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Fondo di investimenti UE per ripartire

Scritto da Patrizia Toia.

Patrizia ToiaArticolo pubblicato da Europa.

L’Europa deve tornare a investire sul futuro. Dopo anni di crisi e di politiche di austerità controproducenti la Commissione europea sta “Cambiando passo”, anche sulla spinta che proprio l’Italia e, in particolare, il presidente Renzi, hanno dato in questo senso, imponendo un ribaltamento di priorità nelle politiche economiche. Ora Junker sta finalmente per varare (sarà presentato la prossima settimana) il piano di investimenti europei da 300 miliardi di euro che aveva chiesto l’Italia al consiglio di giugno e che abbiamo chiesto e ottenuto, come Socialisti e Democratici, al parlamento Ue quando abbiamo dato il via libera all’esecutivo Juncker. Con più di venti milioni di disoccupati in Europa e con la stagnazione economica abbiamo bisogno di un piano vero e forte, non possiamo permetterci una proposta che sposti i soldi già stanziati per altre voci nel bilancio europeo.

Non può finire tutto in un’altra iniziativa che resti sulla carta come il Piano per la Crescita deciso nel 2012, in puro “stile Barroso”, cioè grandi enunciati e scarsa concretezza.
Questa volta vogliamo un piano di investimenti vero che inietti soldi freschi nel sistema economico. Per questo mercoledì al parlamento europeo di Bruxelles abbiamo presentato con il gruppo S&D, guidato da Gianni Pittella, le nostre proposte per creare un nuovo Fondo di Investimenti da 400 (noi ne chiediamo di più di quelli promessi da Juncker) miliardi di euro pubblici e privati, che parta da un nucleo di risorse nuove europee e nazionali.
I fondi della Banca europea degli investimenti infatti non sono utilizzabili per il rilancio di cui abbiamo bisogno, visti i vincoli della Bei che, per mantenere il giudizio della tipla A, non accetta investimenti che comportino un qualche rischio, né si può contare sui soldi dell’attuale bilancio comunitario, che i governi hanno scelto di ridurre ad appena l’1% del Pil europeo.
Una parte del piano di investimenti deve necessariamente arrivare dagli Stati membri, ma la condizione è che la Commissione, per me imprescindibile, non conteggi questi contributi nel calcolo del deficit strutturale ai fini del rispetto dei limiti del Patto di Stabilità.
Solo un fondo simile, concepito come un moderno strumento finanziario e collegato alle banche nazionali, come per l’Italia la Cassa Depositi e Prestiti, sarà in grado di attirare anche soldi privati e rimettere in moto gli investimenti delle imprese, che hanno bisogno di un orizzonte di crescita della domanda a medio e lungo termine e di rimettere in moto anche l’infrastrutturazione digitale ed energetica del continente europeo.
Gli investimenti devono essere concentrati su progetti mirati ad aumentare l’efficienza energetica, le nuove tecnologie ambientali, l’economia sostenibile, per accompagnare e promuovere la transizione energetica che si rende sempre più necessaria per il modello economico europeo.
Altro campo importante è quello delle tecnologie digitali, creando le necessarie infrastrutture per le imprese, la pubblica amministrazione e i cittadini.
Il terzo ambito che noi segnaliamo è quello degli investimenti per l’innovazione sociale con l’imperativo della riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali. Non è solo una questione di giustizia. Il premio Nobel Joseph Stiglitz ha dimostrato che la diseguaglianza oggi è un vero ostacolo alla crescita economica. Quindi una parte dei nuovi fondi deve essere indirizzata all’arricchimento del nostro capitale umano con sostegni sostanziosi in formazione e un’adeguata spesa sociale.
Il filo rosso che deve legare i tre ambiti è quello dell’occupazione: nuovi lavori dignitosi e di qualità.
La settimana prossima toccherà alla Commissione Juncker mantenere le promesse con una proposta coraggiosa e concreta che accolga le nostre richieste. Poi saranno i leader dei 28 Stati membri, nel summit del 18 e 19 dicembre, che dovranno dare il via libera definitivo per ripartire l’anno prossimo con un’Europa diversa.

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