lombardia. Le mafie non sono più solo infiltrate nelle nostre attività economiche ma si sono insediate nei nostri territori e lo hanno fatto utilizzando metodi e strumenti che non corrispondono all’iconografia tradizionale che abbiamo della mafia e della ‘ndrangheta. Inoltre l’opinione pubblica è più preoccupata dei reati predatori che spesso i mafiosi non commettono e, quindi, non si percepisce la pericolosità che gli insediamenti criminali hanno. Queste organizzazioni, infatti, condizionano la nostra vita sociale, la nostra economia, la nostra democrazia e c’è in discussione la libertà di un Paese ma questo non si riesce a far percepire.
Per cui, tutte le iniziative che mostrano la dimensione reale della presenza e della pericolosità della criminalità organizzata servono e aiutano a diffondere una cultura della legalità e a far denunciare chi delinque.
Personalmente, ritengo che l’Italia sia dotata di un’ottima legislazione antimafia ma, come abbiamo capito in questi anni, le mafie continuano a cambiare: cambiano attività, interessi, si adeguano ai mutamenti del mercato e della società.
Attualmente stiamo discutendo per estendere la legislazione che prevede la confisca immediata dei patrimoni in tutti i Paesi d’Europa, senza attendere la sentenza di condanna definitiva, perché altrimenti le mafie si attrezzano per investire nei Paesi dove questo non è possibile (cosa che sta già avvenendo) e si vanifica il lavoro fatto anche altrove. Per cui vi è la necessità di adeguare le normative ai mutamenti della realtà e di aggiornarle continuamente.
Per fare tutto ciò, in questi mesi, si sono impegnati il Governo, il Parlamento e le associazioni e molti risultati sono stati raggiunti. Tutti avevamo aderito alla campagna di Libera “Liberiamo il futuro” con i braccialetti bianchi per impegnarsi a fare una legge che punisse il reato di voto di scambio inteso come voto in cambio di favori e non più solo di denaro come era previsto in precedenza e, dopo che si è ottenuto il risultato, sembra quasi che non importi più a nessuno, però oggi c’è ed è anche già stato applicato in molte condanne (contrariamente a quanto dicono alcuni). Abbiamo introdotto nell’ordinamento italiano il reato di autoriciclaggio e abbiamo votato in Senato la legge anticorruzione che contiene la reintroduzione del reato di falso in bilancio e una norma con cui si aggravano le pene del 416 bis (reato di associazione mafiosa) che erano state chieste da una parte importante della magistratura; mentre alla Camera dei Deputati è stata approvata la legge per allungare i tempi della prescrizione. Ora occorrerà approvare i due testi così come sono usciti da un primo ramo del Parlamento al passaggio successivo nell’altro ramo. Sulla corruzione, inoltre, è stato già fatto un passo avanti. Tutti gli osservatori, tra cui Don Ciotti, dicono continuamente che corruzione e mafia si sviluppano sullo stesso terreno e, quindi, aver realizzato l’Autorità Nazionale Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone, con i poteri per prevenire i reati e controllare preventivamente gli appalti è una delle misure più efficaci ottenute.
Dunque, molte cose si stanno facendo e c’è un’attenzione grande da parte del Parlamento su queste tematiche.
Sia alla Camera dei Deputati che al Senato sono stati incardinati due disegni di legge identici di revisione del Codice Antimafia (quello depositato alla Camera a firma di Rosy Bindi, quello depositato al Senato a mia firma) e occorrerà decidere ora in quale ramo del Parlamento la discussione dovrà proseguire. Questi testi contengono norme provenienti da diversi spunti legislativi quali la proposta del Governo, la proposta di legge di iniziativa popolare, la proposta proveniente dall’Antimafia. Le linee generali sono già state approvate in Parlamento con quattro documenti.
In queste proposte di modifica del Codice Antimafia ci sono alcuni passaggi che riguardano il come si governa lo scioglimento dei Comuni perché vi sono Comuni che ripetutamente vengono sciolti per mafia e, quindi, significa che non è un problema solo politico ma occorre trovare il sistema per togliere di mezzo quell’apparato di funzionari che è veramente inquinato.
Altre norme contenute nelle proposte di modifica del Codice Antimafia riguardano le interdittive perché il tema va approfondito in quanto ogni territorio ha le sue norme in materia e, mentre quelle per Expo hanno funzionato, in altre realtà no (ad esempio in Emilia Romagna la certificazione antimafia equivale alla White List).
C’è poi la proposta dell’istituzione della Giornata Nazionale contro la criminalità organizzata.
