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Credere fino in fondo al modello Milano

Scritto da Corriere della Sera.

Milano Articolo del Corriere della Sera.

Per la fase 2 dell’emergenza Covid-19, il primo atto del sindaco Sala è stato il piano Milano 2020, strategia di adattamento, per rientrare gradualmente alla normalità. Primo obiettivo: evitare di tornare alla situazione di traffico e inquinamento di dieci anni fa, visto l’impiego dei mezzi pubblici ridotto del 75% a causa del virus. In sostanza, la città punta a quartieri a misura di persona e alla valorizzazione dello spazio pubblico; per esempio, allargando i marciapiedi ed estendendo le piste ciclabili. Un po’ sul modello dei «raggi di attività» parigini che permettono ai cittadini di raggiungere i servizi essenziali in massimo 15 minuti a piedi da casa propria. Molte di queste azioni erano già comprese nel Piano di Governo del Territorio, ma ora hanno subito un’accelerazione.
Come spiegano gli studi sull’emergenza, del resto, a contare non è quello che si fa dopo che è scoppiato l’allarme, ma quello che si è fatto prima. Milano era già avviata a una nuova fase di sviluppo incentrata su verde, periferie e sostenibilità. Ma anche su una vasta operazione di digitalizzazione che ha permesso di mettere in lavoro agile oltre seimila dipendenti comunali senza bloccare l’amministrazione.
Altro grande protagonista dell’emergenza è stato infatti lo smart working, anche se sarebbe più appropriato dire home working vista l’improvvisazione con cui è stato quasi sempre attuato. Ma, come spiega Piero Pelizzaro, Chief Resilience Officer del Comune di Milano: «In queste settimane siamo stati capaci di fare il pane perché ci siamo mangiati un po’ di tempi morti legati a spostamenti e attività divenute impossibili che ci hanno permesso di lavorare sulla qualità della nostra vita; della nostra alimentazione, dei nostri rapporti sociali e anche del consumare in modo differente, magari più di prossimità. Se ci pensiamo, questo lockdown ci ha imposto, nel lavoro come nei consumi, comportamenti che gli ambientalisti ci suggeriscono da più di 20 anni. Forse fatichiamo a definire la vita che abbiamo fatto in questi mesi, ma l’orizzonte è questo ed è una grande opportunità economica, sociale e ambientale».
Una complessa fase di cambiamento che richiede notevoli sforzi progettuali e che chiama in causa, in primo luogo, architetti e urbanisti. Spinti in queste settimane da tutti i media a immaginare più o meno probabili futuri, i progettisti hanno colto l’occasione anche per pensieri assai profondi. Nei recenti Stati Generali degli architetti milanesi, uno dei temi al centro della discussione è stato proprio un nuovo patto tra architetti e società, in funzione delle trasformazioni in corso. Il presidente dell’ordine, Paolo Mazzoleni, lo spiega in questo modo: «L’architetto, con la sua matrice tecnica e umanistica, è essenziale per affrontare l’approccio interdisciplinare e multiscala richiesto dalla complessità delle trasformazioni sociali, economiche e spaziali in corso, nella prospettiva di una sostenibilità ambientale e sociale come valore condiviso e irrinunciabile». Per Milano resta un’ultima grande sfida: imparare a pensarsi come una vasta città metropolitana composta da 133 comuni e 3,5 milioni di abitanti. Dare vita, insomma, all’istituzione meno legittimata di tutte. Sostiene Arianna Censi, vicesindaca metropolitana di Milano, che «Non è l’ente da legittimare, ma un pensiero: se siamo convinti che alcune questioni cruciali - quella ambientale, il trasporto pubblico, le connessioni, la pianificazione territoriale - non trovano una soluzione se non in quella scala, siamo portati di conseguenza a dare funzioni, competenze, risorse e dignità all’istituzione meno considerata, ma che in realtà potrebbe fare la differenza».
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