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La ripartenza: quale futuro stiamo costruendo?

Scritto da Franco Mirabelli.

Franco Mirabelli Intervento di Franco Mirabelli all'incontro “La ripartenza: quale futuro stiamo costruendo? La riduzione del numero dei parlamentari, la democrazia, la tenuta del Governo, le alleanze e l'azione del PD per il Paese” del Circolo PD di Niguarda (Video).

Sono contento del fatto che abbiamo ripreso a discutere guardandoci negli occhi.
Questa lunga fase di lockdown e impossibilità di incontrarsi di persona ha reso più complicato approfondire i temi.
C’è un quadro che raccontano la stampa e il mondo dell’informazione che non hanno molta simpatia nel PD e nel Governo e, piuttosto che raccontare i fatti e le proposte, preferiscono descrivere scenari e alimentare dietrologie e dare l’idea che ci sono complotti che però non interessano minimamente ai cittadini.
Al di là della narrazione dei giornali, però, penso che dobbiamo essere molto orgogliosi dell’azione del nostro partito e del nostro Governo.
La nostra scelta di un anno fa di formare il Governo, alleandoci con una forza con cui ci siamo contrastati fino a poco prima, per noi è stata difficilissima. Lo abbiamo fatto con la convinzione che il Paese avrebbe rischiato se fosse finito in mano alla destra e ai sovranisti. I rischi che il Paese scivolasse lontano dall’Europa e fuori da un consesso internazionale erano concreti, con il rischio che poi a pagarne le conseguenze sarebbero stati i cittadini, le imprese e anche la nostra democrazia.
Dopo un anno, possiamo dire che quella scelta è stata giusta.
Il lockdown c’è stato perché il nostro Governo, per primo in Europa, ha affrontato un’emergenza sanitaria straordinaria e l’ha affrontata talmente bene che, oggi, quel modello di intervento lo sta riproducendo tutto il mondo.
Pensiamo se nel momento più difficile dell’emergenza ci fosse stato al Governo Salvini, l’amico di Trump, Johnson e Bolsonaro. Come avremmo affrontato l’emergenza sanitaria?
Credo, quindi, che dobbiamo essere contenti e orgogliosi delle scelte fatte.
Siamo anche una forza politica europeista e siamo convinti che il futuro dell’Italia stia dentro a un percorso europeo: abbiamo fatto molto per stare nell’Unione Europea e ci siamo impegnati molto per questo.
Siamo tutt’altro che subalterni a M5S.
I parlamentari del PD sono numericamente molti di meno di quelli di M5S, eppure abbiamo portato i Cinque Stelle su posizioni europeiste, abbiamo ridato credibilità al Paese in Europa, abbiamo ottenuto il Commissario Europeo all’Economia e il Presidente del Parlamento Europeo e in Europa ci siamo battuti e, insieme a Francia e Germania, abbiamo trainato verso l’apertura di una nuova fase.
Di fronte alla crisi causata dal coronavirus, infatti, l’Europa rischiava di chiudere - perché, per come era stata percepita fino ad oggi, come un luogo di burocrati che si occupavano solo di regole e poco dei cittadini, sarebbe andata distrutta - mentre invece abbiamo costruito un’Unione Europea che ha preso in mano le sorti dei Paesi e dei cittadini.
Il Recovery Fund, con 209 miliardi a disposizione tra prestiti e risorse a fondo perduto, è una straordinaria occasione per il futuro. È uno sforzo grandissimo, come lo è stato rifinanziare il Sure per garantire la cassa integrazione o quello di proporre il MES a bassissimi interessi.
Questo è stato fatto grazie al PD, portando anche i nostri alleati a sostenere una linea europeista.
