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Un anno dal primo lockdown a Milano

Scritto da Piero Colaprico.

MilanoEditoriale di Piero Colaprico pubblicato da Repubblica.

L'8 marzo, di un anno fa. "Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid - 19 nella regione Lombardia e nelle province di (...) sono adottate le seguenti misure". L'8 marzo, oggi: siamo ancora qui, ma nello stesso tempo "non" siamo ancora qui. Ci abbiamo pensato tutti, a come la pandemia abbia modificato i comportamenti e le abitudini, solo che non troviamo le parole "giuste". O, almeno, se qualcuno le ha lette, ci avvisi.
Esiste, in fisica, il famoso "paradosso dei gemelli": uno dei due fa l'astronauta e parte per un viaggio intergalattico; l'altro resta sulla Terra. Alcuni teorici dimostrano che, quando il viaggiatore rincasa, il terrestre è invecchiato di più.
Altri teorici, affermano il contrario. Non siamo però in "2001, odissea nello Spazio". Restiamo in cerca di spiegazioni intorno al Duomo: non esiste ombra di dubbio su quanto sia cambiata la nostra percezione del tempo e dello spazio in quest'anno solare. E qui a Milano e in Lombardia - ci permettiamo di scrivere - questo cambiamento di vita è "maggiore" che altrove. Un anno fa, quando siamo stati chiusi, Milano si sentiva invincibile: week dedicate a ogni possibile svago e interesse, il Fuorisalone che faceva accorrere folle mondiali, concerti dove c'era l'Expo e sale teatrali con il sold out.
Per non parlare del prodotto interno lordo, dell'export, della disoccupazione ai minimi, anche grazie ai tanti lavori "intellettuali" che Milano, tra moda, design, pubblicità, podcast, media, Internet sapeva e poteva offrire a tantissimi giovani di ogni parte del mondo. Finché c'è stato il "finché": il Covid. E così, alcune generazioni che non avevano vissuto né la guerra, né le stragi e il terrorismo, né la grande stagione della lotta alla corruzione e della lotta a Cosa Nostra, s'è trovata all'improvviso a vivere come sotto una "occupazione nemica". Il nemico invisibile chiamato Covid. Beninteso, quando le fanterie entrano nelle città esiste una violenza ben diversa. In fondo, siamo finiti dentro una bolla. Silenzio e immobilità ci hanno imprigionato senza che noi li avessimo cercati: senza essere ( per niente) spiriti contemplativi. Sognavamo "cose", potevamo andare a cena, a ballare, a bere, a studiare nelle biblioteche, a sederci in un parco: e, d'improvviso, nel giorno della donna, un anno fa, siamo finiti nel giorno dell'assenza reciproca.
La libertà di molti Paesi si misura da quanta libertà hanno le donne, il successo di molte civiltà si evidenzia da quanto successo hanno le donne. E questo 8 marzo non possiamo festeggiarlo e onorarlo come si deve. Anche Milano ha un 8 marzo virtuale. E questa situazione oggettiva può assumere la valenza di un simbolo: ancora una volta, con chi se la prende il nemico, l'occupante? La pandemia anche a Milano sembra aver penalizzato il lavoro femminile. Chi è in casa si è trovato ad avere a che fare con la ditta, con la didattica a distanza dei figli. Molti sforzi in più sono caduti - e il sindacato protesta - sulle spalle femminili. Un anno fa ci parlavamo dai balconi. Oggi non più, o molto meno. Un anno fa la tromba di Raffaele Kohler, che suonava Oh mia bela madunina dalle inferriate di casa, attraversò il mondo grazie a un nostro video. Oggi non si sente cantare nessuno.
L'8 marzo, di un anno fa. "Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid - 19 nella regione Lombardia e nelle province di (...) sono adottate le seguenti misure". L'8 marzo, oggi: siamo ancora qui, ma nello stesso tempo "non" siamo ancora qui. Ci abbiamo pensato tutti, a come la pandemia abbia modificato i comportamenti e le abitudini, solo che non troviamo le parole "giuste". O, almeno, se qualcuno le ha lette, ci avvisi. Esiste, in fisica, il famoso "paradosso dei gemelli": uno dei due fa l'astronauta e parte per un viaggio intergalattico; l'altro resta sulla Terra. Alcuni teorici dimostrano che, quando il viaggiatore rincasa, il terrestre è invecchiato di più. Altri teorici, affermano