La risposta alle crisi mondiali non è il localismo
Intervento di Marina Berlinghieri.
Si sono chiuse due giornate di lavoro della COSAC, l’organismo che riunisce delegazioni di parlamentari provenienti dai parlamenti di tutti i paesi EU. È sempre molto utile il confronto tra punti di vista e differenti approcci ai problemi.
Il percorso che porta alla formazione di una comunità è faticoso ma estremamente affascinante.
Concedere un pezzo di se stessi in cambio di un pezzo dell’altro. Credo molto in un futuro da vivere insieme rispondendo alle gigantesche domande sul futuro e raccogliendo la sfida mondiale. Da piccoli Stati non avremmo strumenti adeguati per competitività e crescita. La risposta alle crisi mondiali non è il localismo, non è la chiusura, bensì l’apertura compiuta con autorevolezza e con le idee chiare sulle nostre priorità.
Una cosa che la pandemia ha evidenziato è che non si può uscire dalle grandi problematiche mondiali senza un patto tra Stati, e tra cittadini e governanti.
Sono facce di una stessa medaglia.
L’Unione europea deve confrontarsi con uno scenario globale estremamente imprevedibile e caratterizzato da numerosi fattori di criticità aggravati dalla crisi pandemica.
Sono gli stessi dati della Commissione europea a fornire proiezioni allarmanti, che vedrebbero nei prossimi anni, per un verso, un ridimensionamento dell’Europa sotto il profilo demografico ed economico e, per l’altro, una maggiore esposizione alle minacce sul fronte della sicurezza, del terrorismo e alle pressioni dei flussi migratori. Si profila concretamente il rischio di un declino dell’Unione europea a fronte di una sempre maggiore rilevanza strategica dell’area transpacifica in cui si giocherà prioritariamente il confronto tra Cina e Stati Uniti. L’Europa deve pertanto cambiare registro: gli scenari futuri pongono sfide, che vanno affrontate con un radicale cambio di passo, altrimenti il destino è già scritto nei dati e nelle analisi pubblicati nel corso degli anni.
L’Unione europea deve porsi e costruire le sue strategie come un attore unico, agendo in maniera ambiziosa e sfruttando le potenzialità che potranno derivare da azioni condivise e da progetti di interesse comune nei settori della sicurezza, della trasformazione digitale, dell’intelligenza artificiale, della lotta ai cambiamenti climatici, nonché del potenziamento delle reti e delle interconnessioni. Non possiamo pensare che i progressi compiuti sul fronte delle risposte per fronteggiare la pandemia siano sufficienti. L’Europa si muove in molti scenari ancora come sommatoria di Stati membri talvolta con posizioni divergenti. In questo quadro, la Conferenza sul futuro dell’Europa rappresenta un’occasione per rilanciare su nuove basi il progetto europeo, anche alla luce delle lezioni apprese dalla pandemia, che hanno evidenziato l’opportunità di azioni e reazioni comuni più tempestive ed efficaci a sfide globali mutevoli e imprevedibili.
La Conferenza però non può tramutarsi in una nuova lunga ed estenuante discussione sugli aspetti procedurali, sulle maggioranze e su specifici aspetti di dettaglio, discussione che rischia di rimanere ostaggio delle resistenze di singoli Stati o blocchi di Stati.
Bisogna fare un salto di qualità ed essere consapevoli del fatto che ci troviamo in un momento cruciale per decidere del destino dell’Unione europea. L’esigenza di avviare una nuova fase del percorso di integrazione e l’aggiornamento delle politiche necessita dello stanziamento di risorse adeguate e di progetti e obiettivi comuni. Bisogna agire rapidamente altrimenti l’Unione europea sarà condannata al declino e a una progressiva marginalità nello scacchiere mondiale.
Si sono chiuse due giornate di lavoro della COSAC, l’organismo che riunisce delegazioni di parlamentari provenienti dai parlamenti di tutti i paesi EU. È sempre molto utile il confronto tra punti di vista e differenti approcci ai problemi.
Il percorso che porta alla formazione di una comunità è faticoso ma estremamente affascinante.
Concedere un pezzo di se stessi in cambio di un pezzo dell’altro. Credo molto in un futuro da vivere insieme rispondendo alle gigantesche domande sul futuro e raccogliendo la sfida mondiale. Da piccoli Stati non avremmo strumenti adeguati per competitività e crescita. La risposta alle crisi mondiali non è il localismo, non è la chiusura, bensì l’apertura compiuta con autorevolezza e con le idee chiare sulle nostre priorità.
Una cosa che la pandemia ha evidenziato è che non si può uscire dalle grandi problematiche mondiali senza un patto tra Stati, e tra cittadini e governanti.
Sono facce di una stessa medaglia.
L’Unione europea deve confrontarsi con uno scenario globale estremamente imprevedibile e caratterizzato da numerosi fattori di criticità aggravati dalla crisi pandemica.
Sono gli stessi dati della Commissione europea a fornire proiezioni allarmanti, che vedrebbero nei prossimi anni, per un verso, un ridimensionamento dell’Europa sotto il profilo demografico ed economico e, per l’altro, una maggiore esposizione alle minacce sul fronte della sicurezza, del terrorismo e alle pressioni dei flussi migratori. Si profila concretamente il rischio di un declino dell’Unione europea a fronte di una sempre maggiore rilevanza strategica dell’area transpacifica in cui si giocherà prioritariamente il confronto tra Cina e Stati Uniti. L’Europa deve pertanto cambiare registro: gli scenari futuri pongono sfide, che vanno affrontate con un radicale cambio di passo, altrimenti il destino è già scritto nei dati e nelle analisi pubblicati nel corso degli anni.
L’Unione europea deve porsi e costruire le sue strategie come un attore unico, agendo in maniera ambiziosa e sfruttando le potenzialità che potranno derivare da azioni condivise e da progetti di interesse comune nei settori della sicurezza, della trasformazione digitale, dell’intelligenza artificiale, della lotta ai cambiamenti climatici, nonché del potenziamento delle reti e delle interconnessioni. Non possiamo pensare che i progressi compiuti sul fronte delle risposte per fronteggiare la pandemia siano sufficienti. L’Europa si muove in molti scenari ancora come sommatoria di Stati membri talvolta con posizioni divergenti. In questo quadro, la Conferenza sul futuro dell’Europa rappresenta un’occasione per rilanciare su nuove basi il progetto europeo, anche alla luce delle lezioni apprese dalla pandemia, che hanno evidenziato l’opportunità di azioni e reazioni comuni più tempestive ed efficaci a sfide globali mutevoli e imprevedibili.
La Conferenza però non può tramutarsi in una nuova lunga ed estenuante discussione sugli aspetti procedurali, sulle maggioranze e su specifici aspetti di dettaglio, discussione che rischia di rimanere ostaggio delle resistenze di singoli Stati o blocchi di Stati.
Bisogna fare un salto di qualità ed essere consapevoli del fatto che ci troviamo in un momento cruciale per decidere del destino dell’Unione europea. L’esigenza di avviare una nuova fase del percorso di integrazione e l’aggiornamento delle politiche necessita dello stanziamento di risorse adeguate e di progetti e obiettivi comuni. Bisogna agire rapidamente altrimenti l’Unione europea sarà condannata al declino e a una progressiva marginalità nello scacchiere mondiale.
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