Altro che subalternità, quindi.
Dobbiamo anche essere molto orgogliosi di come abbiamo gestito la fase successiva al lockdown e su come ci siamo attivati per fare in modo che le persone che hanno perso reddito e che hanno visti le loro attività economiche fermarsi non restassero sole. Abbiamo fatto uno sforzo grandissimo per garantire la cassa integrazione a tutti i lavoratori dipendenti, il bonus per gli autonomi e gli ammortizzatori sociali per categorie economiche che in questo Paese non le hanno mai avute.
Alcuni i sostegni sono arrivati in ritardo perché abbiamo fatto tutto con strumenti ordinari e non adeguati alla fase emergenziale inedita in cui ci siamo trovati.
I dati diffusi sulla disoccupazione sono drammatici anche per l’Italia, però, qui, grazie ai provvedimenti messi in campo, abbiamo retto meglio che in altri Paesi.
Il lavoro era uno dei punti su cui volevamo qualificare il nostro Governo e così è stato perché abbiamo tagliato il cuneo fiscale e, lo scorso 31 luglio, 16 milioni di lavoratori dipendenti hanno avuto più soldi in busta paga.
Sicuramente non abbiamo fatto tutto ma siamo partiti da condizioni molto complicate.
Dovremo fare a breve anche la riforma dei Decreti Salvini: abbiamo già scritto il testo e nelle prossime settimane verrà portata avanti, però non si può non notare la differenza tra come è stata governata l’immigrazione in questa fase più difficile a causa del coronavirus da come l’aveva gestita Salvini. A prescindere dai decreti, c’è stata un’altra volontà e umanità e c’è stata anche la disponibilità dell’Europa a affrontare il problema.
Penso, quindi, che dobbiamo partire da qui e penso che questo sia il Governo capace di affrontare la grande sfida che abbiamo di fronte, che è quella di come impieghiamo il Recovery Fund in investimenti che possano dare un futuro al Paese.
Il futuro non potrà essere un ritorno a come eravamo prima.
Dobbiamo dare un futuro all’Italia pensando anche di dare una vocazione, anche per dare un futuro ai giovani.
Il Recovery Fund non sarà un dare soldi a pioggia ma dobbiamo finalizzare le risorse su alcuni progetti, come ad esempio digitalizzare il Paese, portare la rete ovunque.
Con il Decreto Semplificazioni abbiamo fatto uno sforzo grandissimo per affermare l’idea che la Pubblica Amministrazione debba funzionare con la digitalizzazione e questo migliorerà il rapporto tra i cittadini, le imprese e la Pubblica Amministrazione, perché si potranno avere certificati direttamente da casa propria, in via telematica, senza code agli sportelli.
Bisognerà, quindi, mettere il Paese nelle condizioni di essere più veloce perché ci sarà una maggiore digitalizzazione.
Altri investimenti dovranno andare a favore della green economy, del risanamento del nostro territorio per evitare il dissesto idrogeologico, delle fonti di energia pulite, della mobilità sostenibile, dell’economia circolare.
Su tutto questo siamo già molto avanti ma dovremo fare molto di più.
La ricerca dovrà essere messa a servizio di tutto questo.
Dovremo mettere in campo idee e competenze.
Nelle prossime settimane insisteremo affinché venga anche colta l’occasione del MES.
Dobbiamo, comunque, avere chiaro qual è la mission: da una parte c’è la necessità di non lasciare sole le persone e dall’altra parte dobbiamo disegnare l’Italia e l’Europa del futuro.
Non ci sarà un’altra occasione per ottenere 209 miliardi, per cui adesso occorre avere l’ambizione e la capacità per costruire proposte che ce li facciano ottenere.