il contrario. Non siamo però in "2001, odissea nello Spazio". Restiamo in cerca di spiegazioni intorno al Duomo: non esiste ombra di dubbio su quanto sia cambiata la nostra percezione del tempo e dello spazio in quest'anno solare. E qui a Milano e in Lombardia - ci permettiamo di scrivere - questo cambiamento di vita è "maggiore" che altrove. Un anno fa, quando siamo stati chiusi, Milano si sentiva invincibile: week dedicate a ogni possibile svago e interesse, il Fuorisalone che faceva accorrere folle mondiali, concerti dove c'era l'Expo e sale teatrali con il sold out. In Lombardia coprifuoco, centri commerciali e grandi negozi chiusi nel weekend. Crisanti: "Passo avanti per evitare il lockdown" di Andrea Montanari 20 Ottobre 2020 Per non parlare del prodotto interno lordo, dell'export, della disoccupazione ai minimi, anche grazie ai tanti lavori "intellettuali" che Milano, tra moda, design, pubblicità, podcast, media, Internet sapeva e poteva offrire a tantissimi giovani di ogni parte del mondo. Finché c'è stato il "finché": il Covid. E così, alcune generazioni che non avevano vissuto né la guerra, né le stragi e il terrorismo, né la grande stagione della lotta alla corruzione e della lotta a Cosa Nostra, s'è trovata all'improvviso a vivere come sotto una "occupazione nemica". Il nemico invisibile chiamato Covid. Beninteso, quando le fanterie entrano nelle città esiste una violenza ben diversa. In fondo, siamo finiti dentro una bolla. Silenzio e immobilità ci hanno imprigionato senza che noi li avessimo cercati: senza essere ( per niente) spiriti contemplativi. Sognavamo "cose", potevamo andare a cena, a ballare, a bere, a studiare nelle biblioteche, a sederci in un parco: e, d'improvviso, nel giorno della donna, un anno fa, siamo finiti nel giorno dell'assenza reciproca. La libertà di molti Paesi si misura da quanta libertà hanno le donne, il successo di molte civiltà si evidenzia da quanto successo hanno le donne. E questo 8 marzo non possiamo festeggiarlo e onorarlo come si deve. Anche Milano ha un 8 marzo virtuale. E questa situazione oggettiva può assumere la valenza di un simbolo: ancora una volta, con chi se la prende il nemico, l'occupante? La pandemia anche a Milano sembra aver penalizzato il lavoro femminile. Chi è in casa si è trovato ad avere a che fare con la ditta, con la didattica a distanza dei figli. Molti sforzi in più sono caduti - e il sindacato protesta - sulle spalle femminili. Un anno fa ci parlavamo dai balconi. Oggi non più, o molto meno. Un anno fa la tromba di Raffaele Kohler, che suonava Oh mia bela madunina dalle inferriate di casa, attraversò il mondo grazie a un nostro video. Oggi non si sente cantare nessuno. Coronavirus in Lombardia, Pazzali: “Le vaccinazioni? Noi siamo pronti a farne anche diecimila al giorno” di Andrea Montanari 07 Marzo 2021 Un anno fa, si diceva, "bisogna arrivare all'estate, poi passerà". E un professore con il caldo annunciava il virus come "clinicamente morto". Non solo è clinicamente vivo, ma è stato anche capace, attraverso le "varianti", di rendersi più acuminato. E se dunque un anno fa ancora credevamo agli annunci, adesso siamo molto sospettosi: ma possibile che in Lombardia, nella Regione così influente, non si possa mai capire chi si vaccina e quando? Abbiamo scordato forse chi spirava nelle corsie senza nemmeno il conforto di un parente? È passato, tra locali chiusi e l'azzeramento dei dibattito dal vivo, un intero anno e non sappiamo valutarlo. Non sappiamo precisare se e quanto ci abbia impoverito. Certamente non ci ha arricchito. Solo in una dote ci ha rafforzato: la pazienza. Quella però che esercitiamo gli uni con gli altri "vedendoci": perché, lungo le strade dei social, nelle fasi più cupe del cosiddetto smart working, no, sembra che siano finite pazienza e, spesso, tolleranza ed educazione. Nelle notti milanesi si vedono filare tra alberi e automobili ferme i fantasmi. Ma non lo sono. Sono persone sui monopattini: silenziose e solitarie, avanzano nel coprifuoco. Un altro anno così "vuoto", possiamo davvero reggerlo?
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