Infine, ci sono delle norme riguardanti la questione dei beni confiscati e l’Agenzia che li ha in gestione che, attualmente, sono una priorità perché su alcune problematiche ci troviamo di fronte ad una vera emergenza. La legge sulla confisca dei beni è straordinaria non solo perché colpisce i patrimoni della criminalità organizzata ma anche perché lancia il messaggio di restituirli alla società. Se però questo non avviene o, addirittura, si verificano situazioni controproducenti come nei casi di aziende che sono state sequestrate e poi sono state lasciate fallire e i lavoratori sono rimasti disoccupati mentre la mafia aveva garantito loro un’occupazione, si crea un problema grande per lo Stato e si rischia di rafforzare la mafia perché finisce per passare l’idea che la criminalità dava lavoro mentre lo Stato non è in grado.
Su tutto questo, dunque, occorre mettere mano perché, come si è dimostrato, l’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata non funziona. Innanzitutto, occorre superare l’idea che fino alla confisca definitiva del bene ci si debba limitare alla gestione ma si deve passare alla logica che occorre amministrare da subito i beni e le aziende. Questo vuol dire che se c’è un locale disponibile in cui si può insediare una caserma dei Carabinieri, occorre farlo da subito senza tenere il locale fermo in attesa della confisca definitiva perché altrimenti potrebbe deteriorarsi. Per fare questo, la proposta è che vengano costruite sezioni specializzate distrettuali per le misure di prevenzione che si occupino di questo e, una volta concordato il piano per l’utilizzo dell’azienda o del bene sequestrato, il magistrato di prevenzione che si occupa della questione deve poter seguire il procedimento dall’inizio alla fine, fino alla confisca definitiva.
In questo contesto, l’Agenzia cambia funzione e, in una prima fase, deve avere il ruolo di costruire e fornire le competenze all’amministratore giudiziario che, sotto l’egida del magistrato, deve portare avanti l’amministrazione dell’azienda. Il tutto deve avvenire in modo trasparente, concordando i piani con il tribunale e scegliendo anche l’amministratore sulla base di quel piano e non che venga presa una persona che non ha alcuna competenza con quanto deve svolgere in quel bene, così come deve avvenire per gli uffici di cui si dota. L’Agenzia, quindi, deve essere riorganizzata, è bene che venga messa sotto la tutela della Presidenza del Consiglio perché non è sufficiente che se ne occupi il Ministero dell’Interno; la sede deve ritornare a Roma e essere dotata di personale adeguato per funzionare.
Infine, c’è il tema di come evitare che le aziende confiscate poi falliscano. Di fronte alla confisca, infatti, spesso i fornitori consueti fuggono per timore che l’azienda non sia più capace di assolvere ai propri oneri per cui è necessario suddividere i fornitori tra quelli necessari (che occorre cercare di soddisfare) e quelli che hanno terminato il loro compito e di cui l’azienda può fare a meno. Un altro problema è che spesso le aziende confiscate si vedono chiudere tutte le vie di finanziamento dalle banche per cui si pensa di costruire un fondo di garanzia alimentato con il F.U.G. (Fondo Unico Giustizia), il quale viene alimentato con i soldi sequestrati. Personalmente, ritengo che il F.U.G. dovrebbe andare ad alimentare anche un altro fondo da destinare agli alla gestione i beni confiscati perché troppo spesso gli Enti Locali o le associazioni che prendono in gestione un bene si trovano di fronte a spese che non sono in grado di sostenere e, questo, provoca il degrado e l’abbandono del bene stesso.
Vi è poi la questione dei lavoratori perché, per quanto riguarda le aziende sequestrate e confiscate, occorre che venga garantito ai lavoratori di non restare disoccupati e, quindi, creare un meccanismo premiale per chi assume queste persone se lì non possono più essere tenute, al fine di evitare che passi l’idea che lo Stato non sia in grado di garantire il lavoro mentre la mafia sì. Così come occorre costruire una sorta di mercato protetto per queste aziende (in qualche caso in Sicilia già esiste), garantendo loro agevolazioni fiscali e vantaggi a chi si fornisce da esse, ma anche accesso più facile agli appalti pubblici.
Queste, dunque, sono le questioni su cui stiamo lavorando, i tempi non saranno brevissimi ma la discussione è stata avviata, vedremo se si sceglierà di portarla avanti prima alla Camera dei Deputati o al Senato ma l’auspicio è che comunque le modifiche al Codice Antimafia vengano approvate presto.

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