In questo quadro ci sono due appuntamenti importanti. Uno è quello delle elezioni regionali e vedremo come andrà.
Personalmente, penso che il risultato sarà meno scontato di quello che pronosticano i giornali. Penso anche che sia stato un errore grave quello di M5S di andare da soli e non capire che l’essere insieme avrebbe rafforzato la maggioranza di Governo.
Neanche noi vogliamo un’alleanza organica con M5S ma ora siamo al Governo insieme e un’alleanza tra le forze che compongono la maggioranza, l’avrebbe rafforzata.
In ogni caso, penso che potremo ottenere un buon risultato anche perché mi pare che la gente riconosca come positivo ciò che questo Governo ha fatto nei mesi difficili della pandemia.
In questi mesi, infatti, le istituzioni sono state vicine ai cittadini in un momento di grande difficoltà e, quindi, si è un po’ ridotta la distanza tra i cittadini e la politica.
In questi mesi anche le istituzioni europee hanno ricominciato ad avere una credibilità agli occhi dei cittadini per le cose che stanno facendo.
In questa fase, quindi, non c’era proprio bisogno di avere un referendum sul taglio del numero dei parlamentari, anche perché nell’ultima lettura di quella legge in Parlamento, il 92% dei parlamentari aveva votato a favore e, quindi, il referendum si poteva evitare.
Il referendum, purtroppo, sta rimettendo in circolo le idee dell’antipolitica, della politica intesa solo come un costo da tagliare.
Nel PD siamo tutti concordi nel pensare che il taglio dei parlamentari non possa essere finalizzato solo alla necessità di tagliare i costi. Nessuno di noi pensa che la democrazia sia un costo e che la riduzione dei parlamentari sia risolutiva dei problemi.
Siamo però anche tutti consapevoli che negli ultimi anni anche noi abbiamo sempre dato volantini con cui sostenevano il taglio dei parlamentari e la riduzione dei costi della politica, anche nell’ultima campagna referendaria. Siamo stati noi ad abolire il finanziamento pubblico ai partiti in modo definitivo.
Oggi, comunque, il referendum c’è.
La scelta del no a me non convince perché il Paese ha bisogno di riforme istituzionali e una vittoria del no sarebbe il blocco definitivo a qualsiasi nuovo tentativo di riformare il Paese.
C’è bisogno di rendere le istituzioni più funzionali.
In Direzione Nazionale del PD abbiamo ribadito la scelta che abbiamo fatto quando abbiamo scritto il programma di Governo, e cioè che il nostro sì alla riduzione dei parlamentari non era collegabile all’antipolitica ma doveva essere il primo passo per avviare una stagione di altre riforme volte a migliorare la funzionalità delle istituzioni.
Molte di queste riforme sono già in discussione in Parlamento, come quella che porta a 18 anni l’età per eleggere i senatori e, quindi, una platea elettorale uguale a quella che elegge la Camera, che servirà per superare il problema di avere poi maggioranze diverse tra Camera e Senato.
Un’altra riforma in discussione è per il superamento della base regionale per eleggere il Senato.
Ovviamente ci sarà una riforma della legge elettorale, perché la riduzione dei parlamentari implica che si vadano anche a ridisegnare i collegi per garantire a tutti i territori un’adeguata rappresentanza.
Tutte queste cose stanno andando avanti in Parlamento.
Il sì, quindi, è giusto non solo perché dobbiamo rispettare l’accordo fatto al momento della fondazione del Governo.
Oggi, infatti, al Paese serve partire dalla riduzione dei parlamentari (che per noi non è mai stato un tabù) per arrivare poi a fare altre riforme, piuttosto che non fare niente.
Per noi, comunque, la prospettiva resta quella di superare il bicameralismo paritario. Penso, però, che si sia fatto bene a fare le riforme a pezzi perché, nel passato, le riforme complessive e complesse sono state tutte bocciate dai cittadini, perché non vengono capite.
Credo, quindi, che valga la pena provare e votare sì affinché questo sia il primo passo verso una serie di riforme utili.
Questo è il nostro sì.
Noi pensiamo che le riforme si debbano fare.
Chi viene dalla storia della sinistra ricorderà che, già dagli anni ’70, dopo che sono stati istituiti i consiglieri regionali (che sono legislatori) e i parlamentari europei, abbiamo proposto di ridurre i parlamentari. Oggi c’è l’occasione di farlo, sta poi alla nostra capacità e alla nostra forza il partire da qui per avviare anche le altre riforme che servono.
Dobbiamo, quindi, essere un po’ più convinti del fatto che stiamo facendo bene a questo Paese e penso che l’identità del PD si sia definita più che mai in questa fase. Siamo un grande partito europeista e abbiamo ridato credibilità all’Italia e al Governo italiano in Europa e siamo un partito che fa della responsabilità nei confronti del Paese e dei cittadini una priorità. Da quando siamo andati al Governo a oggi abbiamo lavorato solo per fare il bene Paese e per non lasciare nessuno da solo in una tragedia come quella che è stata con la pandemia.

Video dell'intervento»

Per seguire l'attività del senatore Franco Mirabelli: sito web - pagina facebook

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