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Dalla Cattolica al Pontificio consiglio della cultura

Scritto da Antonella Sciarrone Alibrandi.

Antonella Sciarrone Alibrandi Intervista di Repubblica alla Prof. Antonella Sciarrone Alibrandi.

Dalle aule di largo Gemelli al sublime di San Pietro, dal traffico di zona De Angeli a quello rarefatto in odor di trascendenza dello Stato Pontificio. Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettrice vicaria della Cattolica, è stata nominata da papa Francesco Consultore del Pontificio Consiglio alla Cultura. Ma, nata a Milano nel '65, sposata, tre figli, Sciarrone Alibrandi da prof di Diritto economico nella facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative, in Vaticano è stimata da tempo. Membro dal 2019 del Cortile dei Gentili, lo scorso giugno era stata chiamata ancora da papa Francesco a far parte dell'Asif, l'autorità di supervisione e informazione finanziaria istituita dalla Santa Sede per contrastare il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo. E più in generale per dare corpo alle scomode idee economiche di Bergoglio.
Sciarrone Alibrandi, missioni complesse.
"Sì e due compiti all'apparenza diversi. Ma se è vero sono economista di formazione, già con il Cortile dei Gentili ci occupavamo di incoraggiare il dialogo tra credenti e non credenti attraverso iniziative portate avanti spesso in Cattolica, di cui io resto espressione. Aggiungo che il tema della cultura, da professore e prorettrice, non mi è certo estraneo. La sfida di questi tempi è capire come fare e diffondere cultura in modalità nuove che sfruttino la tecnologia".
Giusto per esserne sicuri, lei è credente?

"Sì, sono credente, e la mia fede si è educata tanti anni fa all'oratorio di San Giuseppe Calasanzio. A San Giuseppe ci sono i padri scolopi la cui prima missione è l'educazione per tutti".
Come ha conosciuto papa Francesco?

"Non posso permettermi di dire che ci siamo conosciuti. L'ho incontrato la prima volta e poi rivisto in udienze. Le tante con cui la Cattolica, nella quale ho trascorso l'intera carriera, sottolinea il proprio legame con la Chiesa. Che è quella ambrosiana così come quella universale. In questo senso mi sento, da milanese doc, una figura di raccordo".
Che opinione ha sul pontificato di Bergoglio?
"Mi pare abbia imposto un cambio di passo aiutato dalla capacità di parlare a tutti, in particolare ai giovani cui si rivolge con semplicità e profondità. Da studiosa, mi ha poi sempre colpito l'estrema sensibilità per le dinamiche economiche e finanziarie le cui conseguenze come sappiamo sono enormi. Bergoglio cerca di governarle rifacendosi con estrema fedeltà ai Vangeli".
Una visione che a certi conservatori pare "comunista".

"La fedeltà ai Vangeli è un valore superiore. Altri giudizi o definizioni sono irrilevanti. Per il Papa è il Vangelo che giudica".
E nel nuovo corso della gestione delle economie vaticane?

"Conta il coraggio di aver intrapreso questa strada, contano la professionalità e la trasparenza con cui le risorse vengono gestite".
Fuori San Pietro, come vede l'Italia?

"Bene pensando a Draghi, figura di estrema competenza, il migliore. Non mi stupisce abbia citato il Papa, ha un approccio al sistema finanziario che non rinuncia alla visione cristiana dell'uomo. Male se pensiamo alla crescita del debito privato iniziata prima della pandemia. Il virus ha dato colpo di grazia. Sul tema delle nuove povertà stiamo creando un osservatorio in Cattolica".
E in Vaticano?

"L'impegno dei dicasteri pontifici sullo sviluppo economico è enorme. Ma in Vaticano si ragiona in termini di mondo, di umanità. L'Italia del quadro è solo una parte, benché senza dubbio per chi vive in Italia il ruolo, anche simbolico, del Pontefice resti fondamentale".
La cultura in questo momento di economia non ne ha proprio.

"Non invidio chi deve decidere, confesso di non avere risposte. Anche perché non credo che possa essere tutto surrogato online. Posso solo sperare che la bella stagione aiuti a riaprire, è uno di quei casi in cui ci si affida alla provvidenza".
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