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La sfida degli Enti Locali

Scritto da Lorenzo Gaiani.

Lorenzo GaianiSi è svolto a Firenze il 13 e 14 febbraio il XVI Congresso nazionale della Lega delle autonomie locali, nata quasi un secolo fa, nel 1916, come Lega dei Comuni socialisti sotto la dinamica regia di Giacomo Matteotti, e vissuta a lungo in epoca repubblicana come punto di riferimento per gli amministratori locali di sinistra prima di un generale riavvicinamento all’ANCI che ha portato ad un progressivo ridursi dello spazio di azione e delle risorse di Legautonomie.
Il punto sostanziale all’ordine del giorno dei congressuali era appunto quello della progressiva integrazione fra Legautonomie ed ANCI, secondo il protocollo d’intesa firmato nel novembre scorso a Milano fra Marco Filippeschi, Sindaco di Pisa e da poco anche Presidente della Provincia, Presidente nazionale della Lega, e Piero Fassino, Presidente nazionale di ANCI.
Secondo questa ipotesi di accordo, che dovrà essere gestita a livello regionale, le strutture di Legautonomie- dipendenti inclusi- dovrebbero essere progressivamente assorbite da ANCI, mentre il “marchio” della Lega dovrebbe rimanere come quello di una fondazione dedicata allo studio e alla formazione degli Enti locali, tematica su cui Legautonomie è impegnata da molti anni. Nell’intervento che ho svolto come nuovo Presidente di Legautonomie Lombardia ho evidenziato la difficile situazione in cui si trovano gli amministratori e i funzionari dei Comuni in un contesto non solo di progressiva riduzione delle risorse economiche (cioè dei servizi e dei lavori pubblici a beneficio dei cittadini) ma anche del venir meno progressivo del proprio ruolo. E’ di qualche giorno fa una lettera dai toni sconsolati inviata al Capo dello Stato e ad altre autorità dal Presidente dell’Associazione dei ragionieri degli Enti locali, il quale stigmatizza il fatto che coloro che si occupano di finanza pubblica siano sempre più ridotti a passacarte impegnati a redigere questionari e note informative di dubbia utilità con l’incombente spauracchio delle ispezioni del MEF cui fanno generalmente seguito i fulmini della Corte dei conti, come se l’attività dell’Ente locale dovesse ridursi alla produzione di carta per mezzo di altra carta.
Si tratta di uno dei tanti esempi che possono essere fatti a indicare l’implacabile spostarsi del pendolo che, dopo averci portato sulle soglie di un impossibile federalismo che per taluni si è tradotto in spese allegre e una gestione dell’ordine pubblico pensata per vellicare gli istinti più bassi di un certo elettorato, si muove ora nella direzione di un neo centralismo strisciante ma non meno aggressivo, che trae spunto dall’oggettiva difficoltà della situazione economica della finanza pubblica per trasformare gli Enti locali in collettori forzosi delle risorse per ripianare il deficit pubblico e nello stesso tempo mette i Sindaci nelle condizioni di dover ogni anno fare mosse acrobatiche per mantenere i servizi pubblici locali ad un livello accettabile.
Ciò che più preoccupa è la totale assenza di una prospettiva, di un progetto politico di fondo che esprima una concezione unitaria del ruolo degli Enti locali nel sistema istituzionale del nostro Paese, prospettiva che dovrebbe essere espressa in primo luogo dal Partito Democratico, non solo per il suo ruolo ormai centrale nella politica italiana o per il fatto che la gran parte dei Comuni sono gestiti da uomini suoi, e nemmeno per il fatto che la Lega delle autonomie trova nel PD la sua area di riferimento politico.
Di fatto, un partito che nel suo DNA ha l’eredità di grandi tradizioni autonomistiche dovrebbe farsi carico per primo delle necessità degli Enti locali, riconoscendone il valore e la funzione specifica che hanno sul territorio di primo volto della Repubblica ( che nella riforma costituzionale del 2001, confermata in questo passaggio anche dal progetto di legge in discussione alla Camera, risulta essere composta dallo Stato, dalle Regioni e dagli Enti locali) . Proprio la riforma costituzionale deve essere l’occasione privilegiata per mettere mano a questo progetto complessivo di ripensamento del rapporto fra le diverse articolazioni della Repubblica, evitando aggiustamenti e colpi di pollice dettati perlopiù da esigenze di cassa che rendono incerta la stessa attività quotidiana delle Amministrazioni pubbliche come dimostra la caotica gestione di una legge indubbiamente positiva come la 56/2014.
In ciò dovrà esplicarsi l’azione di Legautonomie nel processo di integrazione con l’ANCI, la quale dovrà abbandonare la ricorrente tentazione di porsi come una sorta di Ministero aggiuntivo per ripensarsi come associazione di rappresentanza delle istanze dei Comuni, un vero e proprio sindacato dotato di senso critico e di capacità contrattuale.
In questo senso molti ci aspettiamo dal Presidente del Consiglio e Segretario del PD Matteo Renzi, che sempre ha ricordato come la sua vocazione politica affondi le sue radici nell’esperienza di amministratore locale, voglia essere l’attento ascoltatore delle istanze dei Comuni ed anzi voglia farsi promotore, con la decisione di cui ha dimostrato di essere capace, del percorso di riforma complessiva sopra richiamato. Diversamente, il rischio è che molti amministratori locali perdano definitivamente la fiducia non tanto in un partito o in un’idea politica ma sul senso stesso della funzione amministrativa oggi, e rendano simbolicamente le chiavi delle loro città ammettendo di non potere per ragioni oggettive adempiere fino in fondo al mandato conferitogli dal libero voto di liberi cittadini.
Ma noi vogliamo essere donne e uomini di speranza e di creatività.

Per seguire l'attività di Lorenzo Gaiani: sito web - pagina facebook

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